il Giornale, 17 dicembre 2023
La follia dell’amore
«Se fumo una sigaretta ti penso con nostalgia» Ci sono parole disperate, giuramenti, promesse, gelosie, porcherie, meschinità, pigrizie, bugie. E, soprattutto, passione. Le Lettere d’amore che Massimo Onofri ha raccolto per il corposo volume che ilSaggiatore (pagg. 900, euro 59) propone come strenna molto romantica, ma anche molto letteraria, sono selezionate fra i «Carteggi di scrittori del Novecento» e sono un modo per entrare nelle loro vite, e nelle loro opere, da un’altra angolatura. Per esempio finiamo nel triangolo improbabile che ha per vertici Elias Canetti, il fratello Georges e Veza, che è la moglie dello scrittore ma, in realtà, è perdutamente innamorata del cognato, medico geniale e omosessuale... O tra le frasi adoranti rivolte da Gabriele d’Annunzio alla moglie Maria Hardouin, della quale sogna «i piedini», fino alla «rovina», passando per una serie di rassicurazioni: «Ripensa a tutto, Maria. Ripensando lungamente, tu non giungerai a chiedermi se io ti ho amata od ingannata; tu non crederai le infamie di cui vogliono coprirmi, tu non crederai nulla; perché, te lo giuro per mia madre!, nulla nulla nulla è vero». Poi c’è Flaiano che, scrivendo a Lilli, sua «amica» norvegese, a ridosso della Seconda guerra mondiale, svela dettagli delle sue abitudini («Sento molto la mancanza della mia cara Lilli, e certe volte, specie se fumo le Philip Morris, ti penso con tanta nostalgia») e delle sue predilezioni letterarie: «Io leggo tutto il giorno le poesie – circa un migliaio – di un poeta romano dell’800, Belli... Intanto mi fa piacere che tu legga Manzoni. È molto ingrato a leggersi perché i personaggi, specie i principali, non sono troppo interessanti. Ma la morale del libro è quanto di più essenziale possa esserci: e le figure del Don Abbondio, del Cardinale, dell’Innominato sono enormi; italiane». E poi c’è la relazione burrascosa fra Pierre Drieu La Rochelle e Victoria Ocampo: sono poche ma indimenticabili le missive, selezionate tra quelle che lo scrittore francese e l’editrice e autrice argentina si scambiarono fra il 1929 e il 1930. «Victoria, amica mia diletta, scusa, questa nuova follia che ci separa mi spaventa»; parole accanto a cui lei commenta: «La follia che ci ha separati dopo 3 mesi – e in un certo senso per sempre – è che non potevo sopportare il suo modo di pensare su certe cose (tra cui le donne)». E ancora, La Rochelle che passa dall’amore più romantico («Qui non vedo nessuno, sprofondo nella più amara solitudine. Mi sdraierò sul seno del pianeta e dall’altra parte sentirò battere il tuo cuore») alla trivialità («Ricordi certe sere e certi giorni? C’insultavamo con tale accanimento. Victoria, sei la vacca più bella della pampa, come direbbe Omero»). E poi le meravigliose lettere di Kafka a Milena, le oscenità che James Joyce vorrebbe leggere dalla moglie Nora, suggerendogliene nel frattempo qualcuna, le dichiarazioni estreme di Salvatore Quasimodo a Curzia Ferrari, la poesia delle parole rivolte da Erich Maria Remarque alla divina Marlene Dietrich, anche quando pensa a che abito indosserà o a che musica suonerà il grammofono: «Siamo così uguali; sento sempre come mi rispondi. Viviamo sotto le stesse stelle». Ah l’amour, come rende fou...