Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  dicembre 14 Giovedì calendario

Welles in Italia

Orson Welles in Italia è il tutto per la parte, meglio, il tutto in arte. Un gigante a cui Hollywood ha tolto la terra da sotto la macchina da presa che fa la valigia e “cerca nuovi stimoli in un paese prostrato dalla miseria del dopoguerra”, spartendo “l’orgoglio di chi cerca di rialzarsi”. Da Cagliostro di Gregory Ratoff a L’uomo, la bestia e la virtù di Steno, dal 1947 al 1953, “una cruciale manciata di anni in cui il regista coltivò le arruffate speranze di nuovi film portandone a termine uno solo”, il capolavoro Otello. Alberto Anile aggiorna e amplia – la sceneggiatura dall’Enrico IV di Pirandello, la Salomé proposta a Peppino Amato… – per i tipi de La nave di Teseo il suo eccellente Orson Welles in Italia, e rendiconta la trasferta tricolore del genio di Quarto potere, chiamato – rileva Pupi Avati nella prefazione – a un’impresa improba: “Come farà a frequentare il verosimile colui che si è forgiato nell’inverosimile?”. L’idillio con “un paese adorabile” fu repentino quanto effimero: casa a Frascati, corte alle italiane, accordi produttivi. Il rifiuto sinfonico e brutale: le belle anime di Via Veneto lo annoverano fra “le delusioni del dopoguerra”, i produttori si danno, i critici intingono nel fiele e falciano “presuntuose e orripilanti pasticciate”, le donne si accodano nel diniego. Che rimane? “Una mitologia superficiale e sensazionalistica che lo voleva personaggio istrionico e inattendibile”, e le tappe di una Via Crucis – La ricotta di Pasolini l’avrebbe informato solo nel 1963 – laica, ma non meno dolorosa. L’accoglienza regale che Orson si attende non sarà la panacea di tutti i mali patri – il maccartismo, l’ostracismo degli studios, i problemi col fisco – neppure, malgrado il talento cristallino: ebbe a dire il direttore della fotografia Oberdan Troiani, “lavorai con tanti registi, anche con Visconti, ma dopo Welles tutti gli altri mi sembrano delle schiappe”.
Il Gulliver stelle & strisce non disdegna i lillipuziani de ‘noantri, ma punta in alto: al giornalista Luigi Barzini jr. fa apparecchiare una leggendaria cena da Romualdo con Palmiro Togliatti, il leader del Partito comunista. È l’8 dicembre 1947, Cagliostro è in piena lavorazione, e il riccioluto Orson fa il piacione raccontando di come a un bivio stradale decise egli stesso per il presidente Roosevelt: “Andiamo a sinistra, non si sbaglia mai”. Pizze, filetti di baccalà e il Piano Marshall per centrotavola: “Non deve diventare un’elemosina, che impoverisce – puntualizza Togliatti – chi la fa e chi la riceve”.
In barba a qualsiasi segretezza, la fotografia di rito asseverò l’orientamento di “uno dei maggiori comunisti di Hollywood”, e l’ufficio di Hoover rimpolpò il dossier, stigmatizzando “lo sciopero generale che Togliatti indisse proprio all’indomani della cena”. Adiuvato dall’inclinazione sovietica, il Migliore si sbilanciò: “Questo Welles è l’americano più intelligente che abbia conosciuto”. Che si diede da fare, recitando con Totò (L’uomo, la bestia e la virtù, appunto), concupendo l’attrice Lea Padovani, proiettando di sé l’immagine “della classica star hollywoodiana piuttosto che dell’impegnato regista controcorrente”. L’autore degli allora “inediti e chiacchierati” Citizen Kane, La signora di Shanghai, dove rifà i connotati alla ex moglie Rita Hayworth con sommo sbigottimento degli studios, e Macbeth “cenava a Tor Fiorenza, bivaccava alle Grotte del Piccione, entrava e usciva dall’ABC e dal Jicky Club, più preoccupato di tenere il passo di danza con qualche avvenente ragazza che di raggiungere nuove vette artistiche”. La dolce vita prima della Dolce Vita, ma con un retrogusto amaro. Se la relazione con Franca Faldini, nota per essere stata la compagna del principe Antonio de Curtis, durò – confessa ella stessa – “lo spazio di un mattino”, rubricandosi quale “flirtino ragazzino”, Cagliostro gli guadagna schiaffi sardonici, “Noi siamo dei mediocri, Mr. Welles, mentre lei è un genio. Noi non siamo fatti per lei e lei non è fatto per noi” (Dino Falconi su Film), e illustri, “sciatto e pagliaccesco” vuole Ennio Flaiano. L’esilio italiano è definitivamente ammalorato dalla ricezione con “il pollice verso” di Otello, presentato in prima mondiale a Roma il 29 novembre 1951, ma Orson Welles patì di peggio, trovandosi criticato, per Citizen Kane, e al contempo dileggiato, per ubriachezza, dal critico Guido Aristarco, celato dietro pseudonimo (De Paolis) sulla rivista Bis. Finì in tribunale, ma senza riscontro: la parte per il tutto.