Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  dicembre 24 Domenica calendario

Intervista a Barbara Boncompagni


La sensazione, dopo aver visto Raffadi Daniele Luchetti, la docuserie dedicata a Raffaella Carrà, dal 27 dicembre su Disney +, è che, a suo modo, le abbia anticipate tutte, da Lady Gaga a Madonna. Cantante, attrice, conduttrice, ballerina, autrice, anticonformista e manager artefice del proprio destino, ma anche fragile, Raffaella Pelloni diventa Raffaella Carrà. E lei stessa racconta la difficoltà di far convivere le due personalità. Ognuno, si capisce dal documentario prodotto da Fremantle (sceneggiatura di Cristiana Farina con Carlo Altinier, Totò Coppolino, Salvo Guercio, Barbara Boncompagni), ricorda la sua Raffa. La sua morte, il 5 luglio 2021, fu un colpo al cuore. Negli undici anni in cui è stata legata al padre, Gianni Boncompagni, Barbara l’ha conosciuta bene: «Viveva per il lavoro, quello con papà è stato prima di tutto un sodalizio professionale.
Lei non si fermava mai: creava h 24.
Non so come facesse». Racconta quando Silvio Berlusconi la corteggiò per portarla all’allora Fininvest. «Un giorno nel comprensorio dove abitavamo arriva un camion pieno di azalee. Penso: vedi, i giardinieri hanno deciso di rinnovare. No, erano tutte per lei». Tanti i testimoni – da Fiorello a Arbore, a Tiziano Ferro, a Enzo Paolo Turchi, Emanuele Crialese, Bob Sinclar, Marco Bellocchio, Rita Caterina, Nick Cerioni. Colpisce la Carrà privata, raccontata da Licia Turchi, l’assistente da sempre al suo fianco: «Quando le passavo la tinta dei capelli, si addormentava». La bambina cresciuta a Bellaria con la nonna Andreina, decisa a dimostrare alla mamma che ce l’avrebbe fatta, è la donna che, quando chiamano dall’ospedale perché il padre – i suoi si erano separati subito – è grave, dice a Licia: «Vada, si preoccupi che abbia le migliori cure, ma non voglio sapere niente».
Barbara, c’è la Raffa formato tv e la diva internazionale.
«Per il pubblico sarà una scoperta, facevano pazzie per lei, ovunque.
Papà non la seguiva mai».
Perché?
«Era pigrissimo. Lei partiva in tour, poi tornava. C’era così tanto materiale: per me è stato come fare una seduta psicanalitica, mi sono dovuta rivedere tutto, ripensare ai rapporti, quello di Raffaella con mio padre, con Sergio Japino».
E il suo?
«Posso solo parlare del bene che le voglio e parlo al presente perché ho la sensazione che ci sia ancora. Dopo la botta del dolore, per me è come se fosse partita per le Filippine».
Colpisce Sergio Japino: appare senza dire una parola.
«Non se l’è sentita. “Avevamo unrapporto speciale, non potete capire, non andrò mai in video a parlare di lei”. È una cosa intima. Lo rispetto».
Se dovesse definire Raffaella con una parola?
«Intelligentissima».
Con suo padre com’era?
«C’era l’amore ma il loro era un rapporto molto basato sul lavoro,hanno creato tanto insieme. Era una coppia lavorativa, lei sublimava. Con Sergio sono stati insieme 40 anni, due stacanovisti. Papà era il pigrone, il genietto: “Giannino, allora questa idea mi sembra bella, faccio”. Lei era l’ape operaia che raccoglieva tutto e sviluppava. La vera capa d’azienda: controllava e decideva».
Il ricordo della signora Licia con Raffaella stremata che dorme mentre le tinge i capelli è tenero.
«Anche a me ha colpito tanto. Non sa quanto le sono stata dietro, quella di Licia è una testimonianza bellissima, era importante raccontare la donna.
E anche le cadute, perché capisci il percorso e la determinazione. La vedi in tour capisci l’energia che sprizza, la potenza quando si muove, quello che comunica col corpo. È minuta e ha una forza pazzesca. Diceva: “Non sono una grande cantante o una grande ballerina. Sono media in tutto, ma la determinazione fa la Carrà. Non sono una cantante da ascoltare, ma da vedere”».
In casa com’era?
«Affettuosa. Papà non stava già bene e lei: “Giannino lavati i denti”, “Hai mangiato?”. Era la romagnola con la mano sul fianco, la “sdora”, con l’energia da madre di famiglia. È stata la madre e il padre di tutti».
Era questo, e la primadonna
ambiziosa. È vero che nasceva tutto dal legame con la madre?
«Doveva farle vedere quanto valesse. Iris aveva occhi solo per il fratello, pensava che Raffaella dovesse sposare un bel medico, un professionista. Si è messa con uno divorziato con tre figlie e con un ballerino, per me li ha odiati».
Però Raffaella è stata felice, ha vissuto come voleva, non pensa?
«Era libera. E si divertiva moltissimo, se penso ai costumisti, a Sabatelli con le sue idee folli. E lei: vai! Ha fatto quello che voleva e ha pagato i suoi prezzi. Lo dice Tiziano Ferro: “Era meravigliosa e tosta: le cose si facevano come voleva lei”. Moderna,senza pregiudizi e mai giudicante.
Subito vicina alla comunità gay, che infatti la adorava. Però secchiona. Il lavoro era la prima cosa, era una perfezionista. Arrivava Kissinger e lei aveva studiato tutto. Una disciplina rara. Insalata con l’aceto tutta la vita per stare in forma, sapeva la legge del video: ingrassa».
E quando non lavorava?
«Mangiava una volta al giorno, a cena. A volte cucinavamo insieme, le piacevano i dolci: “Barbi, fammela assaggiare un altro po’ che non l’ho capita bene ‘sta torta”. Non era da cinema, da letteratura. “Anche tu con questa depressione, scusa ma esattamente di cosa si tratta? Una si compra La settimana enigmistica”».
La maternità è il grande rimpianto?
«Forse sì. Certo sarebbe stata una madre severa, a giudicare dal rapporto con i nipoti. Disciplinata, non sapeva cosa fosse la sregolatezza. Mandava nel recinto a dormire anche il cane, Raffica. Ma era dolcissima, sono riuscita a dirle che sarei diventata nonna».
La decisione di isolarsi alla fine?
«La scelta del silenzio, come dice mia sorella, che è psicologa, senza gente intorno che avrebbe commentato.
Non è facile gestire la malattia, figuriamoci il dolore di chi viene in visita. Si è concessa di occuparsi di sé. Mi ha colpito che la notizia non sia trapelata. Nessuno, tra chi la curava, ha parlato. Questo fa capire l’amore per lei».