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 2023  dicembre 12 Martedì calendario

Intervista a Mietta


Non lo poteva soffrire.
«Lo trovavo un nome banale, insulso, sdolcinato. Lo scelse Claudio Mattone, mio produttore di allora. “Ti chiamerai Mietta”. “Mi-et-ta? Ma è bruttissimo!”. “Vedrai che alla fine ti ci abitui e ti piacerà”. E in effetti adesso mi ci sono affezionata. In quel periodo andava di moda così, anche Filippo si è beccato Nek, non so quale dei due sia peggio».
A Sanremo nel 1989, categoria Nuove Proposte.
«Eh no, in realtà ci ero stata anche l’anno prima, però mi hanno buttato fuori subito, ho cantato all’una e mezza del mattino, non mi ha visto nessuno. E forse è stato meglio, avevo un vestito orrendo abbinato a due mostruose ghette rosse e nere, un taglio corto col ciuffo e una coreografia imbarazzante».
Al secondo colpo andò meglio. Vinse con «Canzoni» («E allora/tara-tara-tara-tatta-tattà/ti ripeto/tara-tatta-tattà/che si tratta di noi»).
«Sì, certo, anche se portavo i capelli cotonatissimi da punk e una giacca giallo ocra, però il testo era meraviglioso».
E poi nel 1990 fu subito «Vattene amore».
«Dovevo cantarla da sola, in gara tra i Big, ma un altro gruppo che aveva vinto tra i Giovani due anni prima piantò un casino, minacciò di fare causa al Festival, Aragozzini era preoccupatissimo. Così per salvarmi Amedeo entrò nel duo».
Vi siete presi subito?
«Lui riservato, io caciarona, però sì. L’aveva scritta per Patty Pravo, Mina o Ornella Vanoni, non ricordo bene, ma non se ne fece niente. Su di me era dubbioso: “Non riesci ad arrivare alla nota”. Si mise al piano, provammo, la cantai bene e si convinse».
«Magari ti chiamerò trottolino amoroso du-du-da-da-da» diventò tormentone nazionale.
«E non lo sopportavo, mi dava fastidio, gli ho dichiarato guerra, ma avevo vent’anni, non capivo che la vita va alleggerita con l’ironia. Oggi si può essere molte cose insieme, negli anni Novanta era tutto un appiattimento del personaggio, un togliere. Se non altro avevo un completo gilet-pantalone di Versace, tutto di pelle nera, tipo quello di Mengoni l’anno scorso».
Il ritornello era un pochino imbarazzante.
«Forse sì, però era scritta da Pasquale Panella, mica l’ultimo degli scemi. E pure Sting in fondo cantava “du-du-du-da-da-da”, quindi. Dopo dieci anni però ci ho fatto pace e me ne sono innamorata da capo, come succede con le persone. I famosi giri immensi di Venditti».
Qualche fidanzato ha mai osato chiamarla “trottolina” a tu per tu?
«No, per fortuna».
Da ragazzina sognava già il palco del Festival.
«Ero convinta: “Io un giorno ci salirò”. Molto creativa, originale, giravo spesso scalza per Taranto, le scarpe mi davano fastidio. Molto peace & love, ma senza droga, mai provato nemmeno una canna, sono esuberante di mio».
Papà era funzionario dell’Ilva.
«E con me su questo sfonda una porta aperta. Sono super-ambientalista, contro l’acciaieria, fosse per me bonificherei tutto, andrebbe chiusa. Purtroppo la gente è da sempre sotto ricatto, costretta a scegliere tra lavoro e salute, bisogna pur mangiare e così accetta. Ho visto morire gente anche nella mia famiglia, io stessa ho avuto problemi respiratori. Ci vivevo accanto. Era campagna, con l’aria buona, poi ci hanno costruito l’impianto proprio lì».
Ma è vero che i primi tempi la pagavano con panini alla mortadella?
«Quando mai. Girava questa storia, papà ci rimase pure male. Mi davano 40 mila lire. Ero esile, con la pelle ambrata e gli occhi allungati, mi chiamavano la thailandese».
Girò videoclip per Zucchero («Menta e rosmarino») con Natalia Estrada.
«Dovevo esserci solo io, Adelmo aveva una passione per me, però non mi volevo mettere in reggiseno, mi dava fastidio. E il regista chiamò Natalia e la mia giacca è passata a lei. Ma alla fine fu un’idea giusta».
Ci fu mica un flirt con Zucchero?
«Nooo, amiconi veri, un bicchiere di vino, un pezzo di parmigiano, chiacchiere».
«La Piovra 8» con Raoul Bova.
«Raoul era di una bellezza sconvolgente, davvero. Purtroppo io ero già impegnata e lui stava per mettersi con Chiara. Però era davvero stratosferico».
Dura resistere?
«Di regola non mi piacciono gli uomini delle altre».
Eccezioni ne ha fatte?
«Sì, è capitato, ma in quei casi non sei tu che rubi il fidanzato a qualcuno, si è sempre in due».
Disse no a Cocciante.
«Mi voleva per il musical Notre dame de Paris, però avevo già scelto di andare a Sanremo. In compenso ho prestato la voce a Esmeralda nel cartone della Disney Il gobbo di Notre- Dame, vincendo il premio come migliore doppiatrice, ci crede che ho battuto pure Demi Moore?»
