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 2023  dicembre 28 Giovedì calendario

A Roma per un’ambulanza ci vogliono tre ore

ROMA – Caduta sulle scale della linea A della metropolitana, nella stazione Anagnina, una donna è rimasta ferita a terra tre ore prima di ricevere i soccorsi: l’ambulanza chiamata alle 15 è arrivata alle 18.10. E non è un caso isolato a Roma. Due settimane fa un anziano turista milanese, scivolato sulla scala mobile alla stazione Termini, ha dovuto attendere ugualmente tre ore l’arrivo del mezzo di soccorso. E una dottoressa di 40 anni, all’ottavo mese di gravidanza, dopo aver accusato problemi cardiaci, è stata costretta a farsi accompagnare in ospedale dalla madre non essendo disponibili ambulanze.
Il sistema dell’emergenza nella capitale è in grande affanno. Con l’aumento dei casi di Covid e di influenza, i pronto soccorso romani sono presi d’assalto. Mancano posti letto e le ambulanze del 118 restano bloccate fuori dagli ospedali anche per dodici ore. Con il risultato che a occuparsi delle emergenze restano circa la metà dei mezzi a disposizione e i ritardi si accumulano. Una situazione fonte di enormi disagi e soprattutto di grandi rischi. Ieri le ambulanze ferme fuori dai pronto soccorso di Roma erano 64. Quasi la metà di quelle a disposizione dell’Ares 118, l’azienda che si occupa dell’emergenza sanitaria, che conta su circa 150 mezzi nelle ore diurne e su circa 100 in quelle notturne.
«Ormai ci diamo il cambio turno nei piazzali degli ospedali. Mancano posti letto e anche per 12 ore non è possibile spostare i pazienti dalla barella dell’ambulanza a quella del pronto soccorso», assicura un medico della stessa Ares. Blocchi importantidel resto sono confermati dalla stessa azienda, specificando che c’è ormai una media di 55 ambulanze bloccate contemporaneamente, con inevitabili ripercussioni sul servizio. Inutili anche le dieci ambulanze in più messe in campo dalla scorsa settimana.
Tra il personale dell’emergenza c’è grande apprensione. Il coordinatore delle Rappresentanze sindacali unitarie, Andrea Perniè, ha scritto alla manager Maria Paola Corradi: «Siamo esposti a rischi sempre maggiori di aggressioni per le lunghe attese che l’utenza ha nel ricevere il mezzo di soccorso richiesto». Ancora: «I carichi di lavoro sono divenuti insostenibili».
Più dura la Usb, sottolineando che il 27 dicembre scorso c’erano «in coda», dunque in attesa di essere effettuati, ben 101 interventi: «Abbiamo formalmente richiesto alla direzione aziendale la rimozione immediata della direttrice della centrale operativa di Roma. Da due anni segnaliamo procedure che rallentano ulteriormente il già complesso sistema di emergenza».
Una situazione pericolosa, complessa, e, allo stesso tempo, un brutto biglietto da visita per la capitale. Non sembra tra l’altro funzionare la cura scelta dal presidente della Regione, il meloniano Francesco Rocca, che, per decongestionare i pronto soccorso, a maggio ha acquistato 350 posti letto dai privati, investendo 23 milioni di euro, la metà dei quali diretti alle strutture del deputato leghista Antonio Angelucci. Andato a fuoco l’ospedale di Tivoli, dove la notte dell’Immacolata hanno perso la vita tre pa zienti, il governatore Rocca ha inoltre acquistato ulteriori 178 posti letto dai privati, con una spesa di oltre 10 milioni, sempre per decongestionare i pronto soccorso. Ma ieri sera a Roma erano ben 470 i pazienti nelle strutture di emergenza in attesa da oltre un giorno di un posto letto. E la situazione più pesante era proprio quella degli ospedali che, con il nuovo investimento fatto dalla Regione Lazio, dovevano essere alleggerite. Al Pertini, preso d’assalto dopo la chiusura dell’ospedale di Tivoli, c’erano 132 pazienti, 88 in attesa di un posto letto e 77 da più di 24 ore. Centoventi i malati al pronto soccorso del Sant’Andrea, 48 in attesa di un posto letto da più di un giorno. E 164 i pazienti all’Umberto I, 34 in attesa sempre da più di un giorno di essere ricoverati in reparto.
Con l’acquisto dei primi posti letto dai privati, Rocca disse che quell’investimento avrebbe consentito di «strappare l’infame maglia nera dei tempi di attesa nei nostri ospedali». Non sta andando così. E, arrivato il freddo, nella capitale d’Italia sta diventando prassi attendere molte ore un’ambulanza.