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 2023  dicembre 31 Domenica calendario

Intervista a Francesca Reggiani

Tra la distanza di “ho visto cose che voi umani” di Roy Batty e il pragmatico “è la stampa bellezza” di Humphrey Bogart nei panni di Ed Hutcheson, Francesca Reggiani indirettamente si schiera con il secondo.
Ha partecipato ad alcune delle ultime commedie sexy degli anni 70 (“Dovevo pur guadagnare”); è nata e cresciuta (artisticamente) con Gigi Proietti (“nella sua scuola ci ha portato pure Liza Minnelli”); è stata un raggio importante della “ruota” targata Avanzi (“Mica avevamo capito il fenomeno”); ha visto, condiviso e vissuto il set con Fellini (“Vabbè, mica ero la sola”). Poi qualche alto e basso; altri alti, altri bassi; e la certificazione di quanto sia fondamentale il repertorio, di quanto non si possa prescindere da assi, palco, sipario e brusio del pubblico in sala. Tutto questo mix con la Reggiani diventa “È l’arte, bellezza!”.
“Questa sera ho teatro”.
Come sta, prima?
Oramai, bene.
Tranquilla e serena.
(Ride) Sono proiettiana: il palco è un gioco serio; è libertà di parola, di pensiero dove nessuno insegna niente a nessuno.
È proiettiana vera.
Ho iniziato grazie a Gigi Proietti e al suo intuito quando poi, durante alcune prove, mi ha fermato e detto: “Puoi portare sul palco uno one woman show. Te lo produco”.
Non male.
(Ci ripensa) Il trucco è avere empatia con il pubblico; Gigi l’aveva in maniera totale, fuori dal comune, nel mio piccolo gli vado dietro; poi il palco ti dà ancora una libertà difficile da trovare altrove, soprattutto in questi tempi di perbenismo, di restaurazione di costumi.
Il palco trasforma.
Ho combattuto una timidezza sfrenata.
Oggi è passata.
Sì, ma ero un caso patologico.
Ai tempi della scuola.
Pochi anni fa, dopo uno spettacolo al teatro Olimpico di Roma, nei camerini trovo la mia professoressa del liceo: “Eppure abbiamo avuto tanti problemi con te: eri muta”.
Esagerava?
No, ed è un aspetto comune a molti miei colleghi.
Avrà imitato i professori.
(Sorride) Eccome.
Per Lillo le migliori battute nascono nei momenti di sofferenza.
È un concetto un po’ alfieriano; però è fondamentale l’umore del momento.
Com’è l’umore di un attore?
Variabile; a volte si entra in scena, si vede uno in quinta fila con il broncio e quel broncio ti manda in vacca tutto lo show.
Si rende conto di quell’uno in quinta fila?
Porca puttana.
Quindi le è capitato.
E dimostra la fragilità dell’attore; anni fa Serena Dandini prese la direzione dell’Ambra Jovinelli di Roma e coinvolse il gruppo di amici e colleghi di Avanzi. Una sera, senza avvertirmi, il teatro invita Carla Fracci; la Fracci usciva sempre vestita di bianco, tutta di bianco, e le danno la fila F lato corridoio. Si siede. Si alza il sipario. Lei accavalla la gamba e inizio a fissarmi sul suo polpaccetto, la caviglina e il piedino. Quel piedino svettava nel buio.
Dolore.
Per tutto il tempo ha mosso il piedino e mi ha devastato.
Soluzione?
Devo citare di nuovo Gigi.
Dica.
Si raccomandava: “Quando sali sul palco, se sei meno entusiasta, punta sulla memoria per recitarla tutta, chiara e fino in fondo”. Allora ho messo il pilota automatico.
Alla fine si è scattata una foto con la Fracci?
No! L’ho salutata; (ci ripensa) con quel polpaccetto e quel piedino, tatatatatatatata.
Esiste ancora il gruppo di Avanzi?
Come amici. È stata una bella alchimia, per anni siamo stati sempre insieme, pure in vacanza. Ci divertivamo da matti.
Qual è stato il collante?
Non lo so, perché lo stesso meccanismo non è scattato con il gruppo nato dal laboratorio teatrale di Proietti; lì come insegnanti avevamo Panelli o la Falk.
Com’era Panelli?
Un grandissimo attore, soprattutto drammatico. Entrava in aula ed esordiva con un “ammazzalo quanto sete cani” (lo imita in maniera meravigliosa). Poi magari continuava con “Aoh, te sei fidanzata? No! Che aspetti ’a carozza?”; (la voce torna normale) tra i docenti abbiamo avuto per due giorni Liza Minnelli.
Cosa vi ha insegnato?
Abbiamo sempre cantato: Gigi era fissato; ripeteva: “Quello che non ho potuto studiare io, lo farete voi”. E allora tutte le mattine, per due anni, ci toccava un’ora di solfeggio cantato e un’ora di canto.
Pure con la Minnelli?
Ci ha dedicato anche New York New York. Gigi felice.
Di quel laboratorio perché non siete rimasti come gruppo?
Eppure siamo stati tanto assieme: partivamo in tournée dai primi di novembre fino ad aprile, tutti ragazzini tra i venti e i ventitré anni, con Gigi attento a noi, paterno; (pausa) eravamo liberi, ma allo stesso tempo ci ha trasmesso il valore della disciplina.
Vuol dire?
Se durante le prove beccava qualcuno in platea a leggere il giornale, lo mandava via per un paio di giorni; stessa sorte se si stava seduti con i piedi poggiati sulla poltrona o si masticava la gomma americana.
