Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 10 Giovedì calendario

Essere pietra

Nel 1981, in occasione dell’esposizione del pittore Alberto Magnelli, Italo Calvino scrive un breve testo: Essere pietra.
Lo scrittore immagina che a parlare sia uno dei massi raffigurati nei quadri dell’artista. L’esordio è secco e preciso: «Io sono una pietra». Il sasso parla in prima persona e spiega in cosa consista la sua identità. Altrettanto icastico è l’asserto da cui la voce narrante prende il via: «So che non potete capirmi».
Nella sua finzione narrativa la selce, le cui proporzioni non sono ben definite nel racconto, cerca di spiegare a noi umani in cosa consista la propria forma e identità. Una pietra non è un essere umano, una pietra non ha un’identità.
Intanto esiste come parte di un tutto, come “qualcosa” che s’è staccato da una parte più grande, cosa che non le impedisce di possedere una propria singolarità. Forse non una unità singolare, ma certo una propria “forma”.
In questo racconto Calvino ci fa riflettere su una parte del mondo che noi conosciamo solo attraverso la marca linguistica del “minerale”. Uno dei tre regni della tradizionale classificazione degli esseri che vivono sulla faccia della Terra classificati nel 1758 da Carl von Linné, il regno più misterioso per noi, dal momento che deriva il suo nome da una parola latina che significa “miniera”, e che noi consideriamo inerte, statico, inalterabile, ma che tale non è. “Pietra” è un termine di origine greca, che è il nome che si dà comunemente alle rocce compatte in alternativa alla parola di origine latina, saxum, sasso. Il racconto di Calvino nel suo dispiegarsi pone questioni e problemi d’identificazione della pietra. Di sicuro il sasso è parte di qualcosa, ma al tempo stesso, specifica la “voce” della pietra, non esiste la Grande Pietra. Come identificare allora una pietra? E poi, quella che parla è la pietra o una pietra?
Come Calvino stesso era consapevole sin dall’epoca delle sue Cosmicomiche, il punto di vista del narratore è inevitabilmente umano. Non è possibile scrivere un racconto dal punto di vista della pietra, per cui lo scrittore cerca, attraverso quello che sa delle pietre, e di sé stesso, di far parlare la pietra pensando al posto della pietra, parlando come-se-fosse-una-pietra. Ma le pietre pensano? Ha senso parlare di “pensiero” nel caso delle pietre? Che lingua parlano le pietre? Esisterà un linguaggio delle pietre autonomo, un linguaggio che non sia imposto dagli esseri umani? Gli interrogativi che pone questo racconto sono innumerevoli e per molti di essi non c’è una risposta, non solo assoluta, ma neanche relativa. Eppure il racconto dello scrittore ligure pone una serie di problemi cui cerca di dare risposta Federico Luisetti nel suo Essere pietra, che reca come sottotitolo l’emblematica espressione: Ecologia di un mondo minerale.
Il punto di partenza è ben espresso nell’introduzione del libro: poiché le pietre non parlano, non si muovono, non possiedono una “vitalità universale”, «la loro alterità dev’essere riconosciuta come una sfida all’egemonia della persona vivente, ovvero al fulcro del pensiero occidentale». Il punto focale del libro, che si muove tra geologia, antropologia, filosofia, scienze politiche, e altro ancora, è proprio quello della “persona”. Che persona è una pietra? La risposta è semplice, ce la fornisce Calvino stesso nel suo raccontare ragionando del testo per Magnelli: l’essere pietra «implica l’essere parte d’una pietra più grande da cui mi sono staccata», ovvero di «partecipare della natura di tutto ciò che è pietra». Il che significa che esiste una natura di pietra in ogni pietra che esiste sulla faccia della terra o nelle sue viscere, che «continua ad esistere pur nella frantumazione delle singole pietre»? E tutto questo anche se non c’è la Grande Pietra? A meno di considerare la Terra nel suo insieme, superficie e profondità, la Pietra delle pietre. E tuttavia le pietre non sono “persone”, non tanto e non solo perché non respirano, non crescono, non si muovono per propria forza o volontà, ma perché l’idea di “persona” non sembra applicabile a loro – le persone sono unità inalterabili e indivisibili, le pietre no. (...)
Come tutti gli scrittori anche Calvino, grazie alla immaginazione, riesce a descrivere un paesaggio mentale dove la realtà “pietra” ci pone continue domande su di sé e su noi stessi. «So che non potete capirmi», afferma la pietra. Forse è proprio dal non-capire che ha inizio il processo di risveglio del pensiero e anche della sensibilità – le due cose procedono, come ha intravisto Calvino lettore di Michel Serres, insieme. Ignoro come potremo avanzare su questo sentiero. Per fortuna Luisetti si è posto per noi queste domande e grazie alle ricerche di molti pensatori, filosofi e uomini di azione – azione e pensiero fusi insieme – cerca di mostrarci una possibile via per trovare un posto per le pietre nel mondo umano e uno spazio per gli umani nel mondo minerale. Non sarà un tragitto facile perché ci pone molte domande su noi stessi, ci obbliga ad affrontare, com’è evidente dal breve testo di Calvino, innumerevoli questioni.
Gli scrittori non sono addetti alle soluzioni – o alle risoluzioni. Loro si occupano solo delle domande, quelle che scaturiscono dall’infinita immaginazione che è il vero segreto della loro attività artistica, tema che Calvino ha ben presente partendo da autori come Giambattista Vico e Giordano Bruno. Lo si evince dalle sue Lezioni americane, in particolare da quella dedicata alla Visibilità: pensare è guardare e insieme immaginare, compreso lo scacco del pensiero stesso come ci mostra in Palomar. Il pensiero è un essere-nel-mondo, ci insegna lo scrittore ligure, un modo di essere, proprio come dicono le pietre di Magnelli. Il compito dello scrittore è far parlare ciò che non ha parola: «Magari fosse possibile far parlare un’opera concepita al di fuori del self, un’opera che ci permettesse d’uscire dalla prospettiva limitata d’un io individuale, non solo per entrare in altri simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola, l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica».