Corriere della Sera, 2 gennaio 2024
Il New York Times e la lezione sulle previsioni
Nel primo numero del 1861 il New York Times, benché consapevole dei preparativi militari dei confederati del Sud, si disse convinto che la Repubblica fosse abbastanza forte da assorbire quelle tensioni. Cento giorni dopo i secessionisti scatenarono la Guerra civile. Il primo gennaio del 1929 il quotidiano azzardò previsioni rosee sullo sviluppo dell’economia americana pochi mesi prima del Grande Crollo di Wall Street che fece precipitare l’America nella Grande Depressione. Nel 1939, invece, il Times vide giusto: scrisse che, dopo l’annessione dell’Austria, la Germania nazista avrebbe invaso altri Paesi fino a scatenare una guerra in Europa.
Il giornale americano ha messo insieme 160 anni di previsioni giuste e sbagliate come monito: prevedere è rischioso. In realtà la lettura di quell’articolo nell’anno di molte delicatissime elezioni – dagli Stati Uniti alla Ue, dall’India a Taiwan – può indurre allo sconforto: più che indicare incertezza, gli esempi del Times sembrano conferme della legge di Murphy secondo la quale «se qualcosa può andare a finire male, lo farà». Timori convalidati anche da recenti previsioni non proprio lungimiranti come la determinazione di Jake Sullivan, braccio destro di Joe Biden per la politica estera, a concentrarsi su Cina e Russia anche perché non preoccupato dal Medio Oriente, da decenni mai così pacifico: pochi giorni dopo, l’attacco di Hamas e lo scoppio della guerra a Gaza.
Verso un 2024 di guerre ed espansione delle dittature, allora? Per fortuna la legge di Murphy non ha nulla di scientifico e molte previsioni negative del recente passato sono state smentite dai fatti: avremmo dovuto passare al gelo l’inverno scorso per la chiusura dei rubinetti del gas russo, ma non è successo. E la recessione americana (che doveva contagiare tutto il mondo) prevista dall’88 per cento degli economisti Usa non si è mai materializzata. C’è ancora speranza anche per le nostre democrazie.