Avvenire, 5 gennaio 2024
I cinesi vanno matti per il caffè
Un’onda nera e aromatica sta spazzando l’Oriente, dall’India al Giappone, e anticipa o a volte affianca cambiamenti culturali e una internazionalizzazione anche dei gusti, tra moda e convinto piacere nel consumo. Ultimo tra i principali Paesi del continente, anche nella Repubblica popolare cinese il caffè sta diventando bevanda di riferimento nelle sue diverse forme e non sembra un fenomeno passeggero.
Con una crescita travolgente nell’anno che si è appena concluso, la Cina si è piazzata a ridosso ai maggiori Paesi consumatori. E se il suo utilizzo equivale ad una frazione di quella dei principali consumatori mondiali, ossia Stati Uniti e Brasile che superano i 20 milioni di sacchi annui (un sacco equivale a 60 chili di chicchi), l’entità e la rapidità della diffusione pone senza dubbio Pechino sulla scia di molti Paesi che, dopo la sua “scoperta” come prodotto di consumo, ne hanno fatto una componente nell’evoluzione dei costumi come, restando in Asia, Giappone e Corea del Sud tra tutti.
Oggi la superpotenza asiatica è, in base ai dati del Dipartimento di Stato per l’Agricoltura americano, citati come altri da Reuters, il settimo consumatore mondiale con cinque milioni di sacchi all’anno.
Si tratta sicuramente di sviluppi importanti per i principali produttori, come il Brasile che – secondo il consorzio di produttori Cecafe – nel 2023 ha quasi triplicato l’export verso la Repubblica popolare cinese con invii superiori ad un milione di sacchi, facendo diventare la Cina il suo ottavo mercato. Il tutto in un frangente dove la produzione mondiale, trainata dai prezzi favorevoli, è in aumento. E l’apertura cinese non potrà che favorirla. Dati rilevanti che acquistano un valore particolare tenendo conto che, al momento, riguardano soprattutto le aree metropolitane di Pechino e Shanghai. Se già queste registrano, oltre ad una corsa all’accaparramento del chicco aromatico, anche una competizione per l’apertura di nuovi esercizi dedicati al caffè – al punto da avere già superato quello degli interi Stati Uniti –, non è difficile immaginare la diffusione in molte altre città di grandi e medie dimensioni, soprattutto dove la presenza numerosa di giovani professionisti dalla buona disponibilità economica, ma anche di studenti universitari, fa da catalizzatore al consumo. Ancora una volta a guidare l’apertura di un nuovo mercato sono player internazionali, come la statunitense Starbucks e la canadese Tim Horton, che in Cina stanno investendo pesantemente, ma non solo. Non basterebbe la semplice adesione a modelli d’importazione o la fama tra i giovani dei brand globali del settore a spiegare un incremento del 58% di esercizi negli ultimi 12 mesi, arrivati a sfiorare i 50mila locali, che hanno guidato un aumento del consumo sull’anno che a settembre ha registrato il 15%. Il 2023 ha infatti fatto registrare anche una competizione sempre più accanita tra catene internazionali e locali, con due di queste a guidare la corsa: Cotti Coffee con 6.004 nuovi locali e Luckin Coffee con 5.059. La gara sembra solo all’inizio considerando che i competitor cinesi puntano al primato ma che Starbucks, che ha ora 700 esercizi, conta di arrivare a 9mila entro il 2025 ed il rivale canadese a 3mila entro quattro anni.