La Stampa, 27 dicembre 2023
Sulla Costituzione
Il “miracolo dei nemici” si compie alle cinque della sera del 27 dicembre 1947: in un’austera sala di palazzo Giustiniani – davanti alle cineprese della Settimana Incom – il Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola imbeve la penna nel calamaio e firma per primo la Carta Costituzionale, che subito dopo viene controfirmata dal Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dal Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini. Certo, è universalmente noto che la Costituzione fu scritta e sottoscritta da partiti diversissimi: De Nicola è liberale, De Gasperi è democristiano e Terracini è comunista. E tuttavia – anche durante il settantaseiesimo anniversario del varo della Costituzione – si è dimenticato un dettaglio decisivo: sette mesi prima di quella firma, il Pci di Palmiro Togliatti e di Umberto Terracini e il Partito socialista di Pietro Nenni erano stati estromessi da De Gasperi dall’esecutivo tripartito che aveva contribuito a rimettere in piedi il Paese.
E tuttavia Togliatti e Nenni, anziché inoltrarsi in una ritorsione, avevano preso una decisione per nulla scontata, un autentico miracolo se si pensa alla politica dei decenni successivi: anche dall’opposizione del nuovo governo De Gasperi, Pci e Psi avevano continuato a collaborare alla stesura della Carta, in discussione nell’Assemblea costituente. Non era stato semplice: quando la Dc aveva rotto il patto di governo – era il 13 maggio 1947 – restava da redigere oltre metà della Carta. E d’altra parte la decisione di continuare a scrivere assieme la Costituzione la prese anche il promotore della rottura: De Gasperi pensò che il filo con gli alleati diventati nemici, non andasse spezzato e che la Costituzione non poteva essere scritta soltanto da una parte, la nuova maggioranza.
A 76 anni di distanza da quella storica firma, che ricorre oggi, la convergenza tra gli alleati diventati nemici racconta l’alto senso dello Stato dimostrato in quella occasione da De Gasperi, Togliatti e Nenni: la consapevolezza che le Costituzioni, se possibile, si debbono scrivere col concorso di tutti. Un esempio che, ovviamente, non è un obbligo vincolante, ma è sicuramente un precedente virtuoso che parla alla politica dei nostri giorni.
E se oggi una convergenza sulla riforma della Costituzione non appare semplice, neppure allora fu un tappeto di rose, come ha ricordato in una bellissima pagina di diario, Giulio Andreotti, che Di Gasperi era il braccio destro. Il 26 maggio 1947 si riunisce la Direzione Dc per decidere sino a che punto portare lo strappo con comunisti e socialisti e il giovane Andreotti, dando conto delle ragioni degli oppositori interni, scrive: «In Direzione parecchi volti sono sbiancati; che ripercussione ci sarà sulla Costituente? La piazza sarà mobilitata contro di noi? Ad un certo punto De Gasperi è andato alla finestra, attraverso i vetri, guardava fisso alla Chiesa del Gesù e aveva gli occhi lucidi. Poi con estrema franchezza ha detto che non era più tempo di esitazioni».
Per socialisti e comunisti, estromessi dal governo così bruscamente, fu ancora più difficile restare nella “carreggiata” della Costituzione condivisa. Ma la prima reazione è eloquente: 24 ore dopo le dimissioni di De Gasperi, si riunisce l’Assemblea Costituente, chiamata a votare gli articoli 42 e 43. Si apre una discussione se rinviare le votazioni, i democristiani tergiversano ma comunisti e socialisti, che avrebbero interesse a prender tempo, tirano dritto e votano a favore. E tuttavia le"basi” dei partiti di sinistra sono in subbuglio, si inveisce contro la “cacciata” dal governo. Togliatti deve dare un segnale: il 20 maggio sull’Unità esce un articolo, firmato dal segretario generale, con questo titolo: “Ma quanto sono cretini”. Ce l’ha con i democristiani? No, prende di mira gli americani per alcune dichiarazioni contro i comunisti italiani.
Alcuni decenni dopo Emanuele Macaluso, allora giovane quadro del Pci, ha scritto che Togliatti «non perse mai di vista l’approdo essenziale», quella Costituzione «che non era scritta nel quadro internazionale». Il tempo ha dimostrato che gli oppositori ebbero le loro ragioni ad andare sino in fondo: il 27 dicembre 1947 fu varata una Costituzione inclusiva, proprio perché scritta da tutti i partiti che avevano contribuito alla Liberazione. Una Carta che nei decenni successivi consentirà la tutela di diritti fondamentali, contribuendo a rendere l’Italia un Paese più giusto e più libero.