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 2023  dicembre 30 Sabato calendario

Intervista a Renzo Arbore

«È stato difficile scegliere» dice Renzo Arbore «perché tante cose che ho fatto non me le ricordavo quasi più». Per i 70 anni della tv (3 gennaio 1953) e poi i 100 anni della radio (il 7 ottobre 2024) l’inventore di quelli che definisce ridacchiando «21 format» torna in pista. Il 4 gennaiosu Rai 2 debutta Appresso alla musica: Premiata bottega di antiquariato musicale di Renzo Arbore che lo porterà per 20 puntate, complice Gegè Telesforo, il giovedì in seconda serata (alle 23.15) e in replica il mercoledì alle 22.15 su Rai5. Poi c’è RaiPlay.
Partiamo dal titolo?
«“Tu vai appresso alla musica” diceva mio padre per rimproverarmi quando non studiavo. Da bambino volevo essere uno dei ragazzini che andavano dietro la banda musicale città di Foggia. Non me lo permettevano,eropiccolo».
E il sottotitolo?
«Indica un campionario della mia televisione musicale, non i varietà: si vedranno Patty Pravo giovanissima o il debutto di Vasco Rossi. Come le cose di antiquariato acquistano valore, queste immagini non sono roba vecchia ma antica. Il marchio sul teleschermo è una scultura di Marco Lodola, di cui sono fan, gliel’ho commissionato io».
Con quale criterio ha scelto?
«Il programma nasce con Gegè e Ugo Porcelli. Con l’aiuto di Gianluca Nannini e del mio bravissimo montatore Emiliano Portone, abbiamo scelto le cose meno viste tra i miei 21 format partendo da Speciale per noi in bianco e nero. Tutto custodito nelle preziose Teche Rai».
Che effetto fa debuttare nell’anniversario della tv?
«Mi fa molta impressione perché ho visto nascere la televisione. Non l’avevamo a casa, arrivò un paio di anni dopo. Andavamo da un collezionista, ci portavamo le sedie, e vedevamo Il musichiere, Lascia o raddoppia? L’amico degli animali. Abbiamo imparato a parlare italiano e a non avere l’accento per forza pugliese grazie alla tv».
Pensava: un giorno anch’io
sarò dentro quella scatola?
«Quando ho visto Lascia o raddoppia ? ho pensato che potevo fare il concorrente di jazz, quel quiz stimolava a imparare una materia».
Il suo periodo d’oro?
«L’altra domenica, una rivoluzione. C’erano le ragazze parlanti – Isabella Rossellini, Milly Carlucci, Silvia Annichiarico, Stella Pende, Irene Bignardi – però il periodo più bello è stato, dopo gli anni di piombo, quando abbiamo potuto ridere conQuelli della notte, con Roberto D’Agostino e l’edonismo reaganiano. C’era ancora una tv scritta, fatta benissimo, da Falqui e Sacerdote. Noi ci siamo buttati a improvvisare maldestramente col favore delle tenebre».
Di cosa è fiero?
«Vado per gli 87 anni e posso dirlo: ho fatto una televisione cocciutamente destinata al futuro, pensata per durare. Mi sono ispirato a Cole Porter e Gershwin, mai seguito le mode. Poi può darsi che Appresso alla musica non avrà successo».
Perché dice così?
«Perché è una conversazione pacata mentre tutti vendono la loro mercanzia ad alta voce, con un occhio all’indice di ascolto. Invece io faccio televisione come se ci fosse ancora la tv con l’indice di qualità. Gegè è complice da quando aveva 18 anni».
Cosa non apprezza della tv?
«Il gusto è sceso. Inutile dire i titoli. La televisione è diventata troppo uguale alla vita, non è stata più uno strumento che ti arricchisce. Colpa dell’indice di ascolto: si fa quello che colpisce, il compito educativo della televisione di Bernabei è perduto. Anche Biagio Agnes e Sergio Zavoli hanno fatto tanto, Biagione è stato il primo direttore che mi dava del tu. Quelli con lui sono stati anni molto belli».
Che vuol dire fare televisione d’autore?
«Fare come un regista che gira il film perché ha un’idea: quando si compie, si cambia. La tv di oggi è seriale, trovata la formula si va avanti, io ho fatto la “tv cinematografica”».
L’amministratore delegato Rai Roberto Sergio l’ha coinvolta nelle celebrazioni per i 100 anni della radio: che farà?
«Non ci siamo ancora confrontati, c’è tempo. Intanto sto montando le sei puntate di Cari amici vicini e lontani, che ho fatto per i 60 anni della radio. C’erano tutti, da Nunzio Filogamo a Silvio Gigli. La prima trasmissione nostalgia».
Le è rimasto un rimpianto?
«Fellini aveva Il viaggio di G. Mastorna. Io ho Foggiattan, come Manhattan di Woody Allen, un film ambientato a Foggia, con quello che succedeva nella mia città in maniera provinciale e locale».