la Repubblica, 2 gennaio 2024
Intervista ad Alessandro Siani
Alessandro Siani ha chiuso il 2023 con la scommessa di Mare fuori a teatro e aperto il 2024 azzardando in sala (con 01) una commedia pura, Succede anche nelle migliori famiglie. Il Natale l’attore e regista, 48 anni, l’ha trascorso sul palco con Fiesta, spettacolo che lo fece conoscere al grande pubblico, vent’anni fa.
Che momento è della sua vita?
«Di passaggio, come sempre. Cambiano mode, regole, pressioni, anche le cose intorno, che sono più grandi di noi. Alla fine, nessun momento è davvero cruciale. Sono trent’anni da ho intrapreso questa passione a tempo indeterminato. Non c’è più l’ansia da prestazione che ti metteva adrenalina, ma anche la paura di disoccupazione elevata. Sono più stabile. Ma continuo a osare: il mio film esce mentre la commedia pura vive un momento difficile».
È pieno di mare, sole, paesaggi siciliani. Fuga dal presente cupo?
«Dopo Tramite amicizia volevo una storia di famiglia. Ma anche colorare gli occhi di immagini belle, dare una sensazione di libertà e leggerezza a un racconto che vuole essere semplicemente divertente».
Il suo personaggio vive un senso profondo di inadeguatezza.
«Volevo raccontare il senso di fallimento che ho e che vedo in molti ragazzi. Vivono tutto come se non ci fosse una seconda occasione. È sbagliata la continua dimostrazione di essere più forte, pensare di fare sempre tutto e bene non è giusto, anche per non trasformarsi in una intelligenza artificiale».
Perché le commedie pure faticano così tanto al cinema?
«La commedia si presta molto alla piattaforma. Alla fine di una giornata pesante metti un film comico a casa, sul telefonino, per avere conforto, addormentarti sereno. Con questa fruizione quotidiana non senti la mancanza dell’evento in sala, mentre il film d’autore resiste».
È reduce dal successo teatrale di “Mare fuori”.
«Non me l’aspettavo. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto vedere quel racconto sotto un’altra ottica, un dramma alla Romeo e Giulietta, con la possibilità di veicolare messaggi. Volevo fare contenti i fan, ma anche sorprenderli. Condensare tre stagioni in uno spettacolo di due ore abbondanti non è stato semplice».
Come è scattata l’idea?
«Anni fa avevo scritto un soggetto del film San Valentino Story, per tre giovani registi. In una si raccontava di due ragazzi nel carcere minorile e s’innamoravano. Con Mare fuori ho pensato di sviluppare un Romeo e Giulietta dei nostri tempi. Il collante di tutto sono state musica e danza. Gli sceneggiatori della serie hanno accolto l’idea a braccia aperte. Alla prima si sono sorpresi di vedere in fondo alla storia, anche altre cose che non immaginavano».
I fan sono accorsi.
«Sì. Molti non erano mai state a teatro prima. ma c’è un pubblico vario».
Ha scritto quattro dei brani musicali.
«Alcuni dialoghi vengono meglio se espressi in musica, trasmettono di più. E c’è un omaggio a Pino Daniele e a Renato Carosone. Avevo sentito la canzone Sud scavame a foss’, che Pino aveva una volta live nel disco. Me ne sono innamorato. Ho chiesto al figlio Alex di darmi questa canzone e lui si è accorto che il pezzo era “inesistente”, praticamente un pezzo inedito. Neanche la famiglia lo conosceva. Lo abbiamo riadattato per lo spettacolo, aggiungendo anche un testo di Carosone. Quindi ci sono la musica di Pino Daniele e le parole di una canzone di Carosone. A teatro questo è stato molto apprezzato».
Eccoci allo spettacolo “Fiesta”. Andando a rivederlo cosa ci ha ritrovato, vent’anni dopo?
«Ai suoi tempi fu una rottura. Aveva dialoghi veloci, era un cabaret metropolitano, underground. Dopo vent’anni voglio mostrarlo alle nuove generazioni. Non sono social ma i pezzi di Fiesta vanno per la maggiore su Tik Tok. È stato un modo per festeggiare, ma non pensavo avrei fatto così tante date».
Negli ultimi vent’anni la comicità è cambiata, certe battute non si possono fare più.
«È come chiedere a un cuoco il suo piatto migliore. ma senza usare olio, aglio, cipolla. Esiste una cucina alternativa, sì, ma la cosa più bella è la libertà di preparare una pietanza. Penso però che il pubblico sia il nostro datore di lavoro, perciò non sono sulla linea del combattimento. Alcuni momenti storici vanno capiti. Alcune cose ritorneranno, come è sempre stato».
Il fenomeno “C’è ancora domani”?
«Un film sincero che ha creato un movimento importante. Successe a Benvenuti al Sud: uscimmo quasi in contemporanea con le incredibili dichiarazioni di Bossi su S.P.Q.R. “Sono porci questi romani”. Si creò un caso».
Dai successi ai fallimenti. La serata più disastrosa?
«I disastri capitano quando sei più debole, agli inizi. Giravo nei locali, nei teatrini con un discreto successo. Tentai il salto di qualità esibendomi solo a teatro. Fu tour difficile, tanto imbarazzante che il gestore di un teatro a fine serata, con poche persone, disse “mi dispiace. perché mi sembri un ragazzo che ha talento, ma ti conviene immaginare un’alternativa”. Mi resi conto in quel momento che le cose non andavano assolutamente per il verso giusto. Mi bloccai per mesi, non feci nulla e scrissi Fiesta. Che ebbe un successo tale da arrivare allo stadio San Paolo. Non mi sono fermato più».
In quei mesi pensò di mollare?
«No, pensai solo che il problema non era che il pubblico non capiva, ma che ero io a dover osare di più. Questa è la molla che mi ha guidato. E per 30 anni ha continuato ad accompagnarmi il dubbio mai la convinzione. Perciò mi piace raccontare il fallimento».