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 2023  dicembre 17 Domenica calendario

Italiani “formichine” il risparmio torna su Bot e mattone


MILANO – L’inflazione più cattiva da 40 anni gli italiani non l’hanno vista arrivare. Ma non li ha terremotati, perché si sono rifugiati nel solco atavico: vita da formichine, e il poco che avanza nel mattone, o nei titoli di Stato. I beni rifugio di sempre.
Il 95% per cento delle famiglie si dice «finanziariamente indipendente», più del 93% che lo pensava un anno fa, nella nuova “Indagine sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani” curata da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi. Si è tuttavia ridotta la quota di chi pensa «che il reddito sia sufficiente a mantenere un tenore di vita accettabile, sia ora che al momento della pensione»: con i giovani più preoccupati della media, i laureati più ottimisti, gli uomini più sicuri e le donne più timorose.
Forse per reazione, il tasso di risparmio s’è alzato: siamo «sui valori massimi del pre-pandemia», e il 54,7% delle famiglie risparmia (53,5% nel 2022), in media un 12,6% del reddito, dato pure crescente sull’11,5% 2022. «Si conferma la tradizionale prudenza delle famiglie», chiosa Gregorio De Felice, a capo della direzione studi Intesa Sanpaolo. Per l’economista il volo dei prezzi «ha peggiorato la distribuzione dei redditi, svantaggiando i più fragili. Oggi vediamo che le banche centrali hanno vinto la loro battaglia contro l’inflazione. E ci sono le condizioni per un aumento dei salari, che costituirebbe un volano importante per sostenere i consumi delle famiglie e trattenere in Italia le risorse più qualificate». Tra l’altro, quasi due terzi delle famiglie denotano «fragilità finanziaria»: solo il 37% può far fronte a una spesa inattesa di 5.000 euro.
A 12-18 mesi aleggia il pessimismo. Gli intervistati «si attendono una sostanziale stabilità nelle entrate, ma anche un aumento delle spese per consumi e imposte»: dunque, un implicito calo dei risparmi futuri. Quanto agli attuali, il 2023, con i rialzi dei tassi, ha riportato in auge i bond. Circa un quarto degli intervistati vi investe, in media un 28% della ricchezza (dal 23% dell’anno scorso). La Borsa, invece, resta «un terreno da dissodare», e anche il risparmio gestito ha subito uno scossone dopo anni d’oro. I titolari di fondi e Sicav sono scesi al 15,5% (dal 17,3), quelli di gestioni patrimoniali all’8,4% (dal 9,3%), mentre salgono i più economici Eft (dal 3,3% al 4,1%) e le polizze unit-linked azionarie (dal 4% al 4,6%). Il 2022, «anno orribile sui mercati, non ha però desertificato la Borsa», sostiene l’indagine. Ma a investirvi direttamente è solo un 5%, mentre le turbolenze rilanciano i metalli preziosi (un 23,2% li compra), gli investimenti etici “Esg” (13,1%), e le criptovalute, il cui alto rischio «non sembra impensierire i più giovani, i risparmiatori ad alto reddito e istruzione».
Purtroppo, e anche qui esce la poca educazione finanziaria, chi detiene liquidità nel 2023 è salito al 48% (dal 44%), malgrado l’inflazione la svaluti in modo lineare. Un altro aspetto che mostra la nuova centralità della “sicurezza” è l’investimentonel mattone. Solo in prime case, gli italiani ne hanno già per 4.000 miliardi, oltre il doppio del Pil: ma il mercato resta ambito, benché i giovani dal 2018 ne siano sempre più esclusi. Solo un 8,2% ha un mutuo che supera la soglia critica del 33% delle entrate, e «due mutui su tre sono immunizzati dall’aumento dei tassi». Però un 13,4% del campione s’è indebitato solo «per far fronte alla crisi», dal 9,1% del 2022; «un’area di disagio legata all’inflazione e alla difficile ripresa dell’economia».