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 2023  dicembre 27 Mercoledì calendario

Il Palatino fu il primo monte di Roma e Ottaviano Augusto vi fece il suo palazzo-santuario. Ecco com’era sviluppato


L’archeologia da me prediletta si rivolge ai monumenti con giardini e arredi intesi nei paesaggi. Il monumento per eccellenza è – a mio avviso – il palazzo di Ottaviano Augusto sul Palatino. La nostra scuola a La Sapienza lo studia da diciassette anni e il 13 dicembre scorso Paolo Carafa ha portato la ricerca a conclusione con una relazione, tenuta da Mattia Ippoliti ad un convegno organizzato dal Parco del Colosseo, che ha riguardato il fronte del palazzo sul clivo del Palatino.
Il Palatino fu il primo monte di Roma e il primo principe mai se ne allontanò. Nacque all’angolo nord-est; visse in quello nord-ovest; si stabilì il quello sud-ovest. Su quest’ultimo s’inerpicava, partendo dal Circo Massimo, una strada che attraversava la porta Romana – finora ignota ma recentemente identificata da Ippoliti – e che culminava in scale dette di Cacus. Era guardata da due «mostri» primordiali che avevano ai suoi lati i loro antri: a ovest quello di Cacus sputafuoco e a est quello chiamato Lupercal di Faunus lupo e capro. Nell’area davanti a quest’antro Remo e Romolo erano stati esposti, salvati e nutriti da un picchio (Picus) e da una lupa (Fauna).
In cima alle scale di Caco, a ovest, era il culto di Pales – dea di un capodanno datato 21 aprile —, l’area della sua festa (Palilia) e la capanna di Romolo con l’altare dove Roma fu fondata nei Palilia di un anno intorno al 775-750 a.C. Il luogo accoglieva dunque i più antichi numi: Cacus e Mars con Picus, Faunus, Latinus e Romulus) ed è per radicarsi in esso che Augusto governò l’impero dal palazzo lì edificato, rifondandovi l’Urbs. In cima alle scale di Cacus, a est, erano invece abitazioni costeggianti sul retro il ciglio del Palatino, dove sorgerà il palazzo e dove fino a Claudio passava il limite dell’ Urbs benedetta da Giove.
Prima del palazzo Ottaviano ebbe, sempre in quell’angolo, una lussuosissima dimora. Nel 42 a.C. si era impossessato della casa del figlio dell’oratore Ortensio morto a Filippi e presto ottenne altre due case vicine. Su loro retro correva il pomerium che limitava la città «benedetta» lungo una strada che correva a mezza costa. La casa più vicina aveva il pregio di dominare il Lupercal, rivestito fin d’allora da una struttura contenente una rampa che dalla strada a mezza costa scendeva al Circo. Il triumviro trasformò le tre case in una sola e vasta dimora (otto mila metri quadrati). Pareva una villa trapiantata in città.
Era incentrata su un atrium e un quadriportico o peristylium eretti al centro del complesso e di primo accoglimento. A essi si affiancavano: a ovest un quartiere privato intorno al peristilio già di Ortensio e a est un quartiere per ricevimenti intorno a un peristilio simmetrico. Si articolavano in almeno due piani: un seminterrato per l’estate, a livello dei due peristili, e un piano terreno per l’inverno, a livello dell’atrio. L’insieme stupiva: per la scenografica facciata volta al Lupercal, per l’atrio in asse con esso e per una significativa prominenza al centro. Questa sosteneva il peristilio centrale, interrompeva la strada a mezza costa (preservando tuttavia la rampa) e dava un fronte nuovo al Lupercal con una porta monumentale che immetteva nelle sacre grotte: nel timpano spiccavano la lupa con i gemelli dominati da un’aquila tra due vittorie (la fonte è una lucerna adrianea). Ottaviano decorò anche le sacre grotte, trasformando l’antro della fonte in un tondo ninfeo, scoperto nel ’500 e ritrovato da un carotaggio dalla Soprintendenza che ne ha fotografato il rustico mosaico con aquila bianca nella cupola. Similmente deve aver restaurato anche la grotta principale di Fauno, che accoglieva le immagini della lupa con i gemelli e forse anche di Fauno e Latino (come da un graffito del IV secolo a.C.). Ma questa grotta principale, che diverse fonti descrivono, è ancora da rinvenire. Costituirebbe la scoperta del secolo!
Nel 36 a.C. avvenne un colpo di scena. Cadde un fulmine sull’atrio, interpretato abilmente dagli aruspici come la volontà di Apollo di avere un culto in quel punto. Subito Ottaviano demolì la dimora, anche troppo lussuosa – mirava a distinguersi da Antonio… – e al di sopra costruì un enorme santuario (ventimila metri quadrati) contenente due sobrie abitazioni: era il santuario-palazzo da cui governerà il mondo. Lo incentrò su di un arco dedicato al padre e su un tempio di Apollo – suo padre leggendario – edificato sull’atrio distrutto, nuovamente in asse con il Lupercal. Ai lati del tempio eresse due abitazioni, privata e pubblica, di dimensioni ragionevoli e connesse ai culti troiani dei Penati e di Vesta (si riteneva un discendente di Enea). Davanti al tempio e alle abitazioni era una piazza porticata dove fu eretto un altare al dio – dove era caduto il fulmine – e accanto un osservatorio dei fenomeni celesti, l’Auguratorium. Nel 29 a.C. il complesso era quasi completato: il tempio fu inaugurato nel 28. Oltre e sotto la piazza era la radura del Lupercal che Dionigi di Alicarnasso descrive.
Una generazione dopo la piazza fu raddoppiata addossando al fronte – qui si sono svolti gli scavi – una sostruzione onde disporre sopra di un portico quadrato: la Roma quadrata di Augusto, microcosmo che richiamava la Roma anch’essa quadrata di Romolo estesa a tutto il monte. Tra le colonne ioniche del portico erano le erme delle Danaidi affrontate dai figli di Egitto e dove l’asse del complesso s’incontrava con il pomerium fu eretto un altro altare – replica di quello romuleo – sul quale Augusto rifondò l’ Urbs. Più a sud, ormai fuori dal pomerium, erano la pensile silva Apollinis e la balconata rivolta al Circo. Alla base e al centro della sostruzione si aprivano l’ingresso e l’androne al fondo del quale spiccava la porta che immetteva nelle grotte-ninfei sacri a Fauno. Ai lati dell’androne erano, su quattro piani, gli uffici e l’archivio (tabularium) del principe, dove fu accolta la prima burocrazia dell’Occidente.
Il palazzo-santuario aveva incluso i culti ai numi che avrebbero generato il primo re e il primo principe: Marte (già padre di Pico, Fauno, Latino) che avrebbe fecondato Rea Silvia madre di Romolo e Apollo che avrebbe fecondato Azia madre di Augusto (leggenda raffigurata sul vaso Portland). Il nome Augustus alludeva a Romulus, nome che il principe aveva rifiutato per accogliere la sostanza del primo re: il potere indiviso e a vita. Augusto e Romolo (con alle spalle Latino, Fauno, Pico e Marte) hanno prodotto un epocale cortocircuito che ha messo tra parentesi la Roma tra i Tarquini e la repubblica e ha dato vita al principato. La capanna di Romolo con l’ara della fondazione della Roma fu da Augusto rispecchiata nel palazzo-santuario con l’ara della rifondazione della città. Così il futuro della Roma di Augusto – durato cinque secoli – si basò sul passato della Roma di Romolo – durato sette secoli e mezzo... È qualcosa di assolutamente strabiliante, da non rimpiangere ma da non dimenticare, su cui insiste il nostro Occidente.