Con il cinema ha perso l’attimo.
«Buffo, ogni volta che andavo ospite al Maurizio Costanzo Show mi chiamava qualche regista. Era successo per Il Postino di Troisi, mentre ero in taxi. Feci il provino, avevo quasi il contratto in mano, poi però presero Maria Grazia Cucinotta, succede. Certo era una bella occasione, mi avrebbe cambiato la vita».
Zucchero e il reggiseno
Aveva una passione per me, ma nel videoclip di «Menta e rosmarino» non volevo apparire
in reggiseno. Allora il regista chiamò anche Natalia Estrada
Come fare la Bond girl.
«Mi cercò Albert Broccoli, produttore di 007. Mi fissò un appuntamento. Ma lo cancellai all’ultimo minuto. Per la paura di volare. Addio film con Pierce Brosnan. Purtroppo certe cavolate le ho fatte e non si può tornare indietro».
Adesso gli aerei li prende?
«Sì, ma continua a non piacermi, mi viene l’ansia. Per resistere tendo a pregare un casino, recito il rosario per tutto il tempo».
L’ansia a quel punto verrà al suo vicino di posto.
«Beh, di solito è il mio fidanzato, che fa le parole crociate. E comunque recito le preghiere in silenzio. Niente tranquillanti, non mi fanno effetto, anzi mi agitano ed è persino peggio».
Soffre di attacchi di panico.
«Da quando sono ragazzina, ci sono stata molto male. Il primo a 13 anni, durante la separazione dei miei. Ero davanti alla tv e di colpo mi sono sentita come risucchiata da un vortice. “Sto morendo”, gridai, correndo da mia madre. Mi è successo molte altre volte. Una sensazione tremenda, qualcosa che ti sta sempre addosso».
Pure a Sanremo?
«Come no. L’anno in cui portai Dubbi no. Ero sul palco, di colpo ho sentito che metà del corpo, la destra, era bloccata. Ero congelata, impazzita dalla paura. Ho cantato malissimo. Ora questi attacchi così violenti non mi vengono più, sono latenti. Da 5 anni faccio terapia, mi sono denudata delle mie fragilità. Se il tuo problema lo affronti, lo conosci e alla fine impari a controllarlo».
«Ero gelosissima, facevo cose da pazzi», ha ammesso.
«Tremenda, per fortuna mi è passata».
La scena madre.
«Ero fidanzata con Antonello, un pittore, che aveva un locale a Livorno. Bellissimo, capelli lunghi, suonava il sax, il classico tipo che piace a tutte. E infatti il bar era sempre pieno di ragazzine che gli andavano dietro. Una sera a un tavolo c’era un gruppetto particolarmente sfacciato. Ascoltai i loro commenti. Furiosa, entrai in cucina, presi il vassoio con le loro ordinazioni, tornai e glielo rovesciai addosso».
«Ho tradito, ma di corna ne ho prese più io», sempre parole sue.
«Vero, però ho pareggiato il conto. Prima scoprivo le malefatte: ero un segugio, facevo le poste. E poi ricambiavo».
Si è mai fatta scoprire?
«Una volta, mentre parlavo col il mio fidanzato ufficiale sul telefono fisso, per sbaglio ho lasciato acceso il cellulare con cui avevo chiamato l’altro, che non sapeva fossi impegnata ed ha sentito tutto. Non la prese benissimo».
Dia un voto alla sua vita sentimentale fin qui.
«Ho amato e sono stata amata, direi che è stato un crescendo. Ogni volta l’uomo che viene dopo è migliore del precedente. Credo nell’amore, però pretendo anche molto. Desidero essere amata tanto quanto amo io. Se nell’altro trovo questa abnegazione allora è la volta che non scappo».
Ora come va?
«Meravigliosamente. Dopo la fine del rapporto con il padre di mio figlio sono stata cinque anni da sola, a parte sporadiche frequentazioni fisiche. Non ne volevo più sapere. Ma l’amore quando arriva fa davvero: ptum! E sei fregato».
Chi è il prescelto?
«Non lo dico».
Si è fatta ramata.
«Intorno ai 50 tendi ad essere meno luminosa, così cinque mesi fa mi sono schiarita. Una decisione improvvisa, mi volevo vedere diversa».
Tra colleghi e colleghe c’è qualcuno che proprio non regge?
«No. Chi non sopporta gli altri non sopporta nemmeno se stesso. Io vivo e lascio vivere».
Chi le piace?
«Elisa, Arisa, Elodie, Laura Pausini, Emma. Tiziano Ferro, Marco Mengoni».
L’amica?
«Sabrina Salerno, ci siamo incrociate in un programma di Raffaella Carrà e da allora non ci siamo più lasciate. Ci sentiamo spesso. E poi Biagio Antonacci, ci conosciamo da quel primo Sanremo 1988, da ragazzini stavamo sempre insieme».
Da brava pugliese...
«So fare le orecchiette a mano».
Non regge l’alcol.
Con Sabrina e Biagio
La mia amica Salerno l’ho conosciuta in un programma della Carrà e non ci siamo più lasciate. Io e Antonacci da ragazzini stavamo sempre insieme
«Una volta, in Sicilia,dopo un solo bicchiere di rosso mi ritrovai a ballare sui tavoli».