Corriere della Sera, 4 gennaio 2024
meriti (e demeriti) a destra
Il partito. «Questo incredibile strumento del potere che da un giorno all’altro ti innalza ai vertici dello Stato, ti dà poteri economici decisionali anche se fino a ieri hai scritto libri di nessun valore, anche se sei un economista di cui nelle università dei Paesi avanzati riderebbero... E l’Italia laica stupita, umiliata dovette ascoltare per anni le banalità di Fanfani, le elucubrazioni di Aldo Moro, le melanconie di Antonio Segni, le divagazioni avventuristiche di Giovanni Gronchi...». Giorgio Bocca stimava De Gasperi, ma aveva un giudizio molto severo sulla classe dirigente democristiana.
S criveva: «Gente di scarse o nulle letture, che abita in case modeste e di cattivo gusto, che non ha la minima dimestichezza con letterati, artisti, che conosce poco o niente del mondo industriale; ma imbattibile a manovrare nei corridoi di un congresso, a organizzare la clientela, a tener buono il clero protettore».
Forse la severità di Bocca era eccessiva. Rispetto alla classe politica di oggi, un uomo come Fanfani – uno che ha fatto, certo non da solo, il piano case, il centrosinistra, la scuola media unica, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, la Rai – appare un gigante, nonostante la bassa statura.
I paragoni con la Prima Repubblica sono impossibili. I partiti non hanno più scuole, giornali. La selezione della classe dirigente si è fatta più lasca, e del tutto sottratta alla scelta dei cittadini, da quando – dal lontano 2006 – le liste elettorali sono compilate dalle segreterie di partito. Questo tuttavia non dovrebbe rendere più elastici ma semmai più severi i criteri di selezione dei parlamentari e dei componenti del governo.
La maggioranza relativa degli italiani ha fatto un grande investimento politico e financo emotivo su Giorgia Meloni. La sua leadership è ancora forte, al di là dei risultati del governo. Il suo partito ha avuto un ottimo risultato alle elezioni politiche del 2022, e tutto lascia credere che lo confermerà alle europee del 2024. Eppure i voti sono una condizione necessaria ma non sufficiente a costruire una vera, grande forza conservatrice di stampo europeo.
La lista degli episodi è talmente lunga da creare imbarazzo. Qualcuno sarebbe financo divertente, in un Paese in buona salute; nell’Italia di oggi, e con due guerre alle frontiere d’Europa, diventano inquietanti. Il deputato che spara e ferisce a Capodanno, come nei peggiori quartieri malavitosi, è soltanto l’ultimo esempio. Per restare alle armi, l’eurodeputato Pietro Fiocchi ha festeggiato il Santo Natale con un albero addobbato, anziché con le palline colorate, con cartucce e bossoli di fucile. Fratelli d’Italia ha accolto il transfuga leghista Joe Formaggio, già sindaco di Albettone, Vicenza, che con il fucile pattugliava le strade a caccia di rom, e ora da consigliere regionale del Veneto si fa fotografare con un mitra come Rambo. E poi il sottosegretario vestito da nazista. Il capo della comunicazione della Regione Lazio che difende il cognato condannato per la strage di Bologna. E qui ci fermiamo, perché tra festeggiamenti dell’anniversario della marcia su Roma, citazioni del Duce – «spezzeremo le reni» piace in particolare a Delmastro, nonostante l’esito infausto della campagna di Grecia – e giudizi lusinghieri sul ventennio si rischia di perdere il conto. Tutte cose che, prese una per una, magari non spostano un voto; ma che si riproporranno tutte insieme, quando i tanti nodi dell’economia italiana verranno al pettine.
Non si tratta di ripetere abiure già fatte, o di pretenderne altre, magari insincere. Si tratta di fare quel che i dirigenti di Fratelli d’Italia hanno sempre detto di voler fare: andare oltre. Come ha scritto il direttore del Corriere Luciano Fontana, l’angolo da cui con queste mosse «improvvisate e ideologiche» i dirigenti locali e nazionali vorrebbero uscire non esiste più. Esistono semmai le difficoltà di un Paese che da troppo tempo cresce troppo poco e offre poche opportunità ai suoi giovani. Un Paese che ha assoluto bisogno di un’Europa amica che garantisca il suo crescente debito pubblico.
Il centrodestra ha riserve di voti certo più vaste di quelle del centrosinistra, che nel 2022 ha subìto la più umiliante di tante sconfitte elettorali e non dà ancora segni di ripresa. Tuttavia i temi identitari della destra post-missina possono garantire audience sui social, ma non sono la priorità dei moderati, dei cattolici – all’epoca di Papa Francesco, poi – e neppure dei conservatori italiani. Tanto meno i temi ideologici.
Giorgia Meloni ha ospitato alla festa del suo partito il premier conservatore britannico, Rishi Sunak. È stato un bel colpo, come anche gli avversari le hanno riconosciuto. Tuttavia i conservatori britannici non si sono mai sognati di imporre ai cittadini uno stile di vita. Fu un Parlamento a maggioranza conservatrice – ai tempi del governo Cameron, oggi ministro degli Esteri – ad approvare la legge sul matrimonio omosessuale, per fare un solo esempio. Margaret Thatcher non si sarebbe mai permessa di dire agli inglesi come si dovessero comportare, chi e come dovessero amare, se dovessero o no fare il presepe, se una ragazza dovesse o no diventare madre. Era vero il contrario: la Thatcher accusava i laburisti di voler imporre un modello di comportamento sociale – frequentare la scuola pubblica di quartiere, iscriversi al sindacato —, a discapito della libertà dell’individuo e della famiglia.
Ma non scomodiamo i grandi del passato. Se Bocca scriveva quelle cose di Fanfani, chissà cosa scriverebbe oggi dell’onorevole Pozzolo, il pistolero di Capodanno. Il partito di Giorgia Meloni si è trovato a passare dal 4% a quasi il 30. Ha ancora nel simbolo la fiamma del Msi di Almirante. Ha avuto il merito di riportare in Parlamento liberali di esperienza come Tremonti e Pera; ha avuto il demerito di non liberarsi di qualche vecchio arnese e di qualche giovane esaltato. Il cammino verso la costruzione di un grande partito conservatore è ancora lungo. Purtroppo i tempi della politica italiana, come si è visto, sono rapidi; e la situazione internazionale non aspetta. La debolezza e le divisioni degli oppositori possono essere un palliativo; non la soluzione a