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 2023  dicembre 18 Lunedì calendario

Pranzo reale in palcoscenico (Venezia, 1782)

Un pranzo sul palco di un teatro, mentre centinaia di persone osservano con attenzione dalla platea e dai palchetti non era uno spettacolo consueto nemmeno nell’antico regime. Tanto che quando si verificò il pittore veneziano Gabriel Bella decise di rappresentarlo in un suo dipinto.
Nel gennaio 1782 Venezia viveva uno dei suoi ultimi carnevali. Un ventennio più tardi quel mondo sarebbe appartenuto già al passato. Ma in quell’inconsapevole tramonto la Serenissima offriva ancora spettacoli degni di esser ricordati. Uno di questi fu certamente il pranzo dei conti del Nord, svoltosi il 22 gennaio sul palco del Teatro di San Benedetto. Dietro quel titolo così particolare si celavano il futuro zar Paolo I – figlio di Caterina la grande – e sua moglie, Maria. Non stupisce quindi che la nobiltà veneziana facesse a gara per accogliere due ospiti di tale riguardo. Si decise quindi di organizzare per loro un grande pranzo pubblico. E di tenerlo in un teatro. Così, ove solitamente si esibivano cantanti e ballerini, fu allestita una tavola per accogliere i principi e ben ottanta dame che avevano l’onore di mangiare con loro. Nei palchi e in platea l’aristocrazia veneziana assisteva al banchetto come si trattasse di un’opera. Terminata la cena, a base di ostriche e tartufi, il tavolo fu rimosso e i cavalieri s’unirono alle dame per danzare.
Sono poche le opere che rivelano così a pieno la natura di spettacolo sociale della tavola reale quanto il dipinto di Bella. Per secoli la tavola reale è stata una sorta di spazio di frontiera. Il sovrano, infatti, poteva mangiare nell’intimità della sua camera o – più spesso – nell’anticamera del proprio appartamento in quella che era una vera e propria cerimonia pubblica. Sino a inizio Seicento i sovrani ammettevano spesso alla loro tavola ministri e diplomatici, con cui non di rado discutevano di questioni culturali. In seguito, presero a mangiare da soli, ma sempre di fronte alla corte e ad alcuni ospiti. Fu solo nel Settecento che, con l’affermarsi d’un nuovo concetto di «privato», iniziarono a pranzare nelle proprie stanze. Anche in questo caso, però, non erano certo soli: i cortigiani che dovevano servirli erano raramente meno di dieci, fra cui grandi di corte e alti ecclesiastici.
La tavola reale era quindi uno spazio sospeso fra privato e pubblico: caratteristica insita nel suo ruolo simbolico. Sin dall’antichità, infatti, era considerata una sorta di rappresentazione dello Stato e della sua ricchezza. Su di essa dovevano trovarsi cibi rari, assenti sulle mense dei cortigiani. Le cucine di corte, poi, erano una macchina perennemente in funzione, che doveva provvedere a tutte le tavole di palazzo (decine, oltre quella propria del sovrano). In Inghilterra si diceva che, se mai le cucine di corte si fossero fermate, anche la Monarchia avrebbe conosciuto analogo destino.
In quanto all’atto del mangiare, dignità e compostezza erano le caratteristiche d’obbligo nel cerimoniale di corte. Quasi l’opposto, insomma, di quanto viene mostrato in molti film in cui la volgarità sembra essere un tratto distintiva del comportamento dei monarchi.
Eppure a fronte di tanta importanza, le tavole reali hanno lasciato pochissime testimonianze iconografiche. Esse dovevano esser viste solo da coloro che per ruolo e rango appartenevano a quella familia allargata che era la corte. La quotidianità del pranzo reale non era destinata a esser raffigurata dagli artisti. A loro, al più, spettava il compito di eternare banchetti legati a momenti particolari, come nozze e, dove c’erano, incoronazioni. Questa lacuna fu avvertita come un problema nel corso dell’Ottocento, quando il pubblico borghese voleva vedere, entrare in quelle corti che erano rimaste precluse ai propri antenati. Nacquero allora rappresentazioni fantasiose, non di rado inventate di sana pianta, come quelle del pranzo – mai svoltosi – fra Luigi XIV e Molière. Ma, soprattutto, la forza simbolica della tavola reale e dell’immagine del “re che mangia” è stata espressa in numerose caricature in cui cibo del sovrano erano, di volta in volta, i soldi delle tasse, i territori conquistati e persino gli stesso sudditi, come in alcune vignette cannibalistiche prodotte durante la Rivoluzione francese. Un segno ulteriore del carattere politico se non del pranzo reale stesso, almeno della sua immagine. La mostra alla Reggia di Venaria si è proposta, quindi, di restituire la complessità di questa vicenda analizzando immagine e realtà delle tavole dei sovrani delle corti italiane.