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 2023  dicembre 27 Mercoledì calendario

Intervista ad Andrea Delogu


Lei sostiene di essere irrimediabilmente «irrequieta». Il suo curriculum vitae lo conferma. Solo nell’ultimo anno Andrea Delogu è riuscita a dividersi tra l’impegno in radio («il mio punto fermo»), la conduzione sanremese di Prima Festival, quella estiva di Tim Summer Hits, un fumetto (in arrivo nel 2024) e il suo primo spettacolo da monologhista: “40 e sto”. Una pièce che è passata da 20 a 70 tappe, con l’aggiunta di due extra date a gennaio (il 30, a Milano) e a febbraio (a Roma). «Ora voglio solo passare tutte le feste a mangiare e dormire», scherza Delogu.
È stato un anno intenso. Soddisfatta?
«Sì, abbastanza».
Come «abbastanza»?
«Mi spaventa pensare di aver raggiunto un obiettivo, perché poi ho paura di non avere altro da desiderare. Quindi dico “abbastanza” solo per rassicurare me stessa che c’è ancora molto altro da scoprire. Comunque, sì: sono molto felice di dove sono arrivata. “40 e sto” è stato un successo e, più in generale, sento di aver maturato una conoscenza maggiore di me stessa: so un pochino di più chi sono».
Che bambina era Andrea da piccola e che donna è diventata?
«Ero una bimba molto inquieta e questo non è cambiato: lo sono ancora. Inoltre mi fidavo molto delle persone: a San Patrignano eravamo una grande famiglia. Questa fiducia nel prossimo e nel mondo mi è rimasta addosso: crescendo non l’ho persa, al massimo si è allentata un filino. Poi, come tutti, anch’io ho i miei momenti bui, dove piango nella doccia ascoltando Max Pezzali, ma mi aggrappo sempre all’idea che dopo si sta meglio».
La sua infanzia non è stata facile: è vero che il dolore o ci incattivisce o ci rende migliori?
«Assolutamente. Io vado in analisi da dieci anni e mi sono resa conto che se impari dalla sofferenza, le cose cambiano. Quando invece non riesci a guardare in faccia il dolore, e lo nascondi, allora marcisce… Ma marcisce dentro di te. Non è facile guardarsi dentro: a volte è persino più doloroso della ferita stessa. Tuttavia è un grande regalo vedere le cicatrici rimarginarsi».
Bisognerebbe “statalizzare” il sostegno psicologico?
«Se tutti potessero fare un percorso, cambierebbe il mondo. Purtroppo i costi restano alti, il bonus copre solo poche sedute, e non tutti possono permettersi la terapia. Io stessa all’inizio non potevo farla e per questo feci teatro: era la cosa più vicina all’analisi e mi ha letteralmente salvata».
Proprio a teatro ha sublimato la sua ansia di diventare 40enne, con «40 e sto». L’età è solo un numero?
«Sì. In passato forse era diverso, c’era uno scarto, ma oggi è come se fossimo più liberi di sentirci noi stessi, a prescindere dall’età».
Più liberi o più immaturi?
«Bisogna capire cosa vuol dire essere immaturi: significa stare bene con se stessi? Non avere perso la voglia di divertirsi? Spesso chi taccia gli altri di immaturità sono delle persone un po’ spente».
Come Elodie, lei vive con molta libertà la sua femminilità e non lesina pose sexy sui social. Mostrare il corpo è una rivendicazione di libertà o alimenta di fatto l’immaginario della donna oggetto?
«Qui bisogna mettersi d’accordo. Se una donna si spoglia perché glielo chiedono gli autori di uno show, di un film o di una pubblicità che interpreta, nessuno fa una piega. Se invece si spoglia perché lo decide lei, allora presta il fianco al patriarcato. Questa cosa non ha senso: decidetevi».
Il corpo delle donne – violato, posseduto, negato – è ancora al centro del dibattito sociale. Cosa deve insegnarci la morte di Giulia?
«In realtà tutti i femminicidi avrebbero dovuto insegnarci qualcosa, già da tempo. Ora mi auguro che si arrivi davvero a una svolta. La grande lezione che dovremmo trarne è l’importanza di insegnare l’empatia ai ragazzi, sia a scuola che in famiglia».
La voce degli uomini dovrebbe essere più forte?
«Qualcosa si muove, per fortuna. Tra l’altro io ho un fratello di 16 anni e lui mi fa davvero ben sperare nelle nuove generazioni: è un ragazzo diverso da come potevamo esserlo io e i miei amici alla sua età. Sa ascoltare, è empatico, maturo. Questo mi rende ottimista».
Ha anche un compagno molto giovane: 25 anni. Possibile che non senta la differenza d’età?
«Zero. Davvero. E all’inizio è stato uno shock anche per me, ho quasi pensato di non essere adulta io. In realtà abbiamo tante cose che ci uniscono: anche lui ha un passato non facile e una grande sensibilità. Inoltre stravede per gli anni 80!».
Questo legame è arrivato dopo la fine del matrimonio con Francesco Montanari. Che ne pensa di questa moda di serializzare le crisi coniugali, trasformandole in docu?
«Da spettatrice mi piacciono da morire: le ho viste tutte e spero ne facciamo altre. Quanto a me, è chiaro che se sei un personaggio pubblico non puoi raccontare solo il bello della tua vita. Sia io che Francesco eravamo molto esposti sui social ma, per fortuna, la notizia della nostra rottura è uscita quando un pezzettino di cuore si era già messo a posto. Diversamente, non so se avrei retto la sofferenza e in più anche il racconto popolare».
Sui social non parla mai di politica: perché?
«Da ragazzina ero molto più impegnata: mi esponevo, dibattevo. Alla fine però ci stavo solo malissimo (anche fisicamente! ). Quindi ho mollato: non vale la pena perdere la serenità per urlare contro un muro».
Però sul suo cellulare ha il santino di Mattarella…
«È una persona straordinaria, con un grande aplomb e una cultura smisurata. Lo ammiro molto».
Il 2024 è alle porte. Se potesse domandare, e ottenere, qualsiasi cosa alle stelle, cosa chiederebbe in salute, amore e lavoro?
«Vorrei avere sempre e per sempre la salute. E mai più pandemie, grazie. Sul lavoro, chiederei di poter continuare a dare vita a delle idee: negli anni passati ho sempre accettato proposte altrui, solo di recente sto scommettendo su progetti tutti miei. Quanto all’amore, vorrei il “per sempre” anche se sappiamo tutti che non esiste…». —