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 2023  dicembre 18 Lunedì calendario

Il prezzo dell’invasione russa

Dopo più di due mesi concentrati su Gaza, s’è tornati a parlare di Ucraina. Ma a che punto è la guerra? Quanto è costata in vite e soldi? Fino al 24 febbraio 2022, oltre alla Crimea annessa nel 2014, in mano ai separatisti filorussi c’erano solo le province di Donetsk e di Lugansk, ovvero il Donbass: circa 42 mila km quadrati. Un mese dopo Putin era già riuscito a conquistare il confine bielorusso, Sumy, Kharkiv, aveva preso Mariupol. Gli ucraini avevano resistito e a fine 2022 erano riusciti a riprendersi in totale 60 mila km quadrati. Il 2023 doveva essere l’anno della controffensiva di Zelensky. Invece poco è cambiato e dopo ventidue mesi Mosca controlla più o meno lo stesso territorio di fine 2022: 100 mila km quadrati, il 17,48%, una porzione che corrisponde all’intera Estonia. Negli ultimi sei mesi l’esercito ucraino ha riconquistato 518 km quadrati, meno della provincia di Lodi.
Il conto delle vittime Non ci sono cifre attendibili. Per Mosca i caduti sarebbero da 35 a 43 mila, ma il Pentagono parla di 315 mila morti. Kiev copre le cifre col segreto di Stato e fa passare il dato di 17.500 soldati uccisi, ma per il Pentagono sono almeno 120 mila. Secondo il New York Times, che a fine agosto incrociava diverse fonti, incluse quelle Onu e d’intelligence Usa, la guerra sui due fronti aveva fatto più di mezzo milione fra soldati morti, feriti e vittime civili. Il doppio che nelle tre guerre balcaniche degli anni ’90.
Le forze russe in campo Putin dispone di 2,2 milioni di arruolati, ne ha mobilitati 1.320.000, e ha comunque pronti altri 880 mila riservisti. Combattere in Ucraina conviene economicamente: un soldato russo guadagna in media 2.135 euro al mese, contro i 560 di un professore universitario. Se il soldato muore, alla famiglia arriva l’equivalente di 55 mila dollari (32.500 in caso di ferimento grave). Non si sa con esattezza quanti russi siano fuggiti all’estero per evitare l’arruolamento: il governo ne ammette 155 mila, lo scorso maggio il governo inglese ne stimava 1,3 milioni. Scappano soprattutto in Georgia, in Armenia, in Serbia e dove non serve il visto. La Ue ha ricevuto 17 mila richieste d’asilo politico, ma ne ha accettate solo duemila. Fino al 17 marzo, quando verrà rieletto presidente per la quinta volta, Putin eviterà nuovi reclutamenti ed eventuali proteste: dall’inizio della guerra, 5.844 contestatori sono stati arrestati in 60 città. La legge permette allo zar di farsi rieleggere fino al 2036, quando avrà compiuto 83 anni. Non ha oppositori: il più pericoloso, Aleksej Navalny, è stato imprigionato in Siberia dopo un tentativo di avvelenamento. Dal gennaio 2022 sono almeno 20 gli oligarchi e i manager di Stato morti misteriosamente, dopo essersi messi contro lo zar.
Le forze di Kiev Gli ucraini sono un terzo dei russi e dispongono di 700 mila soldati. All’inizio della guerra avevano 10 milioni d’arruolabili, anche se l’esercito era fatto solo di 250 mila uomini. Fra gli 8 milioni di profughi in Europa, ci sono anche 650 mila richiamabili. È aumentata la renitenza alla leva, con 200 mila «imboscati» e fenomeni di corruzione. Per questo Zelensky ha cambiato le regole di reclutamento e ha aperto ancora di più alle donne: oggi sono 43 mila (più 40% rispetto al 2021) e sono state ammesse ai ruoli di mitragliere, cecchino e comandante di tank.
