Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  dicembre 30 Sabato calendario

Si lavora meno

uanto si lavora nel mondo? La visual data conferma la tendenza generale (salvo rari casi) verso una costante diminuzione nei trenta Paesi presi in esame. Più marcata in alcuni (Cile, Ungheria, Irlanda, Giappone, Islanda e Germania), dove raggiunge il 15%, ma sempre significativa in altri. Diminuiscono le ore di lavoro (ma non la produzione) per effetto di tecnologie sempre più perfezionate e di conquiste sindacali. Dati che fanno supporre un miglioramento della qualità della vita e un aumento del tempo libero a disposizione per la famiglia e lo svago.
Tutto bene, dunque? Che si stia realizzando il ben noto principio «lavorare meno, lavorare tutti»? Qualche riserva è naturale averla, poiché credere di lavorare meno grazie alla tecnologia è pura illusione.
È interessante osservare che i Paesi dove il tempo di lavoro in assoluto è minore, quelli in cui si avvicina maggiormente all’indicatore mediano di 1.300 ore annue (con l’eccezione degli Stati Uniti), sono anche i più ricchi. Germania soprattutto.
Dunque il tempo di lavoro è inversamente proporzionale alla ricchezza e al benessere? Sembra una contraddizione. Eppure secondo Domenico De Masi, che vi ha dedicato una delle sue analisi più corpose (Il lavoro nel XXI secolo, Einaudi), «lavorando il 20% meno di un italiano, un tedesco produce il 20% in più». Molte imprese – come Luxottica e Intesa Sanpaolo – si avviano a ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni, lasciando inalterato lo stipendio.
Una contraddizione risolta constatando che l’aumento del tempo libero non significa necessariamente meno lavoro. Anzi, si può produrre ricchezza anche al di fuori delle ore canoniche in cui si timbra il cartellino. Perché il lavoro si è insinuato così diffusamente nel tempo libero da cancellare ogni distinzione tra l’uno e l’altro, contraddicendo ogni previsione allarmistica che paventava un futuro dedito all’ozio.
In realtà il lavoro, materiale o immateriale, è aumentato per fare fronte alle crescenti esigenze individuali. Non ce ne accorgiamo, ma lavoriamo più dei nostri progenitori. Senza altrettanta soddisfazione.