Domenicale, 10 dicembre 2015
Le pietre più antiche
a villa medici, sulle orme di cailloisRomaStefano Salis
«Più di una volta mi è capitato di pensare che fosse opportuno guardare alle pietre come a una sorta di poesia»: naturalmente, Roger Caillois, il più fine, mirabolante e profondo indagatore del mondo minerale visto sub specie aeternitatis come letteratura della più alta qualità. E, infatti, la mostra si intitola Storie di pietra (a Villa Medici a Roma, fino al 14 gennaio, a cura di Jean de Loisy e Sam Stourdzé) ed è, davvero, il romanzo di una frequentazione continua tra uomo e minerali, tra arte e geologia che rivela come le “pietre” (e basta, che nome nobile; altro che “preziose”) occupino una posizione decisiva tra il capriccio della natura e l’opera d’arte. E non poteva che essere una sala dedicata a una parte della collezione di Caillois a fare da prologo, fondazione e, allo stesso tempo, profetica e sublime ricapitolazione di tutti i temi dopo esposti: una selezione delle agate, paesine, septaria ci accoglie in silenzio e ci prepara al seguito.
Poi, in dieci sale, con ottime soluzioni espositive, ecco prestiti di oltre 70 istituzioni e quasi 200 opere, dal più antico minerale terrestre (risalente a 4,4 miliardi di anni fa) fino all’ultimo minerale, creato dall’artista contemporanea Agnieszka Kurant, la Sentimentite (ci sanno fare, gli artisti, anche con le parole, c’è poco da aggiungere).
Il percorso, oltre le sale espositive, prosegue nell’antica cisterna di Villa Medici, negli appartamenti del Cardinale Ferdinando de’ Medici e nell’atelier Balthus: e sarebbe inutile soffermarsi in questo poco spazio per citare, da Rodin a Penone, da Charlotte Perriand ad Antonio Tempesta, da Leger a Damien Hirst i tanti nomi rappresentati. Si tratta di confrontarsi con le molte soluzioni che gli artisti hanno escogitato per riaffermare la solennità e la potenza della pietra (non a caso i popoli preistorici, e non solo loro, venerano pietre come manifestazioni del divino). Presente in una fotografia, vigila sull’esposizione il ciottolo di Makapansgat, pietra bruno-rossastra di diaspro (260 grammi di peso, 3 milioni di anni d’età): nelle sue linee e scalfitture naturali non è chi non “veda” un volto umano. Trovato accanto ai resti di un Australopithecus africanus, in Sudafrica, sarebbe il più antico esempio conosciuto di pensiero simbolico e senso estetico. Ma non è chiaro se siamo noi che assomigliamo a lui o viceversa. Una perfetta “storia di pietre”.