La Stampa, 15 dicembre 2023
«Un omaggio a papà». Il film di De André per De André
Storia di un Impiegato è un omaggio a mio padre, alla sua poesia e alla sua coerenza. Oggi come mai le sue parole, le sue canzoni, sono così atemporalmente attuali. Lui è stato più che un’indicazione per me, una via da seguire, una via più giusta e umana credo per tutti noi.Nel rileggere Storia di un Impiegato mi sono catapultato indietro nel 1973 quando è stato scritto, fino a sentirne i profumi e le voci. Ho deciso di farne una sorta di opera rock perché ho ritrovato delle analogie con il periodo storico che stiamo attraversando. Dopo due anni di un meraviglioso tour è nata l’idea insieme a Roberta Lena, la regista di farne anche un film/ documento.Mi ricordo da adolescente quando vedevo e vivevo mio padre mentre stava scrivendo questo album, insieme a Giuseppe Bentivoglio e Nicola Piovani. Lui e Giuseppe si aggiravano per casa come due orsi incazzati parlando e discutendo in maniera accesa e indignata, sui momenti che stavano socialmente e politicamente vivendo. Dall’oscurantismo Democristiano, al PC che aveva abdicato ma anche per le derive che aveva preso la Lotta di Classe. Contro tutto quel Potere che aveva urgenza di Potere perché lo percepiva fragile. Così le stragi di Stato, le Brigate Rosse, l’uccisione Moro, i Depistaggi. E poi Buscetta, i Pentiti della Mafia, l’uccisione di Falcone e Borsellino.In qualche modo ci sono componenti che si stanno rispecchiando oggi con il massacro dei Curdi, dei Palestinesi, con la guerra in Ucraina. Si respira di nuovo aria di dittatura, di odio, si è tutti contro tutti, sui social come nella vita reale, si sta perdendo l’umanità, il rispetto, la pietà e la compassione verso gli altri, in particolare verso i più deboli, i diversi, gli emarginati, quelli di cui cantava mio padre.E nella politica e in una certa informazione, c’è purtroppo qualcuno che sfrutta e alimenta tutto questo odio per un proprio tornaconto personale e ci porta a confondere, troppo spesso, democrazia con dittatura e dittatura con democrazia. Bisogna avere ben radicati dentro di noi un’etica e dei valori alti per non perdere la bussola e muoverci correttamente, in modo da non rischiare di essere solo vittime del complottismo e della manipolazione.Abbiamo fatto un passo indietro oggi a mio avviso, rispetto agli Anni ’70; allora era viva quella speranza che non c’è più. La gente si rispettava di più! Scendeva in piazza, protestava. E dominava la bellezza: la grande musica, la poesia, ormai oggi relegata in una nicchia, proprio come la letteratura alta che succhiava il midollo alla vita. La gente stava meglio in quegli anni perché senz’arte non si può vivere: è il pane per la nostra anima.Io e Stefano Melone, abbiamo cucito le nostre passioni musicali cercando un suono che potesse essere un ponte, un prolungamento ad oggi del grande tocco che aveva dato Nicola Piovani nel 1973 a questo lavoro. L’idea era quella di ricreare la stessa tensione di quel momento usando nuove sonorità. Abbiamo giocato con il rock, la musica popolare e l’elettronica, riarrangiando tutti i brani e unendoli tra loro con delle suite strumentali. —