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 2023  dicembre 21 Giovedì calendario

Intervista a Claudia Pandolfi

È una serie che parla di scuola, ragazzi e genitori, amori irrisolti, che racconta come superare le difficoltà.Dà speranza: in tempi come questi, una carezza. Stasera su Rai 1 si conclude la seconda stagione diUn professore con un grande Alessandro Gassmann, giovani attori bravissimi – Nicolas Maupas, Damiano Gavino, Domenico Cuomo – e un’irresistibile Claudia Pandolfi, che col personaggio di Anita ha portato sullo schermo una donna libera, indipendente, generosa e imperfetta. «Mi piace tanto per la sua imperfezione e per il suo modo di affrontare la vita, per la sua verità», racconta l’attrice. Da Un’estate faaNoi siamo leggenda, ora è sul set dellaseconda stagione diThe bad guy;Pandolfi è richiestissima. InUn professore di Alessandro Casale (scritta da Sandro Petraglia con Valentina Gaddi, Sebastiano Melloni e Fidel Signorile), rifiuta l’aiuto del padre (Thomas Trabacchi) del figlio.Anita le piace: un po’ le somiglia?«Sicuramente. Alessandro D’Alatri, che ci ha lasciato troppo presto e amava i personaggi femminili, l’ha voluta così. Il bello della serie è che è interpretata da giovani attori eccezionali. Con Damiano c’è una sintonia pazzesca, è sincero, sensibile e, come me, leggermente distaccato.Non si prende troppo sul serio: l’ho sentito subito come un figlio».Come riesce a essere così vera?«Cerco la naturalezza. Se mi dice così allora ci è cascata e ci sono riuscita.L’unica continuità in un lavoro che cambia, è farti credere che sono quella donna lì. La consapevolezza è arrivata piano piano, vivo a orecchio e odio le cose finte».Com’è sul set?«Mi piace deresponsabilizzarmi, da un po’ hanno cominciato a vedermi con occhi diversi, mi hanno scelta per quello che davvero so dare. Alcuni l’avevano capito da subito».Chi?«Paolo Virzì e Riccardo Milani, che mi hanno scelta da piccola e mi hanno affidato i ruoli giusti. Mi sono sentita brava. Poi impari anche dalle cose meno belle».Il pubblico la scoprì nel lontano 1993, in “Amico mio”, serie dei record: era l’infermiera Susanna.«Oddio, che mi fa ricordare. Se vogliamo essere oneste, ero abbastanza inascoltabile. Se vedessi quella ragazzina lì non saprei dire se ha potenziale. Ero così acerba».Non sia così severa con se stessa.«Ho un ricordo tenero di Favino sbarbato, di Massimo Dapporto, che era il pediatra, di Adriano Pantaleo, Spillo. Nel film di Michele Placido Le amiche del cuore ero meglio».La sua famiglia cosa diceva?«Cercava di proteggermi, erano tutti impreparati. Quando Placido chiamò a casa era il commissario Cattani dellaPiovra,ci fu una certaagitazione. Mi sentivo pronta, i miei mi accompagnavano ed ebbi presto un agente. Tutto cominciò con Miss Italia, partecipai per gioco. Facevo ginnastica artistica, la mia passione».E il successo la spaventò?«Quello vero, grande, arrivò con Un medico in famiglia : uscivo di casa ed eraTruman show, sentivo uno sguardo diverso su di me».Ha mai subìto molestie?«No, sempre stata accorta. Ricordo da ragazzina, c’era un maniaco, lo chiamavano il matto,che girava nel quartiere. Non avevo paura del lupo, mi guardavo intorno. Invece mi capitò che un regista chiese di presentarmi a casa. Sullo zerbino ci poteva essere scritto: “Scappa daqui”, capto i segnali. Disse una frase tombale: “Spogliati e sdraiati lì”. Ero sul pianerottolo e girai i tacchi».Cosa insegna ai suoi figli, Tito e Gabriele?«A rispettare gli altri. Con grande trasparenza, schiettezza, mostrando sdegno verso quello che non mi piace. Sono ragazzi carini, sensibili».A 49 anni, come si vede?«C’è della contraddizione. Sono felice di essere vicina alla menopausa ma faccio i conti con ciò che si trasforma. Mi dispiace perdere altre cose, non solo il tono muscolare. Però non provo rancore».Le colleghe che si rifanno?«Si guardano poco allo specchio e guardano troppo le facce degli altri».Mai tentata da un ritocco?«Tutto sommato va bene così.Qualcosa peggiora, ma sono sulla via della saggezza. Puoi cadere nelle trappole, non in quella psicologica: potresti non finire mai di rifarti la faccia. Il percorso di accettazione è abbozzare, perdonarsi e amarsi.Dobbiamo amarci di più».È ambiziosa?«L’unica sfida è con me stessa. Se un’altra vince un provino era ed è più brava. Se sbaglio strada penso che forse, se avessi preso l’altra, avrei avuto un incidente. Sono una ex ginnasta, facevo agonismo senza essere agonista. Bel casino, no?».No, è ironica. Ha fatto analisi?«Sì. Nessuno intorno a te può aiutarti: la chiave è fare introspezione. Devi aprire altre porte, alla mia chi bussava? Il mio analista. Oggi posso parlare di me, sono competente».Paola Cortellesi ha girato un film bellissimo: sogna di fare la regista?«Paola è tra le mie migliori amiche, zitta zitta ha fatto il capolavoro senza voler imporre nulla e ha lasciato il segno. Sono felice per lei, le voglio bene, ha sempre sbaragliato tutti col suo talento. Se andiamo al discorso personale, ha sentito l’esigenza di raccontare questa storia: c’è di mezzo il rapporto con la figlia, è un film dedicato a Lauretta. Aveva l’urgenza di farlo. Io non ce l’ho, voglio essere uno strumento nelle mani dei registi».