Corriere della Sera, 16 dicembre 2023
Il farmaco miracoloso
La rivista scientifica americana Science ha definito lo sviluppo dei farmaci agonisti del recettore del Glp-1 «scoperta dell’anno». Sviluppati per il diabete, inducono una significativa perdita di peso, con effetti collaterali per lo più gestibili.
La molecola vincente è la semaglutide, portata alla ribalta negli Stati Uniti perché usata per dimagrire da personaggi dello «star system». Agisce calmando il senso di fame e rallentando lo svuotamento gastrico: i dati di efficacia mostrano un dimagrimento del 16% in un anno.
La rivista Science, però, probabilmente ha scelto questa classe di farmaci perché sembra abbiano anche un effetto protettivo sul cuore: uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine a novembre ha dimostrato una riduzione del rischio cardiovascolare. Un precedente lavoro uscito a settembre sulla stessa rivista aveva descritto l’efficacia del farmaco nel contenere i sintomi dello scompenso cardiaco. «L’introduzione nel trattamento dell’obesità di questi farmaci, in particolare della semaglutide, rappresenta una vera rivoluzione – dichiara Luca Busetto, past President della Società Italiana dell’Obesità (Sio) —. Sono molecole estremamente efficaci, normalmente ben tollerate, di cui abbiamo un’esperienza molto lunga nei pazienti con diabete di tipo 2. Riducono la fame e portano un grosso beneficio a livello di prevenzione delle complicanze dell’obesità».
Come tutti i farmaci vanno presi sotto stretto controllo medico, perché possono avere effetti collaterali: «I più comuni sono nausea, vomito o diarrea. Di solito sono transitori, perché lo stomaco tende ad adattarsi, ma in alcuni casi si sono registrati paralisi gastrica, pancreatite e ostruzioni intestinali», dice Busetto.
Le criticità
Le domande aperte riguardano il tipo di trattamento non così agevole (un’iniezione sottocutanea una volta alla settimana), i possibili effetti a lungo termine e la necessità di prendere il farmaco per sempre: «Lo studio più lungo finora è durato quattro anni – conferma l’esperto —. Sospendendo il farmaco molto probabilmente si riprenderebbe peso, come succede con l’ipertensione quando si interrompono le cure».
Le criticità riguardano la reperibilità della semaglutide: il suo successo ha portato a una domanda spropositata. Basti pensare che negli Stati Uniti ci sono state segnalazioni di individui arrivati alla malnutrizione o all’intossicazione per overdose da farmaci analoghi, acquistati su internet o preparati da farmacie. L’esposizione mediatica che l’uso di questi farmaci ha avuto da parte delle star non ha aiutato i pazienti, anche diabetici, che li usano da anni e ora rischiano di non trovarli più. «L’effetto positivo è che si è iniziato a pensare all’obesità senza pregiudizi, come a una malattia, concetto ancora difficile da accettare», afferma Busetto.
In Italia queste molecole non sono approvate per l’obesità, ma solo per il diabete e già l’Agenzia italiana del Farmaco ha diramato una nota in cui prevede per semaglutide e liraglutide (una molecola della stessa classe) carenze per tutto il 2024. Quali opzioni alternative ci sono contro l’obesità? «I farmaci autorizzati sono tre e nessuno è dispensato dal Servizio sanitario nazionale – risponde l’esperto —: orlistat, che riduce l’assorbimento dei grassi, ma è poco usato per gli importanti effetti collaterali intestinali. Poi c’è un farmaco che combina due molecole, un antidepressivo e un anti-oppiaceo: riduce il peso dall’8 al 10% in un anno, ma può causare ipertensione (problema di cui soffrono già molti pazienti obesi). Terzo è liraglutide, della stessa famiglia della semaglutide, da somministrare per via sottocutanea una volta al giorno, un po’ meno efficace».
Sono in corso studi anche sull’utilizzo di semaglutide nel trattamento della tossicodipendenza, dell’Alzheimer e del Parkinson, per la sua capacità di modificare l’attività del sistema nervoso centrale.