la Repubblica, 2 gennaio 2024
Il ritorno di Nadal
Quante volte, figlio mio? Ogni volta che ho potuto, padre. Risalire, riprendere, tornare a ruggire. A 37 anni. Ricominciare, insomma: anche ad alzare le braccia. «Non mi sono dimenticato come si gioca a tennis». Ma va, chi ne dubitava? Volevate i botti per un buon 2024. Eccoli, sono vintage, ma profumano di futuro. Atp 250 di Brisbane. È la diciassettesima volta che Rafael Nadal torna da un infortunio. L’ultimo, 349 giorni prima, a Melbourne, lo ha aveva fatto sparire dal campo per undici mesi. Adesso è riapparso, e non è un’ombra, sono due set al comando. L’ultimo ballo non è per lui, non ancora, non è tornato per accontentarsi, per fare passerella, per servire la nostalgia. Rafa riprende a darci il braccio (mancino), ad accompagnarci in un rettangolo di gioco che ha le misure della vita, dolori compresi. In 23 stagioni da professionista causa guai fisici è stato lontano dal tennis per 58 mesi, fanno quasi cinque anni. È sempre sopravvissuto, senza mai accettare il ruolo della vittima. Era in alto, è ripartito dal basso, numero 672 del mondo, da tennista qualunque lui che con 22 Slam proprio qualunque non è. Ha riallineato i suoi tic, i suoi tocchi, le sue nevrosi, i suoi asciugamani, e anche il suo tennis: il destino gli aveva messo contro quasi la sua contro- immagine, un suo possibile erede, l’austriaco Dominic Thiem “Dominator”, più giovane di sette anni, il primo giocatore nato negli anni 90 ad aver vinto uno Slam (Us Open 2020), ex numero 3 del mondo, due volte finalista al Roland Garros nel 2018 e 21019 (proprio contro Nadal), reduce anche lui da un lungo infortunio al polso. Un primo turno molto in salita per chi rientra dopo un’operazione all’anca e dopo uno stop travestito quasi da addio. Ma dopo appena venti minuti il pubblico di Brisbane si è messo anche lui a ruggire. Nadal ha demolito Thiem in due set (7-5, 6-1), 89 minuti di gioco, nessuna palla break concessa. Una meraviglia, non il suo successo, ma il momento in cui alla fine ha esultato, come chi ormai grande ritrova il suo giocattolo da bambino, ancora puro, ancora funzionante. E si mette a scuoterlo.Eppure è papà Nadal, figlio e moglie in tribuna, volto rilassato, a riprova che un anno senza troppo stress agonistico gli ha fatto bene, che la lontananza da un tormento ossessivo gli ha permesso una parentesi di vita mena agra. «Non socome mi sveglierò, per ora il corpo risponde bene, sono felice di aver risentito il mio pubblico e di essere stato capace di non fare troppi errori. Poteva essere una catastrofe, perché un mese e mezzo fa non avevo tutta questa fiducia, invece ho giocato con solidità e sono contento di non aver preso decisioni sbagliate in termini di scelta dei colpi. Ho finito il match senza cattive sensazionie ora ho un giorno di riposo».È il suo avviso ai naviganti nel mondo down-under. È già risalito al numero 541. Piede, ginocchio, coscia, anca, spalle, schiena, addominali, gomito, mano, polso: non è un corso di anatomia, ma la lista dei suoi guai. L’ultima operazione è del 2 giugno, ma è Nadal, quello che riaffiora sempre e che serve i come- back come specialità della casa. Adesso gli tocca l’australiano Jason Kubler, 30 anni, n. 102, zero titoli in carriera, ma buon doppista, anche lui wild card a Brisbane, nessun precedente fra i due. Kubler è passato per il ritiro del suo avversario, il russo Karatsev, quando dovevano giocare il terzo set. Ma chi si aspetta un Nadal in versione Terminator sbaglia, forse ora è più un Don Chisciotte maturo che sogna ad occhi aperti. Il suo fisico è stato logorato dalla voglia incessante di spingersi al limite. Questo ne ha fatto un eroe mai vinto, ma lo ha distrutto. «Devo avere la capacità di non chiedere più a me stesso quello che pretendevo prima, perché ora le cose sono diverse e io sono una persona cambiata. Non voglio più spingermi al massimo, ho interiorizzato di dover accettare che le cose potranno andare diversamente da quello che spero. Voglio cercare di tenere viva la speranza, ma sono pronto a perdonarmi se non sarà possibile».Perdonarsi, lui? Non credetegli: Nadal sogna Parigi, la terra rossa, il Roland Garros, i Giochi Olimpici. E forse anche il doppio con Carlos Alcaraz, chissà. Perché una cosa per lui è irrinunciabile: trasformare i malanni in bellezza.