Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  dicembre 16 Sabato calendario

La rivincita della tv generalista

La tv generalista tiene, le piattaforme di streaming rimangono ferme: è una sorta di stallo alla messicana quello che vive l’industria dell’audiovisivo. La generalista non muore, le piattaforme non riescono a mangiarsela. Sono i dati che emergono dal nuovo «Annuario 2023 – Televisione resiliente», lo strumento che riassume tutte le tendenze di un anno di televisione, realizzato dal Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi (Certa) dell’Università Cattolica di Milano con il patrocinio di Agcom.
È come se la bolla di interesse intorno alle piattaforme (Netflix, Prime Video, Disney, Paramount) fosse improvvisamente scoppiata: abbonamenti in stallo, capacità di penetrazione saturata. Questo nonostante sia cresciuto il numero delle smart tv, ovvero i televisori che hanno la possibilità di connettersi in rete alle piattaforme e quindi di proiettarsi in un uno scenario di offerta fortemente modificato, nel quale convivono contenuti audiovisivi da fonti diverse, fruibili in modi altrettanto variegati.
Le tv connesse raggiungono ormai 32 milioni di italiani (più della metà della popolazione) e sembrava logico pensare che le reti lineari – quelle scandite dal palinsesto deciso dagli editori – potessero subire un contraccolpo con una «fuga» nel consumo di contenuti sulle piattaforme. Ma questo non è avvenuto: il cosiddetto «ascolto non riconosciuto» che comprende browsing (il tempo che perdiamo per cercare un contenuto), gaming (i giochi online) e visione in streaming sulle piattaforme è bloccato a meno del 20% del consumo complessivo. Confrontando periodi omogenei (maggio/novembre 2022 e 2023) l’ascolto della tv cresce dell’1,4%, soprattutto grazie al fatto che molti italiani iniziano a consumare i contenuti on demand degli editori televisivi: gli spettatori sono saliti da 7.344.000 a 7.450.000.
A cosa si deve la resilienza della tv di cui parla l’Annuario? «La risposta pare evidente – spiega massimo Scaglioni, direttore del Certa —: alla capacità di produrre una quantità di contenuti di qualità (ovvero capaci di generare attenzione e interesse), oltre che di generare ritualità e appuntamenti. Se misuriamo la quantità di contenuto originale unscripted (di intrattenimento) prodotto in Italia (oltre 17mila ore nella stagione), che costituisce la colonna vertebrale dell’offerta, si comprende bene che il contenuto è la vera forza del broadcasting».

I palinsesti
Interessanti anche le classifiche dei programmi più visti: se la Rai è più forte nella visione tradizionale, Mediaset riesce a riscattarsi con lo streaming. Nella prima graduatoria domina il Festival di Sanremo (10,6 milioni di spettatori), quindi arrivano Le indagini di Lolita Lobosco (5,3 milioni), ancora Amadeus con L’anno che verrà (5,1 milioni), quindi due fiction: Fiori sopra l’inferno (4,8 milioni) e Mina Settembre (4,7 milioni). I numeri più alti in streaming sono invece per Il Grande Fratello Vip (237 milioni di stream), Mare Fuori (163 milioni), Amici (125 milioni), Uomini e donne (115 milioni) e – incredibile – la soap turca Terra Amara (110 milioni). Quanto ai talk politici è La7 a farla da padrona con quattro titoli nella top 5 tra i programmi che incrementano di più il loro ascolto con la total audience: in questa stagione (settembre-dicembre) dopo Quarto Grado, ci sono infatti Propaganda Live, Piazzapulita, diMartedì e In Onda.
I dati dell’«Annuario» fanno capire che siamo ormai entrati nel mondo della Total tv, che è un terreno nel quale, nel medesimo ambiente, convivono broadcast e streaming, lineare e non lineare, con una sempre più netta convergenza fra televisione e internet. Spiega ancora Scaglioni: «La televisione, più e meglio degli altri media, ha saputo intercettare il cambiamento, farlo proprio, e trovare nuovi equilibri sospesi fra broadcasting e streaming: le abitudini degli spettatori – che si muovono senza soluzione di continuità, per esempio, fra la visione in diretta di un telegiornale o di un programma di approfondimento, il second screen su un social media a monitorare come quella trasmissione sia discussa e commentata, e poi la visione à la carte di una serie o un programma di intrattenimento in streaming – fanno da specchio a un’offerta che supera gli antichi limiti della scarsità (in favore dell’abbondanza o, meglio, della sovrabbondanza dell’offerta) e della rigida linearità in favore di un palinsesto che si fa sempre più personale».