La Stampa, 5 gennaio 2024
Intervista a Marcello Veneziani
Marcello Veneziani, 69 anni, una esperienza politica che inizia nel Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento sociale, per approdare al giornalismo prima al Giornale poi come collaboratore di importanti testate. È spesso stato considerato uno degli intellettuali di riferimento della destra, anche quando le sue posizioni non erano certo espressione della cultura dominante nel Paese. Con Norberto Bobbio ebbe un aspro scontro nel 1995. In seguito all’uscita, l’anno precedente, del libro del filosofo torinese Destra e sinistra, Veneziani pubblicò Sinistra e destra, criticando la scelta di Bobbio di scrivere una lettera deferente a Benito Mussolini per ottenere la cattedra universitaria.
Lei sostenne che Bobbio aveva fatto carriera durante il fascismo e che dunque non si trattava di un regime tanto illiberale. Lo ripeterebbe oggi, a vent’anni dalla morte del filosofo torinese?
«In realtà sostenni una tesi più articolata. Dissi che se Bobbio divenne ordinario in giovane età sotto il fascismo, anche grazie ai buoni uffici di alcuni gerarchi e prestò giuramento al regime, anche dopo le leggi razziali, a differenza dei dodici eroici che non firmarono, le ipotesi sono due: o il regime fascista non era così illiberale o Bobbio non era all’epoca antifascista. Ciò non toglie che Bobbio meritasse la cattedra e che avesse un grande spessore di studioso, come ha poi dimostrato».
La distinzione proposta da Bobbio tra una sinistra che privilegia l’uguaglianza e la destra che privilegia la libertà è ancora valida?
«La sua distinzione tra destra “libertaria” e sinistra egualitaria mi pare superata. Come superato mi pare identificare la destra in Nietzsche e il suo aristocratismo e la sinistra in Marx e il suo egualitarismo. Residui del Novecento. Da anni, poi, è oggettivo il rovesciamento dei ruoli: la sinistra è tendenzialmente elitaria, se non oligarchica, e la destra è tendenzialmente popolare, se non populista».
Quella polemica di quasi trent’anni fa con Bobbio come si concluse?
«Ho pubblicato il carteggio che avemmo successivamente. Ciascuno di noi ha mantenuto le sue idee sull’utilità o meno di distinguere tra destra e sinistra, ma i rapporti e la polemica si erano stemperati».
Fratelli d’Italia è un partito fascista? Come può avere avuto agibilità democratica in Italia un partito nato dalla fiamma della Repubblica di Saló? Con quell’eredità Bobbio sosteneva che la democrazia italiana non dovesse dialogare. Lei è d’accordo?
«Finché useremo ancora il fascismo, morto e sepolto da 80 anni, per capire e giudicare il presente, non si capirà quel che accade davvero oggi e si darà alla destra gioco facile di mostrarsi più aderente alla realtà e alla vita di oggi. Dialogare è necessario, anche con gli eredi, veri e presunti, del fascismo e del comunismo».
Quali sono gli eredi del fascismo e del comunismo?
«Non farei riferimento ai partiti. Oggi in Italia non ci sono partiti eredi del fascismo o del comunismo. Ci sono invece persone, singoli politici, che per la loro biografia possono essere definiti eredi del comunismo o del fascismo. Pierluigi Bersani, ad esempio, è stato indubbiamente comunista. Ignazio La Russa, già missino, ha militato in un partito che è stato fascista. Non possiamo non tenere conto del fatto che, a destra come a sinistra, c’è stato un salto generazionale. Giorgia Meloni viene da Alleanza nazionale ma oggi esprime posizioni diverse. Vede, a livello politico contano atti politici. A Fiuggi c’era anche lei con Fini a sottoscrivere un’abiura abbastanza netta del passato fascista».
Ma ci sono voluti decenni. E in Italia le classi dirigenti non hanno fatto quel mea culpa senza sconti che è stato fatto in Germania sul nazismo...
«Questo è certamente vero. L’Italia è arrivata tardi a riflettere in modo serio sul suo passato. È successo anche al Pci: il 9 novembre dell’89 è caduto il Muro di Berlino e tre giorni dopo Occhetto ha annunciato che il Pci avrebbe potuto cambiare nome togliendo l’aggettivo comunista».
Chi dice che destra e sinistra sono categorie superate in genere è di destra. Non sarà che superare quella distinzione è in realtà solo un modo per decretare la sconfitta della sinistra?
«Oggi prevale il trash, a sinistra come a destra; di temi ideali ce ne sono davvero pochi. In ogni caso il bipolarismo non trova oggi decenti e dignitose linee di confronto e di sostanziale differenza, rispetto all’omologazione globale e alla dittatura del presente».
Bipolarismo del trash?
«Beh, basta leggere le cronache di questi giorni. Il parlamentare che si presenta con la pistola alla festa di Capodanno è certamente trash, così come lo sono le polemiche della sinistra che costruiscono su quella pistola l’asse delle dichiarazioni dell’opposizione per giorni e giorni».
Perché siamo arrivati al trash?
«Perché si sono persi i fondamentali del confronto politico. Questo dipende dal fatto che la politica è una periferia marginale nei processi decisionali».
Torniamo al tema della destra e della sinistra: che cosa rimane della destra italiana al di là dell’area del post fascismo?
«Rimangono tracce, non so quanto adeguatamente interpretate, di una difesa della civiltà cristiana, di alcune tradizioni vitali, un più forte legame nazionale e radicamento popolare, la difesa della famiglia, del sentire comune e un maggiore realismo politico».
Il cristianesimo è di destra?
«Non ho detto cristianesimo. Ho detto civiltà cristiana. È ovvio che il cristianesimo non può avere destra o sinistra, Dio non vota».
Che cosa è allora la civiltà cristiana?
«È un insieme di tradizioni, riti, liturgie, storie. È naturale che il ceto conservatore, orientato a votare a destra, sia più sensibile a quell’insieme di tradizioni. All’opposto l’elettorato di sinistra avrà maggiore sensibilità verso altri aspetti del cristianesimo».
Tutto questo confligge con quel filone un po’ libertario, un po’ anarchico quasi, che hanno avuto anche in Italia gli intellettuali della destra. Non c’è più spazio per una destra fuori dagli schemi?
«Rivendicare e difendere la civiltà cristiana è un modo per opporsi alla globalizzazione che tutto appiattisce. È molto importante che la destra rivendichi questo ruolo di difesa delle nostre tradizioni cristiane. Altrimenti rischia di diventare solo il braccio destro del partito unico del mondo globale»