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 2023  dicembre 20 Mercoledì calendario

Le democrazie appese ai social e satelliti di Musk

Elon Musk ha saputo creare dal nulla imprese automobilistiche e missilistiche che hanno costretto tutte le industrie americane del trasporto e dello spazio a cambiare rotta e a seguirlo. Fino a quando è rimasto nelle praterie dell’industria manifatturiera e digitale – auto, astronavi, intelligenza artificiale – Musk era solo un imprenditore geniale e visionario. Le cose sono cambiate col suo sbarco nel mondo della comunicazione e dell’informazione, a partire dalla creazione della rete di satelliti Starlink coi quali un privato può dare o togliere la connessione digitale a intere aree del Pianeta prive, in genere a causa di conflitti, di altre reti di telecomunicazione. Così l’uomo più ricco del mondo è diventato anche quello più potente.
La copertura su Ucraina e Gaza
A fine febbraio del 2022, dopo l’invasione russa e la distruzione dell’intera rete ucraina di telecomunicazioni, Musk, con la rete dei suoi satelliti, ha consentito a Kiev di ripristinare i collegamenti civili e militari. Mesi dopo, spaventato dalle reazioni del Cremlino, ha disattivato senza preavviso le comunicazioni sulla Crimea rendendo cieche le forze ucraine che stavano operando in quell’area. Dopo l’attacco terroristico di Hamas, quando gli israeliani hanno spento la rete su Gaza per impedire a Hamas di comunicare durante l’attacco, Musk ha offerto ai palestinesi connessioni via satellite, provocando minacce di rappresaglia israeliane.
Si moltiplicano le fake news
Il 27 ottobre 2022 compra per 44 miliardi Twitter, gli cambia nome (X.com) e lo stravolge. Un social che da molti anni era il perno del sistema d’informazione degli Usa e anche di molti altri Paesi, capace di filtrare, attraverso il lavoro di migliaia di moderatori, molti dei contenuti violenti o falsi immessi in rete, esce a pezzi. In pochi mesi licenzia 6.000 addetti, il taglio più grosso riguarda i moderatori che gestiscono il sistema di filtraggio dei contenuti. Lui l’ha smantellato quasi del tutto considerandolo uno strumento illiberale e politicamente orientato poiché il 98% delle donazioni elettorali dei dipendenti di Twitter va al partito democratico. Ma, privata dei filtri, la rete si riempie rapidamente di messaggi d’odio, invettive dei suprematisti bianchi, fake news e teorie cospirative. Elon trasforma poi la «spunta blu», un sistema di certificazione dell’identità degli utenti più influenti, in una corsia preferenziale a disposizione di chiunque sia disposto a pagare.
Accuse da Ue e Usa
A ottobre scorso il commissario europeo Thierry Breton accusa X di essere diventata una piazza digitale aperta all’antisemitismo e un megafono della propaganda terrorista di Hamas, e contesta a Musk di non aver agito tempestivamente alle segnalazioni sui contenuti illegali come previsto dal Digital Service Act per i gestori di piattaforme social.
Il 19 novembre il NyT scrive: «La Casa Bianca ha denunciato Elon Musk per ripugnante promozione dell’odio antisemita e razzista. Tutto ciò potrebbe far pensare che l’amministrazione Biden smetterà di fare affari con lui. Ma non può: i missili di Musk mettono in orbita anche i segretissimi satelliti di spionaggio, comando e controllo del Pentagono, le sue astronavi sono l’unico veicolo per mandare astronauti sulla Stazione spaziale internazionale, e i satelliti di Starlink hanno un grande valore geostrategico. Una dipendenza così elevata del governo degli Stati Uniti da un unico produttore di tecnologia non ha precedenti: bisogna tollerare il «ripugnante» Musk. Musk giustifica i contenuti infami su X con la sua idea dell’assoluta libertà di parola». Poi è andato in visita a Tel Aviv e ha detto che X censurerà non l’antisemitismo ma slogan filopalestinesi come «dal fiume al mare» e la parola «decolonizzazione». Alla faccia dell’assoluta libertà d’espressione. In compenso, dopo un sondaggio tra gli utenti, ha riammesso Alex Jones, un cospirazionista pluricondannato, in particolare, per aver sostenuto che la strage di Sandy Hook, dove furono uccisi 20 bambini, è un’invenzione. Il 18 dicembre la Commissione ha aperto la procedura formale di infrazione per violazione degli obblighi di trasparenza.
