Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  gennaio 02 Martedì calendario

Intervista a Sofia Goggia

Inventa curve impossibili a 100 chilometri all’ora. «Poi vedo uno come Sinner che mette gli sci e dico: ha più parallelismo di me». Sofia Goggia non è mai stata un’atleta né una persona banale. Anzi, sono stati più il disordine e gli eccessi a farne una campionessa e anche un personaggio. Da tre stagioni domina la discesa libera dove ha vinto l’oro olimpico in Corea del sud (2018) e l’argento a Pechino (2022) a soli 23 giorni da un infortunio grave. Bergamasca, erre moscia, ha 31 anni, una nipote (Beatrice), tremila galline, due mucche, un cane. Studia Scienze Politiche alla Luiss di Roma e negli ultimi tempi è il volto di uno spot sull’arte delle connessioni.
Eppure si è parlato tanto delle divisioni in squadra. Insomma: come va la rivalità con Federica Brignone?
«Siamo entrambe la fortuna più grande dell’altra, vicendevolmente.
Però io lo ammetto. E ne parlo scherzosamente. È passata l’adolescenza dove ci si tira i capelli, sappiamo tenere rapporti civili.
Questo nostro dualismo è sempre stato un po’ ingigantito, ma ben venga per il movimento. In ottica Milano-Cortina 2026 è solo diavolina per il fuoco che già c’è. Fiammate su fiammate. Diavole e diavolina.
Bello».
Copia qualcosa da Brignone?
«La sciata di Fede non è copiabile, ha un talento in quei piedi che è sopraffino, tira curve come nessuno. Ha uno stile tutto suo e come tutti i fuoriclasse ha qualcosa che gli altri non hanno: un tocco di neve, touche de neige,eccezionale. Io so leggere il terreno e capisco che strategie usare. La differenza la faccio oltre i 100 orari. Il bello di questa squadra è che ci sono delle individualità fortissime, ognuna con delle peculiarità. Impossibile riprodurci, ma prendere spunto sì».
Lei o Federica raggiungerete Tomba a 50 successi?
«Secondo me no».
Ha già fissato una data di addio allo sci?
«Vorrei arrivare ai Mondiali di Crans Montana 2027. Se le ginocchia reggono e anche la testa. Bisogna vedere cosa riserva la vita».
Ha una relazione sentimentale?
Ci sono stati molti gossip.
«La vita è mia, la vita mia è privata, mi tengo questo pezzo per me.
Siamo molto esposti al pubblico come persone e come atleti, anche tramite i social, ma penso che ci sia una sfera personale da dover custodire per se stessi».
La sua amica Federica Pellegrini diventa mamma. Lei ci pensa?
«Non prima di quattro anni almeno.
Sono diventata zia. Fa strano perché sono in quella fase in cui tutti si sposano e fanno figli, io invece ho ancora gli sci ai piedi. So che la mia sfida ha un tempo determinato e voglio provare a vincere il più possibile. Se mi sento in difetto? So solo che ho 31 anni e l’orologioscorre. Non come una minaccia, ma insomma scorre».
Olimpiadi di Cortina 2026: la pista di bob salta e forse andrà all’estero.
«Mi viene da aprire le braccia e dirla alla Verdone: è la solita roba all’italiana. Ma spero che riescano a trovare una soluzione all’interno dei confini nazionali».
Saranno comunque Giochi diffusi.
«Nella culla dell’Europa, dello sci e davanti alla gente, finalmente. Lo spirito olimpico è bellissimo, la sfilata, l’interagire con le altre squadre nel villaggio. Ma io in Corea del Sud giravo con le cuffie insonorizzate per non disperdere le energie. Io le Olimpiadi le ho sempre vissute come una missione: vincere».
Intanto sta tornando in gigante.
«Da dove vengo, poi l’ho trascurato per lavorare sulla velocità fino alla Corea. Lì ho ottenuto i miei obiettivi, ma non mi muovevo più: avevo messo massa, ero molto lenta. In questi anni i miei squilibri in velocità erano dati da una carenza di stabilità tecnica. Prendevo troppi rischi. Il gigante è strumentale, per metterela tecnica a disposizione dell’agonismo».
Come scia Jannik Sinner?
«Ma vi pare? Va una volta a sciare e tiene le ginocchia parallele, un dettaglio tecnico col quale io lavoro col mio allenatore: sotto le sue ci passa un treno, sotto le mie no, visto che ce le ho a X».
Perché Jannik ha incollato gli
italiani davanti alla tv?
«Non lo conosco, ma la famiglia deve avere un imprinting molto importante. A me piace il suo equilibrio, la compostezza, la gentilezza e i valori che si porta dentro. È molto sobrio, uomo del nord, ha un temperamento diverso, un sognatore coi piedi per terra, sguardo in alto ma ben piantato. Iosono un po’ più guascona».
Lei sembra tenere sempre di più al suo aspetto.
«Non lo direbbe se vedesse la spazzola di plastica che ho nello zaino da sci: ridotta malissimo, ha gli aghi decimati. Prima delle gare mi devo fare la coda davanti allo specchio, mi bagno le mani e le passo sui capelli in modo che non ce ne sia uno fuori posto sennò mi dà fastidio. Se mi capita di dover presenziare a delle serate, completo elegante, non posso andare wild,anche se rimango una selvaggia un poco più pettinata. Ma a me piace anche la sagra della polenta taragna a Roncobello».
Come ha reagito all’omicidio di Giulia Cecchettin?
«Penso che i comportamenti culturali medioevali siano da colpire e stigmatizzare, così come l’indulgenza davanti alla prepotenza del potere maschile, ai modelli aggressivi che tv e media diffondono nel paese. Bisognerebbe introdurre nelle scuole un’educazione civica ed emotiva affinché i ragazzi siano guidati al valore del rispetto verso l’altro e diventino loro stessi anticorpi alla violenza. Cecchettinha gridato le sue paure, è rimasta inascoltata. È una storia che ci mostra che anche quelli che vengono dipinti come “bravi” ragazzi non sono esenti da crimini così efferati».
Guerre e rischi di totalitarismi, ci pensa?
«Molto, e mi spaventa. La storia della seconda guerra mondiale mi ha sempre affascinato, il nazismo dovrebbe averci insegnato molto, invece le tentazioni di ricadere nell’orrore sono molte».
Eppure siamo in un’era in cui si parla di intelligenza artificiale.
«Se non la regoliamo, mi preoccupa.
Potrebbe avere il sopravvento sul pensiero umano e nello scenario peggiore chissà, saremo più guidabili come nei regimi dittatoriali».
Lo sci ha un futuro, anche alla luce dei cambiamenti climatici?
«Servono cura e innovazione. Lo sci è un format vecchio, bisogna stare al passo con i tempi e magari ispirarsi al modello della Formula 1. La gara è l’evento principale, ma cosa succede nei box? È il dietro le quinte che le persone vogliono vedere».