La Lettura, 17 dicembre 2023
Storia dei capelli
A volte basta cambiare punto di vista per trovarsi di fronte ad affascinanti narrazioni che consentono improvvisamente di cambiare la percezione delle opere. Ecco allora che una rigorosa, elegante rassegna come quella allestita a Palazzo Leoni Montanari, la bella sede vicentina delle Gallerie d’Italia (Le trecce di Faustina. Acconciature, donne e potere nel Rinascimento), diventa un caleidoscopio di immagini nuove, anche grazie ai capolavori arrivati in prestito da musei internazionali. Insospettabili protagonisti sono infatti i capelli femminili, da secoli formidabili calamite di cure e attenzioni, ma anche segnali inconsapevoli di estrazione sociale, di oscillazioni del gusto e veritiere spie di condizionamento comportamentale. Attraverso una settantina di opere, tra sculture, dipinti, disegni, monete, libri e oggetti, la mostra si divide in sette sezioni ampiamente documentate in un ricco catalogo con testi specialistici affidati ad archeologi, storici dell’arte, della moda e della letteratura. Per Howard Burns, Vincenzo Farinella e Mauro Mussolin, i tre curatori della mostra, è stato fondamentale partire dall’antico, anche perché solo in questo modo si poteva eludere un approccio legato alla moda e al costume, aspetto troppo leggero per una sede come questa e già sfruttato nell’esposizione con analogo tema recentemente presentata al Musée des Arts Décoratifs di Parigi.
Il percorso, concentrandosi piuttosto sulle poderose testimonianze della arte classica e rinascimentale, da cui nasce anche il titolo della rassegna, prende spunto dalla diva Faustina Maggiore, moglie dell’imperatore Antonino Pio, morta precocemente nel 140 d.C. La sua inconfondibile acconciatura di trecce a turbante, e successivamente quella della figlia Faustina Minore, condizionò le pettinature femminili per secoli interi. Algide nel loro marmoreo candore d’antichità imperiale, madre e figlia aprono la mostra. Il busto della madre, arrivato da Mantova e fors’anche appartenuto al Mantegna, presenta sul capo un caratteristico cesto di trecce, una raffinata torta di crine che ritroveremo poi nello straordinario bronzo giunto dal Louvre, realizzato nei primi decenni del Cinquecento da Jacopo Bonacolsi, detto l’Antico, e in un altro bronzo romano inciso a bulino con tale maestria che Lorenzo Ghiberti volle riproporre la stessa acconciatura in una figura della Porta del Paradiso a Firenze. Il busto della figlia, dalle Collezioni Reali inglesi, ci mostra invece un nido di trecce scivolato sulla nuca, meno altezzoso ma certo elegantissimo, rielaborato anch’esso nel Rinascimento come nello splendido busto attribuito a Desiderio di Settignano del Bargello. La sala successiva ruota attorno alla Testa Fonseca (II secolo d.C., Musei Capitolini). La celeberrima sventagliata di boccoli marmorei che adorna la (o piuttosto incombe sulla) fronte della nobildonna romana, è un ineguagliato capolavoro (ogni ricciolo pare avere una composta vita propria), perfetto esempio dell’esasperata eleganza raggiunta dalle acconciature in epoca imperiale.
Dopo una piccola parentesi sui capelli maschili, con un notevole Ritratto di musico dalla lunga chioma fluente immortalato dal Tiziano, la mostra prosegue con manoscritti e disegni tra i quali l’eccezionale Cleopatra di Michelangelo, capolavoro massimo esposto in una teca blindata. Attorno a Michelangelo, Mauro Mussolin propone in catalogo un interessante caso di studio sulle acconciature delle teste divine del Buonarroti con imperdibili raffronti tra figure affrescate, disegnate e scolpite. Emanuele Lugli esamina piuttosto la valenza erotica della capigliatura rinascimentale, trionfale e libera come nella Venere del Botticelli o piuttosto castigata e repressa come nella ieratica Madonna Annunciata, scultura in legno policromo a grandezza naturale realizzata dal Valdambrino agli albori del Quattrocento. Il saggio della storica inglese Jill Burke esplora amicizia e creatività nelle acconciature femminili tra Quattrocento e Cinquecento percorrendo un fortunato trattato di ricette e consigli di bellezza del medico modenese Giovanni Marinello del 1562. I suoi suggerimenti spaziavano nella chimica (l’uso di prodotti per l’igiene e le tinture) e nelle pratiche domestiche per ciò che concerneva le faticose impalcature o il mantenimento di riccioli faticosamente conquistati utilizzando panni e cucchiai roventi. Il saggio aiuta poi a prendere coscienza delle difficoltà legate all’asciugatura e al lavaggio di siffatte elaboratissime chiome rinascimentali nei mesi invernali, di cui si lamentarono persino Isabella d’Este o Lucrezia Borgia.
Numerosi sono altri i particolari che emergono dal percorso. Pochi sanno a esempio che le caratteristiche altane in legno sui tetti dei palazzi veneziani erano destinate non solo all’asciugatura dei panni ma anche a far schiarire alla luce del sole le chiome fulve e fluenti delle cortigiane venete immortalate da Tiziano o Paris Bordon, oppure che già nel Quattrocento esisteva un fiorente mercato di parrucche, trecce o turbanti di capelli posticci che venivano poi utilizzati con pettini, gioielli, perle e spilloni. Fulgidi e preziosi esempi di queste acconciature li troviamo in mostra nei bei dipinti del Bronzino, di Giovanni Bellini, di Nicolò dell’Abate o del Bacchiacca esposti lungo il percorso delle sale.
La mostra termina con una piccola parentesi neoclassica, approfondita con un testo di Fernando Mazzocca, che si concentra sull’interesse del Canova per le teste femminili. Si ritorna alla diva Faustina e alle sue trecce, ben evidenti sulle due splendide teste in gesso da Bassano del Grappa che immortalano Carolina Murat Bonaparte ed Elisa Baciocchi nelle vesti della Musa Polimnia.