L’influenza dei social sulla politica
Se X è diventata più permeabile alla disinformazione, anche le altre reti sociali, che complessivamente raggiungono oltre 4 miliardi di persone, hanno pesato molto sui cambiamenti in atto: la modifica dei rapporti sociali, i modi di apprendere e anche la percezione della violenza verbale e fisica. Tutto ciò ha indebolito le democrazie: la rivoluzione di Bolsonaro in Brasile è figlia di un uso spregiudicato e capillare di YouTube. Così come Twitter, dove Trump era arrivato ad avere 88 milioni di follower, è stato essenziale per la sua ascesa.
Per non parlare dell’uso «sottobanco» nel 2016 dei dati personali di 80 milioni di cittadini Usa ottenuti attraverso Facebook per mandare messaggi elettorali tarati su specifici gruppi di votanti, o anche su singoli individui. Il 10 ottobre 2023 il commissario europeo ha messo in guardia Meta (Facebook, Instagram) sull’aumento delle informazioni false sulle sue piattaforme e ha concesso a Mark Zuckerberg 24 ore per comunicare le sue misure per porvi rimedio.
Pericolo disinformazione di massa
A differenza di tutte le altre rivoluzioni tecniche degli ultimi secoli, questa si è sviluppata nella totale assenza di regole e controlli. Il tema, ricorrente e insoluto, della regolamentazione delle reti sociali è diventato ancora più urgente nell’ultimo anno con la diffusione di ChatGpt e di altri strumenti di intelligenza artificiale generativa come quello di Stable Diffusion, in grado di creare immagini realistiche partendo da un testo scritto. Finora non c’è stato il massiccio uso dell’intelligenza artificiale per diffondere deep fake (dove è impossibile distinguere una dichiarazione video-audio falsa da una vera) e interferire nei processi politici, ma il 2024 sarà un anno cruciale: dalle elezioni europee alle presidenziali americane passando per India, Indonesia, Taiwan, Corea del Sud e molti altri Paesi, andranno alle urne miliardi di cittadini. Come si stanno organizzando per contrastare una possibile disinformazione di massa?
Come difendersi
Taiwan, il primo a votare, il prossimo 13 gennaio: qui c’è un ministero specificamente dedicato agli affari digitali ed è attiva una comunità di volontari civic hacking che individua e contrasta la disinformazione alimentata da Pechino. Gli Usa, oltre agli strumenti di intelligence, hanno creato un Cyber Command che prima era una divisione della Nsa, ora è un dipartimento autonomo del Pentagono. È una struttura che lavora tanto sulla difesa quanto sull’attacco informatico, e l’intercettazione delle interferenze politiche di Mosca, Teheran, o Pechino.
La Ue ha messo in campo il Digital Service Act: entro febbraio 2024 ogni stato membro deve avere un organismo regolatore che segnali i contenuti illegali alle piattaforme, che devono rimuoverli entro 24 ore, altrimenti rischiano sanzioni fino al 6% del fatturato annuo globale. Per l’Italia dovrà pensarci Agcom. A fine ottobre l’agenzia europea per la sicurezza informatica ha avvertito: rischio concreto di manipolazione dell’informazione attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale da parte di attori ostili. Ma l’Artificial Intelligence Act che con una norma imporrà alle piattaforme di individuare contenuti illegali come i deep fake e segnalarli all’utente come video falsi, non sarà ancora in vigore per le elezioni europee. C’è anche un’attività di intelligence per contrastare campagne di disinformazione dei gruppi whatsapp, ma l’ingresso passa dall’oscuramento dei contenuti, e fare questo in una democrazia è molto complesso.
Gli Usa stanno provando ora a regolare le reti sociali, ma anche qui l’ordine esecutivo della Casa Bianca non entrerà in vigore prima delle prossime presidenziali.