Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  dicembre 16 Sabato calendario

Intervista a Serena Grandi

Vivo nel borgo di Tuscania con due cani e un pappagallo brasiliano. Il pappagallo è un vero rompipalle.
Senza uomini.
Sto benissimo così, tra libri e musica.
Sì, e senza uomini.
Dovrei stare con uno delle mia età? Non esiste proprio, sai che noia.
Sono cupi.
Piangono.
Depressi.
Deprimenti.
Però Serena Grandi è l’idolo di Tuscania.
Sono tutti contenti; (pausa) di cosa parliamo?
È preoccupata?
Non ne posso più di rispondere a domande su Gianni Agnelli, il mio ex marito, Berlusconi…
Panatta.
Per carità, basta. La storia con lui l’ho rivelata dopo vent’anni.
E allora?
Del mio ultimo libro.
Ultimo, non primo.
Li scrivo insieme a Carlo Alberto Biazzi. Sono dei gialli.
Come mai i gialli?
Sono sempre stata malata di criminologia; (si blocca) Sta sbadigliando?
No, perché?
Ha la mano davanti alla bocca.
No, no. Solo attenzione.
Comunque mio padre è stato il capo della squadra mobile di Bologna; tornava a casa, piazzava la pistola sul comodino e mi raccontava tutto.
Affascinata.
Innamorata dei casi irrisolti.
Il preferito?
Il caso Bebawi (a Roma nel 1964, ndr); so tutto, leggo tutto, vedo tutto.
Nel mondo degli artisti spesso i genitori sono stati o ferrovieri o poliziotti.
È vero. Da Renato Zero a Carmen Russo; (cambia tono di voce) mia madre negli anni Sessanta è stata invitata a Roma da Pietro Germi per un ruolo importante ne Il ferroviere.
Capolavoro.
Germi l’aveva incontrata a Rimini: folgorato, la seguiva con la sua macchina scoperta.
E sua mamma?
All’inizio si è spaventata: “Cosa vuole questo?”; poi lui si è presentato e l’ha tranquillizzata. Mamma in quel periodo era la gelataia della stazione di Rimini.
A quel punto?
Germi andò da mio nonno per convincerla ad accettare almeno un provino, e nonno rispose di no.
Peccato.
Mamma in quel periodo usciva insieme a Scilla Gabel. La Gabel partì e iniziò la sua carriera.
Rimpianto per mamma?
Credo di sì; forse per questo a vent’anni sono arrivata a Roma e ho iniziato la carriera d’attrice.
Sono 40 anni da Tu mi turbi.
Non mi domandi di Benigni, non le darei grandi soddisfazioni.
In che senso?
Se mi ha corteggiata.
Il pensiero era per il set.
(Ride) Interpretavo un angelo, giravamo sempre di notte e Benigni l’ho visto pochissimo. Di set ero quasi del tutto digiuna.
Sono quasi 40 anni pure da Miranda…
(Arriva il proprietario del ristorante. La omaggia. Lei sorride. Si scambiano due battute poi la Grandi cambia tono: “Anche io ho avuto un locale”).
Un ristorante a Rimini.
Mai più. Ci ho rimesso una quantità assurda di soldi, credo intorno ai 600 mila euro. Si chiamava Miranda.
Filippo Ascione al Fatto ha raccontato che Miranda era uno dei film preferiti di Fellini.
Non ero nel cast de La città delle donne, eppure proprio Fellini chiese a Dante Ferretti di realizzare un enorme bicchiere: mi voleva fotografare immersa nello champagne; per lui ero la perfetta immagine della Padania “non come Bossi!”.
Sempre al Fatto Franco Branciaroli ha parlato dei set di Brass come molto particolari.
(Ride) Lui è un grande attore, bellissimo, però tra di noi non è accaduto niente.
Come mai?
Mi è sfuggito; comunque Tinto è stato tremendo.
Cioè?
Aveva con sé un ottimo truccatore e ogni volta gli chiedeva di realizzare e poi di rendere perfettamente “reali” dei piselli di plastica; quindi girava il film anche più del previsto, in modo da provocare la censura, il clamore, le polemiche; poi tagliava e le scene in surplus e la pellicola tornava nei canoni originari.
Sul set le fasi erotiche non erano tutte finte.
Ho ancora un paio di mutande di seta di Miranda. Me le ha regalate Tinta.
Quando parla non trasmette mai stress…
È vero. Però sul set mandavo giù. Stavo zitta davanti a quell’erotismo, a certe scene come quella della pipì, a qualche urlaccio, convinta che sarei diventata la più grande d’Europa. Stessa sensazione con Sorrentino.
Sono passati 10 anni da La grande Bellezza.
Mi prese senza provino, mi definì “la musa di Avati”.
Un po’ lo è.
Però nell’ultimo suo lavoro non mi ha coinvolta, sarebbe stato il quarto; adoro quando gira gli horror.
Oltre ad Avati e Brass ha ispirato Dino Risi. Come mai tre maestri così appassionati?
