Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  dicembre 24 Domenica calendario

Il Nobel per l’economia teme che l’operazione confisca di 300 milioni russi sarebbe controproducente

«Sarebbe un’azione moralmente giusta, però sono tante e tali le incognite che gli Stati Uniti dovrebero pensarci bene prima di intraprenderla». Robert Shiller, classe 1946, economista di Yale, vincitore del Nobel nel 2013 per le sue analisi empiriche sui valori degli asset finanziari, condivide le motivazioni morali dell’Amministrazione Biden, cui è apertamente vicino, nell’attaccare le riserve finanziarie russe congelate in Occidente dal 24 febbraio 2022, eppure invita tutti a riflettere attentamente. Anzi, a soprassedere per il momento.«Io non sono un giurista – dice Shiller – però non riesco a convincermi che questa sia la via da battere».Perché, professore?«Perché sarebbe certo un segnale forte e un danno rimarchevole al “nemico” Putin, ma a parte che sarebbe la conferma data al leader russo che quella che si sta combattendo in Ucraina è una “proxy war”, una guerra per procura, potrebbe paradossalmente ritorcersi contro l’America e l’Occidente tutto. Anche l’Onu, che aveva inizialmente predisposto una deliberazione favorevole a una misura del genere, alla quale ovviamente la Russia aveva posto il veto, sta ripensando attentamente alla questione».Ci spiega meglio come funzionerebbe?«Allora, in discussione sono per ora gli asset strettamente finanziari: denaro e lingotti d’oro, celati nelle cassette di sicurezza, compreso Fort Knox, d’America e degli altri Paesi del G7. Diciamo, 300 miliardi didollari. Si tratta per ora di mettere mano agli interessi che il denaro produce, e nel caso dell’oro anche di venderne una parte. Limitiamoci a quelli negli Stati Uniti, almeno la metà del totale: sarebbe la prima volta nella storia per un’operazione del genere, e avrebbe gli effetti di un cataclisma sul sistema attuale dominato dal dollaro. Quale segnale si dà alle decine di Paesi che, come la Russia, compresi in fondo quelli del G7, per sicurezza convertono i propri risparmi in dollari e li affidano alle capaci mani dello Zio Sam? Se l’America oggi fa questo alla Russia, può essere il ragionamento, cioè se mette le mani nei soldi affidatagli dalla Russia, ancorché temporaneamente confiscati, perché questo è lo status giuridico, domani può farlo a chiunque».Beh, si spera che non ce ne siano troppi di Paesi che mettono a ferro e fuoco un vicino pur di strappargli pezzi di territorio…«Vale il principio, la rottura per la prima volta nella storia di una norma ferrea: affidare i risparmi in un’era di indefinitezza (praticamente sempre) al dollaro o al franco svizzero (la Svizzera, che detiene 10 miliardi di franchi di riserve, ha già fatto sapere che sarebbe favorevole a un’operazione del genere, ndr ).Avrebbe l’effetto di sgretolare il mantello di sicurezza che avvolge il dollaro, sarebbe il primo passo verso la de-dollarizzazione cui tanti, dalla Cina ai Paesi in via di sviluppo per non parlare della Russia stessa, tendono con sempre maggior convinzione. Chiunque metta da parte risparmi in valuta avrebbe la tentazione diconvertirli in yuan o perché no in euro, anche perché le autorità finanziarie di Shanghai o Francoforte magari aggiungerebbero qualche garanzia di i ntangibilità.Guardi, non sarà la stessa cosa, però è inevitabile che la memoria corra al diverso atteggiamento degli angloamericani dopo le vittorie nelle due guerre mondiali: nel 1919 a Versailles si decise di far pagare fino all’ultimo debito alla Germania i danni di guerra, e non sto a raccontarvi com’è finita, nel 1946 invece fu deliberato un maxi-condono e anzi il piano Marshall, malgrado l’opposizione di tanti. Quale atteggiamento si è rivelato più lungimirante?».In concreto, come potrebbe reagire la Russia, proprio adesso che si diffondono le speranze di un cessate il fuoco?«Io ho scritto nel 2020 un libro, “Narrative Economics” (tradotto anche in italiano da Libraccio, “Economia e narrazioni. Come le storie diventano virali e guidano i grandi eventi economici”, ndr), in cui ho cercato di spiegare come l’economia e la storia stessa di un Paese siano influenzate dalla narrazione che se ne fa, e questo accade in tutto il mondo. Ora, in Russia la guerra non è molto popolare, però è forte il sentimento nazionalistico: l’idea che un Paese fa pagare alla povera gente, perché di questo si tratterebbe, i disastri compiuti dal governo di quel Paese, avrebbe l’effetto di compattare intorno alla classe dirigente un’insperata popolarità: allora, direbbe una potente narrazione opportunisticamente veicolata, vedete che il cattivo sta altrove?».