Domenicale, 10 dicembre 2015
Storia del Vittoriano dopo l’inaugurazione
Nel 1924 Armando Brasini (1879-1965) entrò a far parte della storia del Vittoriano, con la nomina a direttore artistico: l’architetto avrebbe guidato il cantiere per quindici anni esatti, fino al 1939, conferendo al monumento l’assetto definitivo. Quando Brasini assunse l’incarico, il Vittoriano era ancora lungi dall’essere concluso. Certo, una solenne inaugurazione si era svolta nel 1911, nel cinquantenario del Regno d’Italia. Ma al di là delle cerimonie, delle fanfare e dei discorsi ufficiali, molti e annosi problemi restavano in attesa di una soluzione. Valga per tutti la questione statica sul lato dei Fori Imperiali, che risaliva addirittura alla fase di Giuseppe Sacconi. Nel 1900 erano qui venute alla luce lesioni strutturali, talmente gravi da minacciare il progressivo scivolamento verso est e a lungo andare il crollo dell’intero complesso.
Al termine di una serie di studi, una proposta concreta era giunta nel 1922 dai direttori artistici Manfredo Manfredi e Pio Piacentini: Manfredi e Piacentini avevano pensato di arrestare il processo di slittamento costruendo sul lato orientale una sorta di baluardo, o contrafforte. Il blocco, formato da due saloni quadrangolari sovrapposti di circa venti metri per lato, avrebbe accolto il Museo del Risorgimento: un ulteriore braccio lo avrebbe collegato con il portico del convento di Santa Maria in Ara Coeli, alla sommità del Campidoglio, costruito nella seconda metà del Cinquecento su progetto di Jacopo Vignola. Pensieri, calcoli, disegni: rimane che al momento della nomina del nuovo direttore artistico ogni cosa giaceva ancora sulla carta.
Brasini aveva dalla sua un profilo abbastanza singolare. Nato nel 1879 a Roma, egli aveva frequentato l’Istituto di Belle Arti e i corsi del Mai, il ben noto Museo Artistico Industriale. Il suo forte sembrava allora risiedere nella decorazione, soprattutto a stucco. La svolta verso l’architettura era giunta qualche tempo più tardi, per poi radicarsi fra gli anni 10 e i primi anni 20. Il suo linguaggio, inizialmente Liberty, aveva ben presto acquisito una flessione magniloquente e retrospettiva, sensibile a modelli soprattutto rinascimentali e barocchi. È la declinazione evidente fra l’altro nella mostra del 1922 sulle opere recuperate all’Austria, allestita a Palazzo Venezia, o nel progetto per la Basilica del Sacro Cuore Immacolato di Maria, sempre a Roma, destinata a rimanere incompiuta. Ormai oltrepassati i quarant’anni, Brasini era ancora in cerca della consacrazione definitiva. Il Vittoriano gliene diede l’opportunità. Alla sua matita vanno ascritti la sistemazione della Tomba del Milite Ignoto e, all’interno del complesso, del relativo Sacello e del Sacrario delle Bandiere.
Una partita ancor più importante si giocò lungo il lato orientale. I problemi strutturali si erano qui ulteriormente aggravati per via della necessità di tutelare un imponente muro di età romana emerso nei lavori di sbancamento del convento dell’Ara Coeli. Brasini impose una serie di modifiche al progetto Manfredi-Piacentini: egli trasformò così l’edificio di collegamento con il portico del Vignola nell’ingresso principale del Museo del Risorgimento e lo dotò di una facciata monumentale in peperino e travertino. Una volta sanato lo scivolamento del complesso, anche grazie all’adozione di una serie di soluzioni obiettivamente ingegnose, l’architetto consegnò la nuova ala sui Fori Imperiali nel 1935.
In vista dei cento anni dalla nomina di Brasini a direttore artistico del cantiere del Vittoriano, il VIVE-Vittoriano e Palazzo Venezia intende restituire luce alla sua figura di architetto, con un’enfasi particolare per l’Ala sui Fori Imperiali. Com’è noto, l’Ala è stata interdetta al pubblico nel 2019, allo scopo di permetterne il restauro: l’obiettivo consiste nel trasformarla in un moderno centro didattico ed espositivo, da porre al servizio del Ministero della Cultura, per raggiungere un pubblico nazionale e internazionale. Il VIVE, ottenuti 6 milioni di finanziamento, ha dato a corso a una procedura per affidare il progetto definitivo. Recuperare la spazialità di Brasini, offuscata da superfetazioni successive; rendere la struttura pienamente accessibile e dotarla di impianti in linea con gli standard richiesti dai musei e dai collezionisti di alto livello: queste le specifiche principali, come illustrato qui a fianco dai vincitori della selezione, lo studio Guicciardini&Magni di Firenze. C’è dell’altro. In parallelo, il VIVE ha ritenuto giusto offrire un contributo reale agli studi su Brasini. Di qui un convegno internazionale, organizzato con l’Archivio Centrale dello Stato – custode del materiale documentario relativo al Vittoriano e dal 2018 del Fondo Brasini – e il suo direttore Andrea De Pasquale, con il coinvolgimento della Soprintendenza di Roma, guidata da Daniela Porro, e il contributo dello Stato Maggiore della Difesa. Il convegno, che annovera tra i curatori Mario Bevilacqua, Claudia Conforti e Maria Grazia D’Amelio, mette al centro il lavoro di Brasini al Vittoriano per poi allargarsi alle altre opere a Roma e in Italia. Restauro e ricerca, strutture di tutela e università: ecco le parole d’ordine per il definitivo rilancio di un monumento, il Vittoriano, che nel 2023 si appresta a toccare e magari ad andare oltre la soglia dei 4 milioni di visitatori.
Direttrice generale del VIVE
Vittoriano e Palazzo Venezia