Sono gentile, sono un soldatino. Ho sempre eseguito quello che mi chiedevano; con Sorrentino ho accettato di indossare un busto enorme, pesantissimo, voluto pure da me per apparire come una donna figlia della Dolce vita. Dopo un giorno di set, per il dolore e la fatica, sono stata costretta a rinunciarci; (tono serissimo) ma su quel set già sapevo che sarei diventata un personaggio di un grande film.
Ha fiuto.
Avevo chiaro anche il tipo di filtro utilizzato dal direttore della fotografia.
La vera attrice appena arriva sul set deve diventare amica del direttore della fotografia.
(S’illumina) È la prima regola. È la priorità quando inizia un film; (abbassa la voce) una luce sbagliata ti uccide.
Le piace il set.
Non mi chiamano da due anni.
Come mai?
È una casta.
Ha l’agente?
No. Eppure ho girato 100 film.
Che ruolo le piacerebbe?
Sono ancora troppo giovane per quello della nonna; (sorride) tempo fa, in Commesse, ho interpretato la mamma della Cuccarini, peccato che Lorella ha appena dieci anni meno di me. La produttrice era la Fenech.
Con la Fenech c’è stata competizione femminile?
Edwige è una persona gentile, rara. E preparata.
In generale ha sentito l’invidia delle donne?
In casa brucio tutto il giorno il Palo Santo. Però me ne rendo conto solo ora.
Prima è stata un’incosciente.
Un’avventuriera.
Si è lanciata.
Sempre.
È una sopravvissuta.
Bisogna espiare i propri peccati.
Dei 7 peccati, qual è il suo principale?
(La domanda non è neanche terminata che ha già iniziato la risposto…) Tutti! Tutti.
Senza se e senza ma.
Ripeto: sono un’avventuriera, pure un po’ puttana.
Puttana, per dire.
In alcune fasi della vita avevo la necessità del sesso.
Quante volte alla settimana?
(Qui lo sguardo della Grandi assume un’espressione strana, un misto tra il “povero ignaro” e il “povero cretino”) Ma tutti i giorni.
Anche con le donne?
Mai, però ci provavano, le trovavo sotto casa in lacrime.
Assediata.
Tanto corteggiata; ricordo una cena con Moravia tra i presenti: era anziano, con accanto il bastone, eppure non mancava di lanciarmi messaggini…
E oggi?
Il sesso mi fa schifo.
Se Sorrentino le dicesse: “Ho un ruolo, ma ti devi spogliare…”.
Come la Ranieri, con il toupée tra le gambe?
Eh.
Per Sorrentino sono pronta a tutto, pure alle più grandi bassezze (dallo sforzo chiede una sigaretta al cameriere).
È arrivata a Sorrentino, ma ha iniziato con Pierino.
Mezza posa e solo perché alla regia c’era Luciano Martino; un uomo carino, buono; (cambia voce) l’altro giorno ho visto in televisione Desiderando Giulia. Lì ero bellissima, in maniera sconvolgente.
In quale altro film si trova stupenda?
In Teresa, con quel meraviglioso vestito rosso realizzato con quattro stracci.
A proposito di rosso: il Natale per lei?
Non mi piace molto, è una di quelle fasi di bilanci, di assenze importanti, di famiglia mancata. Mi assale l’ansia.
Dovrebbe dedicarsi al teatro, così lavora e non pensa.
(Ride) Ho partecipato a una tournée con un regista totalmente sordo; adesso sto scrivendo un nuovo romanzo horror.
Bene.
Mi piazzo b letto e creo, solo che mi immedesimo troppo nella storia e allora a un certo punto inizio a sentire dei rumori sinistri e ho paura.
Quanto manca alla fine?
Sono a un punto morto.
Le manca il morto?
Anche; devo studiare la scena del crimine (si sistema la pelliccia bianca, molto bella). È vecchia, altrimenti non l’avrei indossata.
Degli anni 80 ha tenuto molti oggetti?
Quando vivevo a Rimini sono entrati i ladri in casa e hanno rubato quasi tutto: ero in una trasmissione televisiva; mi è rimasto solo ciò che indossavo quel giorno.
Che botta.
In poco tempo ho vissuto un fallimento, la casa all’asta, la mamma morta e i soldi persi; (cambia tono di voce) oggi sono molto cambiata; oggi amo lo zen, lo yoga, la solitudine. E la solitudine dà dipendenza; (pausa) posso fumare un’altra sigaretta? ((Si alza, va verso la terrazza e, mentre passa, un uomo seduto a tavola, insieme a una donna, si blocca. Apre la bocca. Diventa leggermente rosso e con l’occhio da ragazzino. Dimentica la donna davanti a sé. Balbetta solo “che meraviglia. Che onore. Bellissima”).
Era turbato.
Con la fidanzata accanto. Ma come si fa?
È stata mai tradita?
Il mio ex marito mi ha riempita di corna.
Ha replicato?
No! Sempre stata monogama.
Sicura?
Finito il matrimonio sono stati cavoli, ho recuperato; (muta espressione) dopo qualche decennio ho riletto On the road di Kerouac.
E… ?
L’ho trovato un po’ palloso, con passaggi belli, ma meno interessante di un tempo.
Cosa ha pensato?
Che forse di strada ne ho percorsa tanta e certi richiami, certe evocazioni, non mi appartengono più.