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 2023  dicembre 31 Domenica calendario

Biografia di Maria Callas

ncora ne ricordiamo il Vissi d’arte, tre minuti di pura solitudine, canto sul filo di un enorme “Perché?”, con Puccini che dipana il punto di domanda in forma di tesa arcata melodica, consapevole dell’inesistenza di una risposta. Il soprano coglie quel vuoto: siamo al centro di Tosca. La risentiamo, ci commuove. Per il carattere della voce, certo. Per il modo di delibare le parole, per il gusto sensibile alle sottili sfumature delle note e della sottesa poesia. Per il legato che sembra non interrompersi nemmeno nei punti dei fisiologici respiri. Nella minuscola porzione di tempo ritagliata sul palcoscenico, il cono di luce prende la potenza di un quadretto votivo, la forza di un segno che si imprime indelebile e inconfondibile. Puoi ascoltare tutti i Vissi d’arte del mondo, ma solamente quando lo interpreta lei dici: è la Callas. In oltre quattro secoli di storia del teatro in musica, le spetta la palma della voce in assoluto più carica di storia musicale e di storie di vita. Ancora interessante e oggetto di libri, riscritture, film, mostre. Perfetta anche come oggetto cinematografico, dopo che Pasolini nel 1969 l’aveva voluta come soggetto protagonista dell’avventura di Medea. Aste di oggetti suoi non se ne sono più avute recentemente. A riprova che ormai il fondo del barile era stato interamente grattato. Ma fino a non molto addietro, molte lettere uscite da misteriosi cassetti ne avevano documentato parti oscure della biografia. Intere collezioni, come quella ben ricca del devoto Bruno Tosi, venivano consegnate alla conoscenza pubblica, compresi i taccuini con le ricette di cucina. Online si può trovare ancora in vendita il catalogo della corposa vendita per Sotheby’s, a Milano, dicembre 2007, ricca di abiti, gioielli, fotografie, persino gli occhiali da vista, di lei famosa miope. Da studiare la sua preziosa biblioteca di spartiti: alcuni letteralmente consumati, come quello del Barbiere di Rossini, segnati a matita rossa e blu. Molti privati custodiscono gelosi porzioni di memorie della primadonna assoluta: il suo è un mausoleo distribuito, al pari delle sue ceneri gettate nel mar Egeo (ma chissà se erano veramente le sue quelle che, dopo la veloce cremazione, seguita alla morte improvvisa a Parigi, il 16 settembre 1977, vennero poi trafugate). Questi rivoli a volte poi trovano una casa, definitiva, per la memoria futura. È successo nel 2021 con la donazione alla Fenice della raccolta di Federico Cacitti: 200 monografie, 170 vinili, 68 faldoni con la certosina raccolta di oltre diecimila recensioni.
Giusto l’approdo nel Teatro veneziano, perché lì la Callas aveva cantato alla fine del 1947, debuttando il ruolo di Isotta, quando Wagner si cantava in italiano. La parte gliela aveva costruita prova dopo prova al pianoforte Tullio Serafin, il direttore che l’aveva lanciata nel primo passo in Italia, pochi mesi prima, all’Arena, protagonista della Gioconda di Ponchielli. Le lettere di impegno dalla Laguna le venivano spedite all’Albergo Accademia, a Verona: “Titta”, il futuro marito commendator Giovanni Battista Meneghini, la seguiva virtualmente per via epistolare. Il Maestro – gli scriveva lei, attenta alla cronaca – ogni tanto tentava qualche allungo di mano oltre la tastiera. Ma la ragazza era solida. Una sberla con quelle braccia da ventiquattrenne in carne che aveva allora avrebbe lasciato il segno.
Unica la figura di Maria Callas, nata a New York cento anni fa, il 2 dicembre 1923, e se mai qualcuno avesse avanzato dubbi sulla permanenza nel tempo di un oggetto tanto effimero quale è una voce, sarebbero bastati a fugarli gli innumerevoli tributi in memoriam, ovunque nel mondo. Il mito rimane. Si racconta ancora bene. Lei che aveva sangue e profilo greco, figlia di due emigrati negli Stati Uniti, Georgios Kalogeropoulos e Evangelia Dimitriadou. Genitori dai rapporti poco lineari con la figliola. Dopo il divorzio, lei adolescente prende lezioni di canto al conservatorio di Atene dalla maestra che sarà per la vita, Elvira de Hidalgo. Rimbalza senza successo a New York, ma facendo la cameriera incontra il talent scout Giovanni Zenatello, che la porta a Verona. La fertilità degli anni Cinquanta in Italia la contagia: dopo la Fenice (50mila lire a recita, pagata “la mattina dello spettacolo”), arrivano Firenze con il Maggio Musicale e la Scala. Qui saranno ben sei le aperture di stagione, mentore la bacchetta di Victor de Sabata. Mentre Luchino Visconti la consegna all’immortalità con Traviata. Lui le insegna il gesto scenico, Biki la modella con abiti di gran classe: diventa la più inseguita dai fotoreporter. È il 1955. Quattro anni dopo avverrà l’incontro con Onassis: la vediamo con lui, tra le 91 fotografie selezionate nell’archivio Publifoto di Banca Intesa, in mostra alle Gallerie d’Italia a Milano. Le immagini parlano. Anzi, cantano, e con infinite sfumature. Ma sarà la stessa Callas a voler consegnare quella – e solo quella relazione – al silenzio.