ItaliaOggi, 5 gennaio 2024
Honecker amava i maccheroni
Erich Honecker amava i maccheroni con il prosciutto, o il Bratwürst, la salsiccia alla griglia con contorno di purè di patate. Lo ricorda il Kronprinz, il suo erede Egon Krenz, che sedeva al suo tavolo alla mensa del Comitato Centrale della Ddr, al settimo piano. Poi scendevano alla cassa, al sesto piano del palazzo per pagare il conto, ciascuno per sé. I prezzi erano modesti, scrive Krenz, oggi 86 anni, nel secondo volume di memorie Gestaltung und Veränderung, progetto e cambiamento (Edition Ost; 442 pag.; 26 euro), che va dal 1973 al 1989, alla vigilia della caduta del muro, che ha rievocato nel primo volume dell’autobiografia, uscita nel 2022.
I membri della nomenclatura, conducevano una vita modesta, in confronto ai politici occidentali, ma godevano di lussi proibiti per gran parte dei cittadini della scomparsa Germania comunista. Tutto, ovviamente, è relativo. Egon Krenz racconterà la storia a modo suo, ma nel rievocare la vita quotidiana del Politbüro non mente.
Dopo il crollo del Muro trascorsi alcuni giorni nella residenza per le vacanze dei capi su un lago a nord di Berlino, trasformata in albergo, paesaggio affascinante, camere da pensione economica. E sono stato nella villetta di Krenz a Pankow, a intervistarlo quando tutto finì. Honecker, al potere dal ’73, era stato costretto a dimettersi, e il regime scelse il 18 ottobre del 1989 il giovane Krenz sperando che riuscisse a contenere la protesta dilagante. Troppo tardi, e cacciarono anche lui.
Andai all’ufficio stampa di Berlino Est, nel febbraio ’90, per chiedere il suo indirizzo. Krenz, chi? mi disse un funzionario, Per noi è una Privatperson. Non scherzate replicai, so che abita in Majakowski Strasse. Lui mi venne incontro: Ring, non strada. Era differente, ma non mi diede il numero.
Andai a cercarlo in una mattinata di nebbia, il ring era un circolo di ville modeste come quelle dei geometri nella Valle Padana. Ed ebbi fortuna,
Un signore massiccio spalava la neve in giardino, era Egon. Volle essere pagato, poco. Sa, si scusò, sono il primo disoccupato della Ddr. Aveva senso dell’umorismo.
Mi fece togliere le scarpe per entrare in casa, il pavimento era coperto da una moquette bianca e pelosa alta dieci centimetri. Ora qui comanda mia moglie Katia, si scusò.
Quel cretino di Schabowski ha fatto confusione e ha rovinato tutto, protestò. Il portavoce del governo, alla storica conferenza stampa, fece confusione e anticipò l’apertura del Muro. Avevo previsto di farlo con una grande cerimonia qualche giorno dopo, sostenne, pensi se mi lasciavo sfuggire l’occasione di entrare nella storia. Forse mentiva, forse no.
Il regime non era riuscito a cambiare il sistema e assicurare condizioni migliori ai cittadini, ma se avesse cambiato troppo la Ddr avrebbe perso la sua identità nazionale.
In seguito venne processato come responsabile della morte di quattro fuggiaschi sul muro, ma non fu mai trovato un ordine scritto (come era possibile?), condannato a quattro anni, la villetta confiscata. Katia è morta nel 2017, Krenz ha lavorato per diversi imprenditori amici, anche all’ovest.
Non ha mai conosciuto il padre, morto in guerra, oppure era un sarto ebreo, fuggito, forse ucciso. Nel ’47, insieme con la madre a dieci anni andò a trovare la sorella che viveva a Sylt, la Capri del Mare del Nord, che lavorava per le truppe britanniche. Sarebbero potuti restare, ma la madre volle tornare a est. Non lo rimpiango, ha sostenuto.
Negli Anni Sessanta studiò a Mosca, nel ’74 entrò nella Fdj, la gioventù comunista, e fece carriera. Nel 1984, fu lui a ricevere a Berlino Est, il giovane Olaf Scholz, l’attuale cancelliere, che aveva 25 anni. Era un convinto pacifista, e voleva che la Repubblica Federale uscisse dalla Nato. Oggi ha cambiato idea, Egon no. È sempre convinto che l’Unione Sovietica volesse la pace, che il Muro fu costruito a causa delle provocazioni occidentali.
Il 1° novembre del 1989, otto giorni prima della fine, parlò a Mosca a quattr’occhi con Gorbaciov. Mi assicurò che nessuno pensava alla riunificazione. Mentiva? Forse si illudeva pure lui, ha confessato Egon. Chissà se ricorda che fu io a fargli guadagnare i primi marchi capitalisti.