Tosto.
Senza alzare la voce.
A lei l’ha beccata?
No, ero troppo sbalordita di essere lì e con un punteggio valutativo altissimo.
Tra Proietti e Avanzi si è montata la testa?
(Stupita) Io? Comunque le due fasi sono distanti: il botto con Avanzi è arrivato tra il 1990 e il 1991. All’improvviso.
Non vi eravate accorti di nulla?
Niente; (pausa) eravamo in un locale e con Corrado (Guzzanti, ndr) sentiamo un frastuono, uno sbattere forte, allora usciamo e vediamo tantissime persone, molte delle quali appiccicate al vetro della porta, ancora chiusa. “E questi chi sono?”. Poi abbiamo capito che erano lì per noi (resta zitta). Montati la testa? nessuno di noi, i miei compagni sono rimasti gli stessi del tempo.
Un bel complimento.
Il massimo era quando uscivo la sera con Corrado e Loche: dei gran momenti. Poi sono amica di Sabina (Guzzanti, ndr), è intelligente: mi ha stimolato in certi periodi.
Capitolo cinema: il suo esordio è stato in una delle “insegnanti” anni 70…
Ho sempre desiderato far parte di questo mondo e cercavo pure una piccola autonomia economica; (sorride) ho iniziato con la danza classica, all’Accademia Nazionale. All’epoca ero bravina, così quando c’era un’audizione venivo scelta e andavo, a prescindere dal film.
Come impiegava i soldi guadagnati?
Ce vivevo; sono andata via di casa molto presto insieme al mio primo fidanzato; avevo una famiglia impegnativa e gli anni erano quelli.
Oltre a ballare, lavorava?
Come commessa in un negozio; non riuscivo bene all’università. Lo studio era un problema.
Risolto, come?
Sempre grazie a Gigi: con lui ho scoperto da Dante a Brecht.
Si sentiva in difficoltà con gli altri studenti?
Alcuni erano più ciucci di me.
Aveva il senso di rivincita?
Quello c’è ora.
Come mai?
Nella bellezza e nella difficoltà del mio mestiere, quando prendo bastonate, a volte sonore, scatta il senso di rivincita.
In che occasione?
Ugo Porcelli ripeteva: “L’attore è come le azioni di Borsa: va su e poi giù. L’importante è tenere nel tempo”.
Nel tempo a chi dice grazie?
Subito ai miei autori: Valter Lupo e Gianluca Giugliarelli; poi ho il culo di aver trovato due trentenni collaborativi e bravi: Enrica Accascina e Nicola Capogna. Aggiungo Roberto D’Agostino: sul suo sito ha rilanciato un mio sketch (la Reggiani che interpreta sia Giorgia Meloni sia Concita De Gregorio) e ha avuto un bell’effetto.
La Dandini narra la storia di una dentiera…
(Stupita) Davvero lo ha raccontato?
Eh, sì.
Lei cazzate non ne dice, è un po’ come Gigi: si ride, si scherza, ma quando c’è da andare in onda, la disciplina diventa ferrea.
La dentiera.
Al tempo la Bonaccorti andava in onda con un cruciverbone; arriva Serena: “Devi imitarla”. “Va bene, però ci vuole una dentiera”. Si attiva la procedura Rai: timbri, richieste, il dentista, poi lo studio del personaggio. Arriva il giorno della messa in onda, tutto bene, finisce la puntata, la tolgo e la piazzo chissà dove.
E… ?
Due giorni dopo vado a riprenderla ma non la trovo. Allarme. Fermo le prove. Tutta la compagnia nel mio camerino a cercarla. Chiamiamo gli addetti alle pulizie. Niente. Alla fine, con tanto di sedie, ci siamo infilati dentro agli enormi cassonetti della Rai. Inutile.
Curriculum: ha lavorato con Fellini.
Quando andavo a Cinecittà per i film tipo quello con Nadia Cassini, lasciavo le foto a Fiammetta Profili, la sua segretaria; poi per un mesetto, tre o quattro volte la settimana, Fellini mi convocava: “ti devo assegnare una parte”.
E invece?
Arrivavo, chiacchierava, concludeva con “ora ci penso”. Poi sono stata una delle comparse in La nave va ed è stata un’esperienza stupenda, con Pina Bausch; Fellini saliva a bordo, mi chiamava e parlava di nuovo; poi ripeteva: “Hai due occhi che sembrano dischi volanti”.
Ci provava?
Al massimo c’era la carezza o la pacchetta; a quel tempo la pacchetta non era connotata.
E lei?
Un po’ mi imbarazzavo, sono sempre stata pudica, ma non ha mai superate alcun limite.
Sexy si è mai sentita?
Quando sono passata dalla Ricciarelli alla Parietti.
Cioè?
Quando ho iniziato a imitare la Parietti è cambiato l’approccio dei miei colleghi maschi: mi offrivano il caffè, aprivano la portiera della macchina, chiedevano “come va? tutto bene?”
Divertita.
Mi son detta: accidenti! Non è male.
Poi con la Parietti ha lavorato in tv.
Alba è una delle persone più spiritose e ironiche che io conosca.
Chi altro l’ha presa bene?
Mi sono trovata al Quirinale abbracciata da Franca Ciampi.
Lei chi è?
È una domanda troppo da Marzullo; e poi nessun attore ha l’esatta percezione di cosa o chi sia realmente.