Robinson, 24 dicembre 2023
Sulla Reggenza
Bridgerton, La regina Carlotta, Poldark ma anche il sempiterno Orgoglio e pregiudizio continuano a conquistare curiosi ed estimatori, esercitando un’attrattiva magnetica irresistibile. Ma che ingrediente segreto contiene la Reggenza? Questo periodo della storia inglese copre appena nove anni, dal 1811, quando Re Giorgio III, vecchio e malato, viene decretato inabile a regnare, perciò i suoi poteri – meno che il titolo – passano al suo erede, il Principe di Galles, al 1820, anno in cui il re muore e gli succede il figlio come Giorgio IV.Nove anni sono pochi eppure, in quel risicato decennio, ne succedono di fatti: in Europa imperversa l’espansionismo di Napoleone – che noi italiani, più che altro, subiamo –, l’Impero spagnolo assiste all’inizio della propria disgregazione con gli Stati del Sudamerica che uno dopo l’altro dichiarano la propria indipendenza da Madrid, e soprattutto vede la luce la Prima Rivoluzione Industriale.Rudi venti di cambiamento scuotono tutto il Continente e forse, in qualche modo, tutti sentiamo che laRegency Era è stata il portale che abbiamo attraversato dal passato alla modernità.E proprio questo punto è il fulcro della trama de Le armi della luce, ultimo romanzo di Ken Follett, che dimostra di non essere immune al fascino di questo periodo.Ma come? Quindi non è tutta mera aspirazione estetica fatta di ventagli, tazzine, inviti a balli, abiti pastello e dame in cerca di un buon partito?Forse, ma non solo. Non è un mistero che la Reggenza, più di altre epoche, oggi sia associata alle donne ma per capire il perché bisogna andare oltre l’apparenza.Anzitutto, è proprio il momento in cui comincia a prendere piede il romanzo al femminile – non solo per tematiche, ma anche perché scrivere non è più solo un’attività per uomini – con Jane Austen capofila.Vero, lei pubblica i suoi romanzi in forma anonima, con una copertina che recita “A lady”, ma ufficiosamente i più conoscono la sua identità, tanto che pare che il bibliotecario di corte la invitò a visitare la collezione del Reggente, suo appassionato lettore.E poi c’è Mary Shelley, che sciocca la società intellettuale con Frankenstein.Ma, in tutto questo, la Rivoluzione Industriale cosa c’entra?Tanto. Tantissimo. I settori investiti dall’innovazione produttiva sono soprattutto quello tessile e quello alimentare che facilitano e velocizzano la fabbricazione di tutti quei beni domestici e di uso quotidiano che, fino allora, hanno sempre consumato le giornate delle donne.Senza più dover trascorrere ore a filare e tessere oppure cucinare, le donne di quest’epoca scoprono il tempo libero.Ecco perché la Reggenza ci piace tanto. Sì, belli i ventagli e le porcellane, ma vogliamo mettere con il tempo libero?Cominciano a dedicarlo alla lettura e di conseguenza a richiedere sempre più storie che le rappresentino, che raccontino di loro e in cui possano riconoscersi.Certo, le donne appartenenti all’aristocrazia il tempo libero lo hanno sempre avuto tuttavia non stiamo parlando di quella ristretta fetta privilegiata, ma del ceto medio, un campione di sondaggio ben più largo e trasversale.A questo exploit possiamo aggiungere anche il vitale clima culturale che aleggiava in Inghilterra durante La Reggenza. Il Reggente, in quanto tale, era scoraggiato dai consiglieri dal promulgare provvedimenti radicali, così, una volta sconfitto Napoleone a Waterloo, il futuro Giorgio IV ha fatto ciò che gli riusciva meglio: godersi la vita.Al Reggente piacciono le feste, è un dandy e, come accennavo prima, anche fan di Jane Austen, perciò dà il via a una baldoria sociale su larga scala perché, si sa, chi regna detta le mode. E tra le sue mode rientra anche il mecenatismo, indirizzato a un rilancio culturale di ampio respiro.Perciò, in un clima di celebrazione di vittorie, ritrovata prosperità, innovazione tecnologica, ecco che la Reggenza – che poggia su saldi pilastri – si ricopre di un’allure scintillante che culmina nell’estetica che tanto ci seduce. Ma l’estetica è solo la superficie, l’attrazione arriva dal resto che la sostiene.Certo, non è un’epoca esente da difetti – quale lo è? –, anche la Reggenza ha le sue ombre, i punti caldi, un’etica che ancora fatica a rispettare la vita umana a prescindere da reddito e titoli, disparità di genere (che, ancora oggi, in realtà non abbiamo colmato).Una delle sue peculiarità, però, è la sua etichetta, un insieme di regole sociali rigide, tagliate con l’accetta, ma chiare e infraintendibili: un autentico manuale di comportamento a cui attenersi. Con questo non intendo dire che fossero regole giuste, anzi, molte di esse sarebbero assai opinabili, ma in una realtà come quella del Ventunesimo secolo in cui ci muoviamo tra contorni sbiaditi o sfilacciati, ogni tanto sarebbe bello avere un codice di comportamento che ci dispensi dal congetturare su cosa fare o non fare, dire o non dire in determinate situazioni.Da parte mia, come donna, pur riconoscendo i limiti della Reggenza, non posso che ringraziare la Rivoluzione Industriale per l’invenzione del tempo libero, anche se me ne servirebbe un po’ di più.