la Repubblica, 4 gennaio 2024
Tutto su Taiwan
TAIPEI – Taiwan, la piccola bella isola. Con solo 23 milioni di abitanti è riuscita a diventare la ventunesima economia al mondo. Multiculturale – la lingua ufficiale è il mandarino standard e sono riconosciuti 14 lingue e 16 gruppi di aborigeni. L’inglese però lo conoscono in pochi e per comunicare si usa il cellulare, che traduce in mandarino e viceversa.
Pulita, per sistemi di riciclaggio tra i più avanzati e alto senso civico. Tra i Paesi più sicuri al mondo, con un sistema di trasporti efficiente e moderno.
Nella capitale Taipei, proiettata nel futuro, con una popolazione pari a quella di Roma, convivono l’estrema modernità, la tradizione, la spiritualità, le radici cinesi, le origini polinesiane e le influenze profonde giapponesi, frutto di una dominazione durata 50 anni, fino al 1945.
La sera splendono i tantissimi night market dove grandi e piccoli giocano e mangiano leccornie del raffinato cibo di strada taiwanese. Al mattino tante persone praticano il tai chi nei parchi. In totale vengono praticate 20 arti marziali in questo Paese.
La gente è cordiale e pacifica. Vive la quotidianità con una calma apparente o reale, malgrado non sia raro sentire rombi di jet sorvolare minacciosi l’isola.
Sarà la forza di una religiosità popolare diffusa, o forse solo il fatalismo, o l’abitudine a sentirsi minacciati, ma i taiwanesi vivono serenamente.
"C’è un cordone protettivo di navi americane che la Cina non ha il coraggio di violare”, dice un imprenditore. Ma il figlio del proprietario di un negozio di tè che sembra fermo all’epoca della dinastia Ming, corso per tradurre al padre che non capisce l’inglese – giovanissimo, un vero nerd con occhiali neri tondi e un ciuffo corvino sulla fronte – quando gli si chiede se non vivono con ansia le minacce cinesi risponde che no, che loro hanno già due negozi a Shanghai e che lui si sente “almost communist”, “quasi comunista”. Quindi vedrebbe con favore l’unificazione con la Madre Patria – e si capisce che l’essere comunista da queste parti non riguarda la sfera economica ma solo quella politica.
Del resto, il partito più favorevole al riavvicinamento con la Cina è, ironia della sorte, il Kuomintang – che è stato guidato da Chiang Kai-shek, poi scappato a Taiwan in fuga da Mao Tse Tung e dal suo esercito. Chiang Kai-shek arrivò con 600mila combattenti e 2 milioni e mezzo di persone su una popolazione di 6 milioni e impose la dittatura. Il processo di democratizzazione iniziò nel 1992, mentre Taiwan già cresceva economicamente.
Merito degli investimenti in alta tecnologia. Se si considera il Pil pro capite a parità di potere d’acquisto, Taiwan supera Germania, Francia e Italia. Ha un’economia basata sulle esportazioni ed è prima al mondo nella produzione di semiconduttori. Il primo partner commerciale, può sembrare strano, è la Cina, seguita dagli Stati Uniti.
I diritti civili si sono sviluppati più celermente che in molti paesi avanzati. Taiwan è l’unico Paese asiatico a riconoscere il matrimonio omosessuale. Più complessa la situazione delle donne: il tasso di occupazione femminile supera l’80% per le giovani da 25 a 39 anni, il 70% per le quarantenni e si mantiene sopra il 60% anche per le 50-54enni. Ma va sotto il 50% per le ultracinquantacinquenni, a testimonianza del grande cambiamento generazionale avvenuto nel rapporto con il lavoro. È donna il 41% dei parlamentari, anche grazie al sistema delle quote, e più del 30% dei manager.
Le donne, come in Corea del Sud, hanno investito molto nell’istruzione, soprattutto universitaria; ciò le ha favorite nell’inserimento nel lavoro, anche se rimane alto il divario nelle materie Stem. Ma secondo un’indagine governativa l’80% del lavoro familiare è a carico loro, in un Paese che ha un altissimo numero di ore di lavoro all’anno per occupato, 2000. E il divario di genere negli stipendi (gender pay gap) è del 15%.
Un dato accomuna Taiwan a Corea del Sud e Singapore: il bassissimo numero di figli per donna, inferiore a 1. Sembra strano, perché in Europa un più alto livello di occupazione femminile si associa a un più elevato numero di figli per donna. Non a Taiwan. Qui alla radice della bassa fecondità c’è il divario tra il livello di uguaglianza di genere raggiunto nella sfera pubblica e quello nella sfera privata.
Dalla donna ci si aspetta che continui ad avere il ruolo tradizionale in famiglia, così molte giovani rinviano o rinunciano al matrimonio e ad avere un figlio. Gli interventi di sviluppo dei servizi per la prima infanzia sono ancora troppo recenti per aver avuto effetto.Il tempo disponibile per le donne è la questione strategica anche qui.
Ora si avvicinano le elezioni con una presidente donna del Partito Democratico Progressista che ha concluso due mandati. Tsai Ing-wen ha avuto il merito di gestire bene la pandemia, di sviluppare i diritti civili, di tenere sotto controllo l’inflazione (che ha raggiunto al massimo il 3%) e la disoccupazione (al 3,5%). Inoltre, a novembre 2022 il 49% dei bimbi di 2 anni (34 punti in più rispetto al 2016) e il 90% di quelli da 3 a 6 anni (+16 punti) erano iscritti alla prescuola. La sensibile riduzione dei costi di istruzione voluta dal governo, accanto allo sviluppo dei servizi, ha incentivato i genitori a iscrivere i figli. La vittoria del suo partito garantirebbe continuità anche nelle alleanze internazionali.
Il risultato non è scontato, anche perché le disuguaglianze sono cresciute. I costi delle abitazioni sono tra i più alti al mondo, a fronte di stipendi tra i più bassi e i giovani sono insoddisfatti dei bassi salari di ingresso. A ciò si aggiungono le crescenti incertezze in un quadro internazionale così complesso, che certamente influenzeranno il voto.
Chissà il 13 gennaio che strada sceglierà il piccolo grande Paese gentile.