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 2023  dicembre 27 Mercoledì calendario

In fuga dalla tv


Ormai è una guerra di decimali. E non basta l’aria del Natale a mutare lo scenario: i numeri mese dopo mese, programma dopo programma, raccontano un lento declino della Tv generalista. Non c’è canale televisivo – a parte lo 0,2 % in più di Italia 1 – nell’intera giornata (autunno-inverno anno su anno) con il simbolo più davanti: tutti meno, segno che format, proposte, programmi e intrattenimento non scaldano più gli spettatori come un tempo.La platea televisiva si trasforma, cambiano i gusti e la fruizione. E così inesorabilmente evapora il pubblico, eccezion fatta per i grandi appuntamenti, soprattutto quelli sportivi (se sono in chiaro naturalmente) o dinanzi a programmi-evento condotti da artisti riconoscibili come Fiorello, Amadeus, Fazio solo per citarne alcuni e avvenimenti come il tennis (Atp Finals e Davis) con Yannick Sinner. Nel day time va un po’ meglio ma in prima serata si sconta la frenata. Come a dire, «c’è molto da rivedere nei palinsesti» – a parte la fiction che fidelizza davanti allo schermo milioni di spettatori – fanno notare i cultori e gli esperti di dati, share e composizione della platea televisiva. Sia sul fronte della Rai che in prima serata nel «consolidato» anno su anno perde lo 0,2% e addirittura il 2,7% nell’ultimo trimestre, sia anche su quello di Mediaset che però a differenza della tv pubblica limita i danni nell’ultimo trimestre con uno + 0,2% e anno su anno conserva il segno positivo. Insomma, nonostante viale Mazzini e Cologno si contendano ancore la fetta più grande del pubblico, anche le due ammiraglie mostrano segni delle loro debolezze.Del resto, nota Giancarlo Leone, presidente dell’Osservatorio italiano audiovisivo – «la tendenza non è nuova. E oggi a fare la differenza sono solo conduttori e brand». Insomma, se scappano loro, brand e format vincenti allora sono guai. Anche perché non va certo meglio nell’informazione: infatti, se la carta piange, la Tv non ride. A partire dai Tg Rai: il telegiornale del primo canale, ad esempio, il Tg1 dal 1 settembre al 12 dicembre di quest’anno ha lasciato sul campo quasi un punto e mezzo di share (–1,46%) passando da 4 milioni 752 mila spettatori nell’edizione delle 20 a 4 milioni 453 mila, e così con il segno meno anche il Tg2 (– 0,34%) e il Tg3 con un punto percentuale. Al Tg5 non va meglio (anche se meno peggio del Tg1 ma comunque 2 punti e mezzo sotto il telegiornale della tv pubblica). Si salva solo il Tg diretto e condotto da Enrico Mentana che anno su anno passa dal 5,3% del 2022 al 6,7% di quest’anno. Certamente, riprende, Giancarlo Leone, «quello cui si assiste in questa fase è la vittoria delle reti fortemente caratterizzate, identitarie», come proprio La7 e Rete4 ma anche il Nove con l’innesto di Fabio Fazio e con tutto il suo brand di Che tempo che fa. Ma detto ciò, non è oro quel che luccica perché anche in casa La7, anno su anno, gli incrementi di share ipotizzati (e anche individuati a inizio stagione) non si sono poi concretizzati. Il dato finale è dello 0,0%, nonostante un incremento dello 0,4% negli ultimi tre mesi (autunno-inverno) con alcuni programmi di peso per il palinsesto, però, che iniziano a lasciarsi indietro qualche decimale di troppo: perfino, Di Martedì (0, 3%), Piazza Pulita (– 0,7%), Propaganda Live (–0,1%) e In onda (– 2,2%). A tenere ordine nello share di La7 ci pensano due programmi: In altre parole (+ 2,4%) e Una giornata particolare (+1,8%), ma l’assenza di quel 5% circa che arrivava da L’Arena di Massimo Giletti si fa certamente sentire nel conto degli ascolti annuali.Dunque, si chiude un anno non esaltante per la tv generalista, sia pubblica che privata. Sia sul fronte delle idee produttive che su quello degli ascolti: molti programmi nuovi presentati (soprattutto) dalla Rai sono stati bocciati dal pubblico, alcune produzione sono state tagliate (come il Mercante in Fiera condotto da Pino Insegno o Fake Show condotto da Max Giusti) e molte altre hanno mostrato limiti come nel caso del programma di approfondimento Avanti Popolo condotto da Nunzia De Girolamo su Rai3 che se da un lato non ha convinto il pubblico dall’altro non ha nemmeno contribuito a ridisegnare lo scenario editoriale di una rete che a guardarla dal fronte della destra è apparsa da sempre come il «fortino della sinistra». Insomma, se prima Rai3 almeno un pubblico per fare target lo aveva ora non ha più né quello di sinistra né quello di destra. E, infatti, anno su anno perde l’1,9% di share passando dal 7,7% al 5,8%. Per fortuna, ironizzano a Viale Mazzini, «abbiamo ancora Chi l’ha visto!» ma soprattutto (magra consolazione) «abbiamo nell’armadio le repliche del commissario Montalbano: 19-20% di share a ogni passaggio». E così, a tenere a galla la tv lineare, soprattutto quella pubblica, restano la fiction, lo sport (record di ascolti quest’anno per Sinner e la partita di calcio Italia-Inghilterra) e le repliche di film viste e riviste ma sempre evergreen. A cominciare da Pretty woman che come per il vino d’annata più invecchia e più è ricercato. Attenzione, però, a decretare la fine delle generaliste avverte l’ex direttore generale della Rai, Agostino Saccà perché «sulle reti lineari ogni sera ci sono sempre almeno 15 milioni di spettatori nonostante la concorrenza delle grandi piattaforme on demand. Il dato è che la tv generalista resiste perché è identitaria e questo elemento non potrà essere scalfito dall’offerta internazionale».