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 2023  dicembre 27 Mercoledì calendario

Rino Barillari: “Quando Mastroianni mi disse: o te ne vai tu oppure me ne vado io”

«Finché il cervello mi funzionerà, continuerò a andare a caccia. Soprattutto di notte: è quello il momento che preferisco». A quasi ottant’anni Rino Barillari, “the king of paparazzi”, non si ferma. La sua fama attraversa l’Atlantico: per anni ha dato il tormento alle più famose stelle di Hollywood, bersaglio della sua macchina fotografica sempre pronta a “rubare” attimi di vita, quella vera, fuori dai set. Fatta di amori, baruffe, gelosie, persino cazzotti – parecchi quelli presi dalle star inferocite – per regalarci scatti preziosi, la storia illustrata di un’epoca che fu, e di quella che sarà.
Per il festival di Capri, la Certosa di san Giacomo ospiterà Il mio Mastroianni, mostra di scatti di Barillari dedicati al grande attore nel centenario della sua nascita. «Era un uomo bellissimo, con un carisma eccezionale. Parlava lento, con una cadenza suadente, sembrava un professore» ricorda il fotografo. «Dopo le prime foto scattate di nascosto, col tempo siamo diventati amici. Non si è mai arrabbiato con me, se aveva qualcosa da rimproverarmi lo faceva con ironia, come quella volta che tentai di fotografarlo mentre ballava stretto stretto con Zeudi Araya in un locale di viaVeneto. Venne da me e mi disse schietto: “A Ni’, o te o io”, e me ne andai subito lasciandoli in pace».
In mostra ci sarà il Mastroianni divo che sorride con la Loren, nelle foto di scena di film come Fantasmi a Roma di Antonio Pietrangeli oGinger e Fred di Fellini. E il Mastroianni padre che accompagna la figlia adolescente a fare shopping nel centro di Roma, o quello che pesca accoccolato sulle rive del Tevere. «Mi diceva sempre di cambiare mestiere, ma io continuavo a fotografarlo. Per un po’ è stato difficile vendere le sue foto, ci siamo accorti tardi che si trattava di un grande personaggio».
Quando parla di sé Barillari invece si descrive come un semplice paparazzo, «l’arte non c’entra», dice. Eppure le sue immagini fanno emozionare, sono rutilanti di vita, costruiscono e raccontano storie. «Sarà perché lavoro sempre con il cuore, cervello e cuore, una cosa che oggi manca: stanno tutti col telefonino in mano, a scattare ogni secondo. Così bruciano tutto, dissolvono le sensazioni, non creano ricordi. Sembra tutto più sintetico». Certo lui è ancora in pista, con le sue foto nei libri e in mostra, per imparare come si fa.—