Corriere della Sera, 4 gennaio 2024
Nino ricorda Gianluca Vialli
Un fratello «brillante». Così Nino Vialli ricorda il fratello Gianluca a un anno dalla morte. «Copiava persino Nadal. Anche da bambino è stato superiore alla media. Ci teneva a primeggiare. Era il primo della classe. Era spiritoso, simpatico, estroverso». Nino racconta gli ultimi giorni a Londra: «Era cosciente che la fine si avvicinava, voleva smettere di soffrire, di lottare. Non era da lui».
Cremona Nino Vialli, domani sarà un anno dalla scomparsa di suo fratello Gianluca.
«È un ricordo continuo. Anche perché io, negli ultimi anni, da che mi sono trasferito in Thailandia, Luca l’ho vissuto pochissimo. Ci sentivamo per telefono. Spesso, dopo che ha scoperto la malattia, non mi rispondeva, a volte neanche ai messaggi, io credo per l’imbarazzo che gli chiedessi “Come stai?”. Si faceva sentire quando stava proprio bene, sennò si negava un pochino».
Intorno a Natale di un anno fa vi hanno comunicato che non gli rimaneva molto tempo.
«Mia moglie Nadia e io siamo stati ininterrottamente a Londra in quei giorni e ho avuto la soddisfazione di riscoprire un rapporto che comunque c’era. Un rapporto da fratello maggiore».
Lei era più grande di otto anni. Il suo ricordo di quei giorni in clinica?
«Era cosciente che la fine si avvicinava, l’attendeva con impazienza, voleva smettere di soffrire, di lottare. Non era da lui, ma la malattia era durata troppo».
Che cosa le ha detto?
«Era fatto alla sua maniera. Quando siamo arrivati in stanza, ci ha detto: “Non preoccupatevi: se voglio qualcosa, ve la chiedo”. Il 27-28 dicembre ci ha rincuorato: “Siete i compagni ideali, siete qui, io so che ci siete”. Penso che la sofferenza fosse troppa. Si appisolava sempre più frequentemente, si svegliava poco e noi abbiamo solo potuto stagli vicino. Eravamo tutti lì quando è spirato».
Avete avuto molte manifestazioni di affetto, stima.
«Da allora a oggi è stato un susseguirsi, tante persone sconosciute ci hanno contattato».
Com’era il bambino Luca?
«Superiore alla media. Ci teneva a primeggiare. Era il primo della classe. Era spiritoso, simpatico, estroverso, faceva le gag».
Quando ha deciso di fare il calciatore?
«A 2-3 anni. Si applicava, rimaneva in cortile, tirava di destro e di sinistro alla porta del garage. Era interista come me, mentre i miei fratelli e mio padre erano juventini. Gli piaceva molto Boninsegna. E poi Pelè. Crescendo, ha avuto una venerazione per Johan Cruijff. Gli piaceva molto il gioco dell’Olanda. Lo studiava, con il Subbuteo».
Le ha mai chiesto consigli?
«Abbiamo parlato un po’ quando ha deciso di andare in Inghilterra. Mi ha motivato la sua scelta, la sua passione per questo calcio così poco interessato al risultato, ma tanto interessato al gioco. Da qui mi giungeva l’eco dei suoi successi».
E quando Mancini lo ha voluto al suo fianco agli Europei?
«Me lo ha detto subito, a trattativa in corso. Forse lì mi ha chiesto un parere, si è confidato, aspettando che io gli dicessi qualche cosa».
Cosa gli ha detto?
«Che gli faceva bene stare nel giro. Lui non voleva fare l’allenatore per non rubare tempo alla famiglia. Era un ruolo che gli si confaceva, gli impegni della Nazionale sono diradati nel tempo e poi non era in prima linea. Si poneva il problema di non scavalcare Mancini, ma Mancini non si vergognava di chiedergli consigli. Anche perché quando erano alla Samp, Luca era il capopopolo».
A Cremona Luca è stato uno dei fondatori della cooperativa sociale Agropolis. Nel 2003, con Massimo Mauro e Cristina Grande Stevens, diede vita alla Fondazione Vialli-Mauro. Parlava di questo?
«Era rimasto molto colpito dal fatto che calciatori avessero avuto la Sla. Ci ha informato a cose fatte. E poi ha cominciato a coinvolgere Cremona con le gare di golf».
L’altra passione.
«Ha iniziato a giocare quando era alla Juve. Non lo sapevo».
Come lo ha scoperto?
«Un giorno eravamo nella nostra casa a Grumello. Davanti ci sono due rettangoli di prato, Luca li ha usati come campo pratica, ma quel giorno ha tirato su delle gran zolle. L’indomani Nadia aveva l’auto piena di ciuffetti d’erba. Ma è diventato bravo. Aveva la capacità innata di copiare il movimento degli altri».
Cioè?
«Non ha mai giocato a tennis da ragazzo, se non saltuariamente, però giocava bene. Lui copiava. Così gioca Nadal? Dopo ti sembrava di vedere Nadal».
Un aggettivo che descriva suo fratello?
«Brillante. Dire spiritoso è limitativo, intelligente è limitativo. Brillante forse mette insieme tutta la sua personalità. E perfezionista».