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 2023  dicembre 31 Domenica calendario

Il sondaggio di Pagnoncelli

Il 2023 è stato senza dubbio l’anno del governo Meloni. In carica dal 22 ottobre 2022, è stato un governo che ha segnato, almeno dal punto di vista della sua composizione, grandi novità. Il primo governo presieduto da una donna nella storia del nostro Paese, il primo governo con al centro una forza dichiaratamente di destra. E, soprattutto, come dichiarato dalla presidente Meloni nel discorso con cui ha chiesto la fiducia alla Camera, un governo che interrompe l’anomalia di undici anni di governi, per quanto legittimi, «drammaticamente distanti dalle indicazioni degli elettori». Insomma, un ritorno forte alla politica, e segnatamente alla stabilità. Un esecutivo destinato a durare cinque anni. Certo questo anno di governo non è stato senza difficoltà: guerre, inflazione, contrazione della crescita, innalzamento del debito e così via. E, dal punto di vista strettamente politico, una maggioranza che frequentemente ha evidenziato se non contrasti, almeno apprezzabili differenze su molti temi, rendendo meno palpabile la coesione necessaria alla stabilità.
Il giudizio sull’esecutivo
Lo scenario politico che conclude l’anno segna un’importante contrazione degli indicatori di valutazione dell’operato del governo e della presidente del Consiglio. Per il governo l’indice di apprezzamento scende dal 54 di un anno fa al 44 di oggi, per Giorgia Meloni cala dal 58 al 44, allineandosi perfettamente al dato dell’esecutivo. Questa contrazione vede le punte più elevate tra i ceti produttivi, tra chi lavora. Scendono infatti mediamente di quasi 20 punti gli indicatori della presidente del Consiglio tra ceti dirigenti, lavoratori autonomi, impiegati e insegnanti, operai. Che erano anche i ceti che più degli altri avevano allora espresso fiducia in lei. Tra questi stessi ceti scendono in misura importante anche le valutazioni del governo, ma con una maggiore variabilità e con una punta decisamente elevata tra i lavoratori autonomi dove il calo è poco più del doppio della media. E, coerentemente con questi dati, rientrano i giudizi sia nei segmenti alti (laureati) sia nelle condizioni economiche più disagiate. C’è una evidente delusione sia da parte di chi pensava ad un governo capace di tenere la barra sui temi economici, senza grandi deviazioni dalla linea del governo Draghi (ceti medio-alti e scolarizzati) e da parte di chi invece si aspettava interventi favorevoli e di protezione (ceti medio-bassi e lavoro autonomo). Infine, dal punto di vista della collocazione politica, i principali cali di valutazione si hanno tra coloro che non si collocano sull’asse sinistra/destra (dove sono maggiormente presenti ceti medio-bassi e astensionisti) e tra i centristi.
Le intenzioni di voto
Ma, ancora una volta, le ricadute sulle intenzioni di voto sono assai meno rilevanti. Se guardiamo i risultati delle elezioni politiche del settembre 2022, solo tre partiti segnano differenze apprezzabili, in un quadro dove indecisi e astensionisti rappresentano il 42,2 per cento dell’elettorato: Fratelli d’Italia che cresce di oltre tre punti dal 26% delle Politiche all’attuale 29,3%; il Movimento 5 Stelle che cresce di 1,8 punti passando dal 15,4% di allora al 17,2% di oggi; Forza Italia che decresce di 1,3 punti, dall’8,1% al 6,8%. Da aggiungere il Terzo polo che aveva ottenuto il 7,8% alle Politiche e che oggi, sommando – ammesso che sia lecito – i voti di Azione e Italia viva arriva al 6,7%. Insomma, nessuno scossone. Ma qualche segnale sì. Il primo è relativo alla compagine di destra-centro, con un riequilibrio a favore del partito di Giorgia Meloni. Il che significa che, nonostante i cali visti, è proprio il partito della presidente quello considerato più solido nell’alleanza. E infatti, se guardiamo i flussi, la crescita di FdI è determinata in larga misura da elettori di Lega e Forza Italia che transitano verso il partito di maggioranza relativa cui è da aggiungere un apprezzabile flusso proveniente dagli elettori del Terzo polo. E oggi FdI rimane un partito trasversale dal punto di vista della composizione sociale del proprio elettorato: sia nelle condizioni alte che medie ottiene risultati comparabili, cala nelle condizioni più basse dove però cresce nettamente la propensione all’astensionismo. Anche per le professioni si manifesta una simile trasversalità con il punto di caduta rappresentato dagli studenti, ma con la capacità di recuperare il classico elettorato berlusconiano (casalinghe innanzitutto e pensionati).
