la Repubblica, 12 dicembre 2023
Il fantasma di Chamberlain
C’è un fantasma che si aggira per l’Europa, ma questa volta non ha nulla a che fare con le rivoluzioni e i sollevamenti popolari di inizio del secolo scorso, ma si tratta invece del fantasma di Neville Chamberlain che aleggia fra le cancellerie europee e fra i due lati dell’oceano Atlantico.
Neville Chamberlain fu il primo ministro britannico che il 30 settembre del 1938 firmò l’accordo di Monaco, che certificò la cessione della regione dei Sudeti (la minoranza di lingua tedesca della Boemia e della Moravia) alla Germania nazista, occupata per assecondare il folle disegno di Hitler del lebensraum, il presunto “spazio vitale” necessario al nuovo Reich.
Molti storici concordano nel ritenere che quel gesto di appeasement, quel segnale di “buona volontà” e di accondiscendenza nei confronti di un regime violento ed aggressore, fu il via libera all’invasione della Polonia il 1° settembre del 1939 e dunque l’elemento scatenante il secondo conflitto mondiale.
Il fantasma di Chamberlain riecheggia nelle parole di quanti in queste ore chiedono all’Ucraina di fermare la propria guerra di liberazione, invitano l’aggredito (Kiev) a ricercare una soluzione di pace con l’aggressore, cedendo per sempre le regioni di Kherson, Zaporizhzhya, Donetsk e Lugansk al regime brutale di Mosca.
Questo “mondo alla rovescia” ribalta le categorie non soltanto della geo-politica ma anche del buon senso: gli aggressori vengono legittimati nel loro agire contro la legalità internazionale e gli aggrediti costretti in nome di una presunta, quanto velleitaria “pace” a cedere alle ragioni del più forte.
Il fantasma di Chamberlain riecheggia fra le fila del Partito Repubblicano d’oltreoceano che è pronto a non votare la richiesta del Presidente Biden di un nuovo pacchetto di 61 miliardi di dollari di aiuti militari per sostenere le truppe di Kiev e nell’azione di Viktor Orbán pronto a bloccare al prossimo Consiglio Europeo il pacchetto di aiuti da 50 miliardi di euro.
Come ha giustamente ricordato il generale David Petraeus qualche giorno fa “abbiamo fatto troppo poco e con troppo ritardo nel sostegno militare all’Ucraina”.
I tentennamenti da parte di Usa ed Europa prima sulla fornitura dei carri armati Abrams e Leopard, poi sugli F-16 ed infine la consegna con il contagocce dei missili ATAMCS, hanno ridotto l’efficacia della controffensiva ucraina, permesso al regime di Putin di superare la crisi “Wagner” e di riorganizzare le forze al fronte.
La resa al nemico come strumento per la ricerca della pace, la rinuncia a difendere un mondo fondato sulle regole e sullo stato di diritto, la pretesa furbesca di accondiscendenza con i dittatori in cambio di presunta stabilità e sviluppo, corre il rischio di diventare un pericoloso “new normal”.
E in questo contesto i regimi e le autocrazie trovano nuovo vigore e nuova assertività. Il Venezuela di Nicolas Maduro, prima con un referendum farsa e poi con un decreto governativo, ha annesso i 2/3 dello stato indipendente della Guyana dichiarando la provincia dell’Essequibo, ricca di petrolio e di risorse naturali, “parte inalienabile del proprio territorio”.
La Cina di Xi-Jinping ha cambiato nome al Tibet in Xizang, incurante della millenaria e autonoma tradizione di un paese occupato da Pechino soltanto 64 anni fa e dopo avere cancellato la città-libera di Hong Kong e incarcerato due milioni di uiguri in campi di concentramento, esporta instabilità in tutta l’Asia orientale con le continue minacce militari a Taiwan e con l’occupazione illegale di una porzione enorme del Mar cinese meridionale, facendo crescere i rischi di un confronto armato contro le Filippine.
L’accondiscendenza nei confronti di chi si macchia di terribili violenze ha poi un pericoloso risvolto nel conflitto in corso fra Israele ed Hamas con la pressoché quotidiana rimozione della realtà: aggressore ed aggrediti vengono spesso equiparati quasi che avessero pari dignità e pari diritti. Le donne, i bambini, i civili e i militari israeliani ostaggi di Hamas vengono messi sullo stesso piano dei terroristi palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e l’organizzazione criminale di Hamas, che predica e pratica lo sterminio degli ebrei, viene considerata un possibile interlocutore politico, dopo avere governato con modalità mafiose la striscia di Gaza, spesso con la connivenza e l’omertà di diverse agenzie delle Nazioni Unite. E questo cortocircuito semantico e concettuale investe persino importanti istituzioni accademiche, come nel caso dell’audizione al Congresso Usa delle rettrici di Harward, Penn e MIT, che non sono riuscite a dichiarare con chiarezza che il professare il genocidio degli ebrei nelle manifestazioni all’interno dei campus sia in netto contrasto con le regole dei campus stessi.
Per evitare che quanto accaduto ieri in Cechia, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania si ripeta oggi in Ucraina, Taiwan, Israele e Guyana occorre che l’Europa, gli Usa, la comunità delle democrazie non commettano più gli errori del passato: l’appeasement nei confronti dei regimi, delle dittature, del terrorismo non serve a rendere più ragionevoli i regimi stessi, anzi li legittima e li rafforza. Lasciamo che il fantasma di Neville Chamberlain sia soltanto un ricordo di scelte del passato che il mondo libero non può più permettersi di ripetere.