La Stampa, 18 dicembre 2023
Intervista a Roberto Vittori
«Il futuro dei voli spaziali sarà sempre più caratterizzato da progetti privati. Lo spazio e l’aerospazio in generale si stanno dimostrando terreno fertile non solo per la scienza e per la tecnologia, ma anche per le opportunità di crescita industriale e commerciale. Ed è un futuro che è già iniziato». È una certezza quella che esprime Roberto Vittori, generale di brigata aerea dell’Aeronautica, più di 2.500 ore di volo su decine di velivoli. Selezionato dall’Agenzia spaziale italiana, ha preso parte a tre missioni spaziali con destinazione la Stazione spaziale internazionale: le prime due a bordo di navicelle Sojuz, come ingegnere di bordo, nel 2002 e 2005, e la terza a bordo dello Shuttle Endeavour come specialista di missione. E ha vissuto da protagonista il passaggio epocale dall’approccio classico ai privati. Un’esperienza totale tra Colonia, Houston, Mosca e Cape Canaveral. Per poi trasferirsi all’Ambasciata italiana a Washington come “space attaché”.Proprio con l’intenzione di spiegare le importanti opportunità del settore derivanti dalla transizione in atto, Vittori ha preso parte a Milano ad un evento aziendale di Tesisquare, tra i principali provider di soluzioni tecnologiche, fondata nel 1995 a Bra (Cuneo).«Il futuro, ovvero il nuovo approccio allo spazio, è iniziato con la decisione di terminare il programma Shuttle e con la relativa transizione a navette private quali il Crew Dragon di Space X», spiega l’astronauta.Lei ha tradotto le iniziali della parola Space, Spazio, con precisi significati. Quali?«Sapientia, Populus, Audacia, Cultura, Exploration. È un prodotto della Carta degli astronauti dell’Agenzia spaziale europea. Sapientia, perché crediamo che l’esplorazione umana sia una scelta di speranza e riflette il nostro impegno di perseguire obiettivi per il progresso dell’umanità. Populus perché lo scopo delle nostre missioni è quello di contribuire ad un futuro migliore per la gente sulla Terra. Audacia perché riconosciamo che il volo spaziale è una impresa pericolosa. Nell’accettare i rischi insiti nei viaggi spaziali lavoriamo per ridurli al minimo, quando possiamo. Cultura perché continuiamo l’esplorazione iniziata dai nostri antenati ed espandiamo l’esplorazione allo Spazio, trasferendo la nostra eredità culturale alle generazioni future. Exploration poiché riteniamo l’esplorazione una opportunità per scoprire, imparare e in fondo, crescere. Siamo convinti che l’umanità debba abbracciare la sfida dell’esplorazione umana pacifica dello Spazio».La sua passione per lo spazio è nata con gli sbarchi lunari Apollo?«Sì, anche se ho pochi ricordi su Apollo 11, il primo sbarco. Ero troppo piccolo. Mi ha sempre colpito Apollo 13, la missione del naufragio lontano dalla Terra che si concluse con il salvataggio degli astronauti ai comandi di Jim Lovell. Straordinario esempio di capacità e cooperazione tra un equipaggio nello spazio e una straordinaria equipe di supporto a Terra».Che ruolo ha l’Italia nel settore?«È tra i top player internazionali. Il primo satellite fu lanciato il 15 dicembre 1964 grazie ad una collaborazione con gli Stati Uniti che tra un po’ compirà sessant’anni, cioè fin da quando Italia e Usa iniziarono a collaborare al Progetto San Marco, grazie al professor Luigi Broglio, che fece dell’Italia uno dei primi Paesi al mondo in grado di costruire e mettere in orbita un proprio satellite. E che procede ancora oggi un po’ su tutti i settori dello spazio: la nostra industria ha realizzato circa la metà della parte abitabile della Stazione spaziale. E siamo ancora protagonisti delle future missioni proprio per quanto realizzato sinora».Come vede il futuro delle imprese spaziali?«Certamente Space X sta rivoluzionando il comparto. Dall’incidente dello Shuttle del 2003 si è deciso di chiudere quel programma, gestito da un governo federale. E di passare ad aziende private, che nel caso di Space X si può sintetizzate con i termini innovazione, efficienza e esemplificazione. È il vero senso delle iniziative private: andare nello spazio per fare ciò che serve in termini di esplorazione, ricerca e innovazione tecnologica».E in Europa?«Da noi la situazione è diversa. Non abbiamo accesso autonomo allo spazio, tantomeno è ipotizzabile in un prossimo futuro. Questo non significa che non possiamo avere un ruolo, anzi. La speranza è proprio questa, ovvero che le nostre startup e spinoff universitari possano esprimere il meglio del nostro storico ed imbattibile spirito creativo».E il turismo tra stelle?«Non avrà un grande futuro. Basta guardare al titolo in borsa di Virgin Galactic, una vera e propria traiettoria suborbitale, ormai in lenta ma costante e irrecuperabile discesa. Stessa cosa per Axiom che altro non fa che comprare voli da Space X e rivenderli a turisti, quindi una sorta di intermediario. Nulla a che vedere con qualcosa che possa avere reale interesse commerciale».Il ritorno sulla Luna con sbarchi e una basa permanente è ormai imminente?«Tornarci è importante e le basi serviranno alla ricerca e a sfruttare le risorse delle rocce e del terreno lunare. Inoltre c’è l’elio-3, un isotopo che potrà essere utilizzato con metodi di fissione nucleare per ottenere energia sulla Terra. Dalla Luna potrebbe infatti arrivare una risposta per ottenere una nuova fonte di energia alternativa. Ci andiamo proprio per la sostenibilità dell’ecosistema terrestre».Tipo?«L’idrogeno è una fonte di energia molto importante per il futuro. Possiamo ottenerlo dalla Luna e dal ghiaccio presente ai poli. Serve una visione nuova, proprio come il ritorno alla Luna. Il Programma Artemis è una straordinaria opportunità, anche per l’Europa e per l’Italia. Sul nostro satellite vi torneremo non più per brevi esplorazioni scientifiche come ai tempi dell’Apollo, ma per sfruttarne le risorse. Per questo serviranno delle basi sia in orbita lunare sia sulla superficie».Partirebbe di nuovo, magari con destinazione Luna?«Certo, l’unico modo sostenibile di assicurare la costante crescita dell’economia salvaguardando l’ecosistema è l’utilizzo delle risorse extra atmosferiche». —