Chi sta pagando il conto? La Commissione europea sostiene che «le sanzioni stanno funzionando». Alla Banca centrale russa sono stati congelati 400 miliardi in riserve valutarie all’estero e, nella sola Ue, i patrimoni sequestrati agli oligarchi valgono 228 miliardi di dollari. La Russia è esclusa dal sistema Swift che regola i pagamenti bancari internazionali, e quasi tutti gli investitori occidentali hanno chiuso le rappresentanze a Mosca. I Paesi europei hanno ridotto drasticamente le importazioni russe di gas e carbone. Embargo sull’export di beni e servizi strategici e import di petrolio. La produzione petrolifera è precipitata: da due milioni di barili al giorno, in ottobre s’è passati a 300 mila. In quasi due anni il rublo ha perso un quarto del suo valore sul dollaro e la Banca centrale Russa ha innalzato di due punti (al 15%) il tasso d’interesse. L’economia di Mosca però sembra tenere e grandi Paesi come la Cina, l’India, la Turchia, il Messico, il Brasile, il Sudafrica non hanno aderito al boicottaggio, sostenendo Putin attraverso le triangolazioni. Su Mosca, San Pietroburgo, Kazan e Sochi si può volare solo dalla Serbia, Turchia, Bielorussia, Cina, Israele, Emirati Arabi, India, Arabia Saudita, Uzbekistan, Dubai, oltre che da Egitto, Algeria, Marocco e Sudafrica. A perderci, sono anche le economie occidentali: con le sanzioni, scrive il Financial Times, la guerra ha bruciato più di cento miliardi di 600 grandi e medie imprese europee che facevano affari a Mosca, senza contare i costi derivanti dall’aumento dell’energia e delle materie prime.
Spesa militare russa Secondo l’Economist, la spesa militare annua è di 60 miliardi di dollari, mentre la spesa pubblica è aumentata del 40% e ai russi la guerra costa 67 miliardi di dollari l’anno di deficit pubblico: un 3% di Pil che se ne va per sostenere la produzione, reggere il welfare, mantenere le famiglie che mandano gli uomini al fronte. Una stima della rivista militare Sofrep, però, indicava già nel 2022 un costo complessivo ben più alto: 900 milioni di dollari al giorno. E un aggravio per i russi, secondo l’ucraina Kyiv School of Economics, che varrebbe l’8-10% del Pil.
Il prezzo per l’Ucraina Per Kiev la guerra costa 10 miliardi di dollari al mese. Bisogna però aggiungere tutto quello che è arrivato in aiuti. L’Ue ha finora versato agli ucraini 85 miliardi così ripartiti: 25 miliardi in attrezzature tecniche e militari, e 60 in finanziamenti. Stando ai tedeschi del Kiel Institute for the World Economy, gli Usa hanno dato 47 miliardi in armamenti, e la Gran Bretagna 18. Secondo i conti di Banca mondiale dall’Occidente sono arrivati in totale 17 miliardi mensili, fra armi e sostegno a un’economia che non produce più reddito, e in quasi due anni ha bruciato 200 miliardi tra industrie collassate e grandi investitori stranieri che sono scappati. La spesa pubblica ucraina per pagare la pubblica amministrazione, per tenere aperti scuole e ospedali, per far funzionare i trasporti, solo nel 2022 è stata di 75 miliardi: i prestiti occidentali ne hanno coperti 32. Una futura ricostruzione, dice l’Economist, è già stimata oltre i 500 miliardi: Borodyanka, Bakhmut, Ochtyrka, Kupyansk, Kyrylivka sono tra le città più distrutte. Oltre alla grande diga di Kakhovka, vanno rimessi in piedi 18 aeroporti, 344 ponti, 25 mila km di strade, 426 stabilimenti industriali. I danni ambientali al suolo, nelle acque e in emissioni di CO2 sono invece incalcolabili.
Lo stallo Con la crisi di Gaza, le forniture americane a Kiev sono calate del 30%. Il Senato americano sta bloccando una seconda tranche di 61 miliardi, mentre Zelensky ripete ogni giorno che senza munizioni, missili e F-16 sarà impossibile resistere a lungo. E anche lui, finora leader indiscusso, è criticato in patria per avere ritardato troppo la controffensiva. Gli aiuti europei, dice il Kiel Institute, da agosto sono calati del 90% rispetto al 2022. Per sbloccare la nuova rata Ue di 50 miliardi il Consiglio europeo deve fare i conti con i ricatti dell’Ungheria di Viktor Orbán, che per ora ha ceduto sull’adesione dell’Ucraina all’Unione in cambio di 10 miliardi di Pnrr congelati un anno fa da Bruxelles per violazione dello Stato di diritto. «Di questo Paese – dice – non sappiamo nemmeno quanto sia grande, e quanta gente ci viva». Proviamo a ricordarglielo: l’Ucraina ha un’estensione di 600 mila km quadrati (quasi il doppio della Germania), con 47 milioni di abitanti, ed è uno Stato europeo e sovrano. Questa mappa è stata deturpata dall’invasione russa.