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 2023  dicembre 30 Sabato calendario

Le donne dei papi

Qualche spunto di riflessione sui danni del nepotismo (e del cognatismo) romano si trova anche nella storia, che non è più maestra di vita e forse non lo è mai stata. Maria Antonietta Visceglia, autorevole studiosa della politica e dei suoi cerimoniali, solleva il sipario nel volume Le donne dei papi in età moderna (Viella), partendo da Lucrezia Borgia, figlia di Alessandro VI, e chiudendo con la cognata di Innocenzo X, Olimpia Maidalchini. Da fine Quattrocento alla metà del Seicento, i Papi si lasciano affiancare, dando loro rilievo, da sorelle, figlie, nipoti, nuore e cognate, insomma un altro modo di declinare la mai abbandonata pratica del nepotismo.
Il palcoscenico principale di queste vicende è la corte pontificia, luogo di incontro e talvolta di scontro con vicinanze che nascevano dalla condivisione dell’esperienza religiosa e della vita quotidiana, da iniziative culturali e momenti di svago (danza e caccia, soprattutto). Diversamente da quello che succedeva per le dinastie territoriali, la famiglia pontificia godeva solo per un breve periodo di lustro e di potere che dovevano essere gestiti in modo tale da non renderli effimeri. E le donne rappresentano merce di scambio e di consolidamento del potere grazie ai matrimoni con trattative complicate, vista la posta in palio. Durante l’età moderna, Roma e la corte pontificia furono quindi osservatorio privilegiato dei nuovi equilibri geopolitici.
Nella irripetibilità delle singole vicende individuali, si possono scorgere delle continuità (tra l’altro, un certo dinamismo in campo economico) e dei cambiamenti. Talvolta, alcune di queste signore di curia agivano come personaggi pubblici, suscitando invidie e odi, mentre altre, apparentemente in ombra, muovevano lo stesso le fila.

La più famosa è Lucrezia Borgia, i cui tre matrimoni, frutto della spregiudicata politica del padre, raffigurano il mutare degli obiettivi in un quadro di grande instabilità dato dalle guerre d’Italia. Se, prima dell’elevazione al soglio pontificio, si ipotizzava di concedere Lucrezia per rafforzare il potere nell’area di Valencia, dopo i piani cambiarono e la fanciulla sposò (e ripudiò) Giovanni Sforza, signore di Pesaro, poi Alfonso d’Aragona, per approdare infine a Ferrara, da Alfonso d’Este. Il volteggiare di Lucrezia tra i mariti scelti e concordati foraggiò l’immagine negativa costruita propagandisticamente dai nemici divenuti tali dopo essere stati sedotti e abbandonati, mentre la raffigurazione positiva, che pure esiste, è ancora poco diffusa. Carteggi e azione politica rivelano l’autonomia di Lucrezia, potente consigliera del padre, il suo mecenatismo culturale, il suo incontrastato ruolo pubblico, e un’ultima fase di profonda devozione religiosa.
Meno nota è Felice della Rovere, figlia di Giulio II, successore di Alessandro VI. Coetanea di Lucrezia Borgia, Felice, moglie del signore di Bracciano, Gian Giordano Orsini, si mosse in maniera più discreta, riuscendo però a infastidire suo padre, Giulio II, che rispose a un progetto di alleanza matrimoniale, proposto dalla figlia, invitandola a dedicarsi al cucito.
Moltissime sono le donne di cui Visceglia ricostruisce le vicende, muovendosi tra le trame e le ambizioni economiche e politiche dei casati italiani, portando alla luce anche documentazione finora ignorata. Diverse furono le donne di Paolo III Farnese, scelto per la sua età avanzata e per la salute malconcia e destinato a sorprendere con il suo lungo pontificato. Per scovare il matrimonio più redditizio per la nipote Vittoria Farnese impegnò le cancellerie per ben 13 anni, con candidati dalla Francia fino al ducato d’Urbino, dove giunse in sposa a Guidobaldo. Vittoria lasciò un epistolario enorme ed esercitò il suo patronage in vari ambiti, concedendosi «esuberanza nelle espressioni affettive» nella corrispondenza privata.

Le donne dei Papi servivano per avviare o per cementare relazioni attraverso i matrimoni che erano così importanti da essere pianificati sin quando i promessi erano bambini come Anna Borromeo, nipote di papa Pio IV e sorella di Carlo, che aveva 10 anni e Fabrizio Colonna solo 5. Un caso in cui il fervore religioso e la vocazione della donna furono sottomessi alla ragion di famiglia, condizione che Anna avvertì come una lacerante sofferenza per tutta la vita. Più semplice sarebbe dovuto essere «piazzare» Costanza di Santa Fiora, dal momento che in lei scorreva il sangue di due Papi. Era la discendente di Paolo III e di Giulio III e per questo diventò l’ambita sposa del figlio di Gregorio XIII, Jacopo Boncompagni. Costanza onorò l’impegno e l’investimento della sua famiglia, anche sul versante religioso: il cugino, il gesuita Roberto de’ Nobili, missionario in India, le chiese l’invio di qualche reliquia con cui avrebbe potuto favorire le conversioni.
Chiude il percorso la scandalosa Olimpia Pamphilj Maidalchini, cognata di Innocenzo X, il cui pontificato è caratterizzato dal progressivo declino politico di Roma rispetto alle potenze europee. La volitiva Olimpia prestò il fianco alle critiche: mondana ed esibizionista, sembrava incarnare tutti i difetti del peggior governo e per questo si levarono alte le indignate proteste. Il suo ritratto circolò in tutta Europa con accenti caricaturali cuciti ad arte dai nemici. Olimpia, a differenza di altre, ha lasciato poco di sua mano e questo ha favorito il consolidarsi dell’immagine negativa. Fu però artefice di notevoli imprese, come quella di ridisegnare piazza Navona, dove nel 1651 il Papa-cognato inaugurò la fontana dei fiumi, nonostante il popolo romano avesse già da tempo chiarito la sua posizione: «Noi volemo altro che guglie e fontane, pane volemo, pane, pane, pane». Olimpia morì di peste nel 1657 e il suo corpo fu lasciato senza sepoltura così come era successo a quello del cognato Papa.
Spente le deformanti luci della ribalta, Visceglia osserva la scarsa attenzione al ruolo di queste donne, che venivano catapultate in realtà lontane con il compito di conquistare credito e privilegi per la famiglia d’origine e di farsi portavoce, presso il Pontefice, di richieste di benefici, di porpore e di incarichi da parte di quella dello sposo. Le contrastanti rappresentazioni risentono della valutazione complessiva del pontificato: condannato Alessandro VI, ne esce denigrata Lucrezia Borgia; esaltato Sisto V, elogiata sua sorella Camilla Peretti, abile immobiliarista e ideatrice di imponenti interventi architettonici.
Su molti di questi profili aleggia il fantasma della papessa Giovanna, che appariva nei momenti di crisi. Il nepotismo non si eclissò, ma si trovarono forme più convenienti allo spirito del tempo.