Le scelte dei diversi ceti
Nell’opposizione i flussi evidenziano variazioni ancora meno consistenti: la tenuta del Pd è determinata da una maggiore fedeltà dei propri elettori alle Politiche e da qualche recupero dagli alleati di allora (Alleanza verdi sinistra e +Europa). Il Pd è un partito che mantiene le classiche caratteristiche dell’elettorato di area: ceti medi e medio-alti, pensionati, con una forte presenza di sinistra, ed è primo tra i laureati e gli studenti.
Il Movimento 5 Stelle, che ha anch’esso, assieme a Pd e FdI, un elevato indice di fedeltà (tutti e tre i partiti si avvicinano al 90% di elettori alle Politiche che confermano oggi il proprio voto), vede derivare la propria crescita da una somma di piccoli flussi provenienti da diversi partiti. La composizione sociale del Movimento è piuttosto caratterizzata: un voto più giovanile, con una fortissima presenza tra chi non si colloca politicamente e tra le condizioni sociali basse. Qui la propensione al voto pentastellato è più che doppia rispetto alla media (oltre il 37%) sbaragliando tutti gli altri partiti. E non a caso i consensi più elevati si hanno tra operai (dove il Movimento si contende il primato con il partito della premier) e disoccupati e inattivi dove è il primo partito. Infine, dal punto di vista territoriale, nel Sud e nelle Isole (Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna) è il primo partito per consensi potenziali. Come si vede, Partito democratico e Movimento 5 Stelle hanno profili che si integrano e che potrebbero rappresentare un punto di forza nell’ipotesi, certo complessa, di una loro alleanza.
L’instabilità elettorale
Rimane infine da riflettere sul tema della volatilità elettorale. Lo abbiamo sperimentato abbondantemente nell’ultimo decennio, valgano per tutti gli esempi di tre leader: Renzi, Salvini e Meloni. Oggi, guardando alle principali formazioni, il rischio di «tradimenti» rimane consistente, basti pensare che quasi due elettori di un partito su tre (62,1%) stanno valutando di votare per un’altra forza politica. Oltre il 70% degli elettori della Lega tiene in considerazione almeno un altro partito, e lo fa poco meno di due terzi degli elettori di FdI, FI e Pd. Solo il Movimento 5 Stelle appare più granitico: qui meno della metà considera altre formazioni. Il gioco però è quasi tutto in casa: il centrodestra, infatti, tiene in considerazione prevalentemente i partiti che compongono la coalizione; gli elettori pd pensano alla sinistra, al Movimento 5 Stelle e a +Europa. I pochi pentastellati che guardano anche ad altri si rivolgono prevalentemente a Pd e sinistra.
Il bilancio
Riassumendo: l’esecutivo e la presidente segnalano difficoltà evidenti, con l’allontanamento, quando non la delusione, di una parte importante dell’elettorato, anche di quello più organico. Ma questo non provoca stravolgimenti nelle intenzioni di voto, anzi paradossalmente conduce a un rafforzamento del partito della presidente, quasi fosse l’unico ancoraggio della coalizione. E questo anche perché, come abbiamo recentemente sottolineato più volte, non si vede un’alternativa praticabile. Il Partito democratico recupera negli ultimi mesi, ma risulta semplicemente tenere il voto delle Politiche. Non è riuscito per ora l’allargamento dell’elettorato né il ridimensionamento del Movimento 5 Stelle con il recupero del voto di sinistra presente in questa formazione. Anzi, il Movimento recupera voti e si evidenzia manifestamente come la formazione degli «esclusi»: ceti bassi e in difficoltà. È quindi probabile che difficilmente a breve l’esecutivo sarà insidiato. Ma la campagna elettorale (l’eterna campagna elettorale italiana) è in pieno svolgimento. Vedremo cosa succederà, benché sia difficile al momento prevedere grandi sconvolgimenti.