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 2023  dicembre 21 Giovedì calendario

Quando il politico cade sul mattone

Ci sono sempre cascati e continuano a cascarci: la letteratura sui politici che si mettono nei casini per questioni immobiliari è un pozzo senza fondo. Non ditelo a Guido Crosetto altrimenti si irrita e ricomincia a fotografare gli scatoloni appoggiati nell’appartamento di cui ancora non paga l’affitto, proprietà di un imprenditore amico, ma il principio dovrebbe essere semplice: quando si ricopre un incarico pubblico di livello, ai propri affari privati bisognerebbe applicare un surplus di attenzione e cautela. Chiedere a Gianfranco Fini. Il suo posto nella storia sarebbe quello di chi ha sdoganato i post fascisti, con l’aiuto di Silvio Berlusconi, aprendo la lunga stagione culminata con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Invece la sua biografia politica sarà legata per sempre anche alla famigerata “casa di Montecarlo”, l’appartamento monegasco che il cognato di Fini, Giancarlo Tulliani, acquistò dalla fondazione di Alleanza Nazionale (con i soldi di una società off-shore facente capo al “re delle slot” Francesco Corallo). Fu la fine della sua carriera politica: nel 2010 la casa di Montecarlo si trasformò nella clava agitata da Berlusconi e dal suo Giornale per delegittimare e poi distruggere l’ex alleato. Uno stigma che per Fini, padre nobile della destra di governo, dura ancora oggi.
Tra le vicende immobiliari della Seconda Repubblica, il potenziale comico più irresistibile è senza dubbio nella casa di Claudio Scajola: il mitico mezzanino in via del Fagutale, un gioiello da 180 metri quadri di fronte al Colosseo, che era abitato dall’ex ministro berlusconiano ma pagato in larga parte da Diego Anemone, l’imprenditore della “cricca” del G8 aquilano. Era il 2010, epoca pre grillina: i costumi politici erano ancora più spregiudicati. Per quella casa Sciaboletta pagò solo 600 mila euro, il generoso Anemone invece contribuì con 1 milione tramite l’architetto Angelo Zampolini e altri 100 mila in ristrutturazioni. Scajola non trovò una soluzione più brillante di questa: disse che la casa era stata pagata da Anemone, ma “a sua insaputa”. Poi, travolto dal ridicolo, si dimise da ministro dello Sviluppo economico.
Tornando indietro nel tempo, nel 1995 grande imbarazzo causò a Massimo D’Alema la notizia che l’ex segretario dei Ds abitava in una casa a Trastevere affittata da un ente previdenziale. Il canone era irragionevolmente basso: 633 mila lire al mese. Lui s’infuriò con i giornalisti, ribadì che era tutto regolare e tuttavia decise di lasciare il domicilio. A proposito di affitti ridicoli: Renata Polverini, ex governatrice del Lazio, abitava in una casa popolare di San Saba (quartiere “popolare” romano solo in origine; da tempo un’area dai costi tutt’altro che abbordabili). Nel 2011 Polverini pagava 130 euro al mese: era la quota sanzionatoria per gli inquilini abusivi; tale era il marito Massimo Cavicchioli, che occupava l’immobile illegalmente dalla morte della nonna nel 1989.
La casa per eccellenza della Prima Repubblica è quella di Ciriaco De Mita in via dell’Arcione, centro storico di Roma. Un monumento all’epoca d’oro della Dc e all’ottimismo della politica italiana: 550 metri quadri più 200 di terrazza. Nel 1988 fu ristrutturata con i fondi del Sisde e a De Mita toccò risponderne di fronte al Tribunale dei ministri. Ma tutto è bene quel che finisce bene: la famiglia De Mita, che si sobbarcava un canone poco più che simbolico per una reggia di quel valore (tra i 3 e i 4 mila euro), l’ha acquistata definitivamente nel 2011 per meno di 3 milioni e mezzo, un affare davvero straordinario.
Quanti guai per quattro mura: ricordate il pasticciaccio di Giulio Tremonti e Marco Milanese? Un bell’appartamento in via di Campo Marzio – sempre nel centro di Roma, ci mancherebbe – affittato dal consigliere fidato del ministro Giulio, titolare dell’Economia e suo ospite prediletto. Milanese pagava 8.500 euro, Tremonti gliene consegnava 4 mila in contanti. “In quella casa non ci sono andato per banale leggerezza – disse Tremonti –. Il fatto è che prima ero in caserma ma non mi sentivo più tranquillo. Nel mio lavoro ero spiato, controllato, pedinato”. E ancora: Matteo Renzi nella casa dell’amico Marco Carrai, Roberto Calderoli a Monteverde pagato coi soldi (pubblici) del suo partito, i prof montiani Filippo Patroni Griffi e Vittorio Grilli con i loro affari immobiliari sensazionali.
Gli imbarazzi più recente, prima dello scivolone di Crosetto, erano tutti in casa Lega. L’ultimo è Claudio Durigon, con l’appartamento ai Parioli comprato dall’Enpaia col maxi sconto del 30%. Il penultimo è Christian Solinas: il governatore della Sardegna nel 2021 è stato protagonista di un pirotecnico affare immobiliare a Cagliari, vendendo a un prezzo notevole terreni agricoli e rustici fatiscenti in collina e acquistando simultaneamente una mega villa in zona Poetto. Ne scrisse il Fatto in beata solitudine. Solinas è finito sotto indagine per corruzione, Matteo Salvini vuole ricandidarlo.