la Repubblica, 11 dicembre 2023
Ritratto di Lebron James
— Nella stagione del basket americano 2009, con Barack Obama primo presidente nero alla Casa Bianca, l’asso LeBron James, 24 anni e mezzo, vinse il primo titolo di Mvp, miglior giocatore, mai andato a un titolare dei Cavaliers di Cleveland, la metropoli dell’Ohio nei cui sobborghi di Akron è nato. «James ha disputato quello che possiamo considerare il miglior campionato individuale di sempre, giusto dargliene atto» commentò John Hollinger, manager e poi grande firma della pallacanestro Usa. In quegli stessi mesi, la preoccupazione di Brenda Haliburton, postina di Milwaukee, Wisconsin, 540 chilometri dalla gloria dei Cavaliers, era portare il figlio Tyrese, nove anni, a giocare a basket con gli altri bambini, senza perdere turni di lavoro. A volte lo lasciava con un compagno, altre chiedeva un passaggio all’allenatore, nei giorni di trasferta erano salti mortali per tutti. Due presidenti e tre elezioni dopo, i Los Angeles Lakers di LeBron James e gli Indiana Pacers del “bambino” Tyrese Haliburton, ora guardia professionista, si sono contesi la prima Coppa di Stagione, Nba In-Season Tournament, in un’inedita finale vinta dai Lakers 123-109. Il titolo di Mvp era in palio fra loro due, il figlio della postina Brenda e Le-Bron, con il padre sempre fra tribunali e prigioni, la madre a inseguire i sussidi di disoccupazione, la famiglia adottiva di Frank Walker, allenatore che lo avvia a football e basket.
Ha rivinto LeBron. «Nello sport i record vanno e vengono, ma nessuno potrà mai togliermi l’onore della vittoria nel torneo di esordio», commenta James. E, con generosità, indica nel compagno Anthony Davis, 41 punti, 20 rimbalzi, 6 assist e 4 stoppate, migliore performance in 30 anni, il protagonista, capace di emulare Elgin Baylor e Wilt Chamberlain, storico Don Giovanni del basket: «Anthony è stato mostruoso, ha dominato, sembrava Shaquille O’Neal, seduto giusto a un passo dalla nostra panchina».
Per vedere Tyrese Haliburton Mvp ci sarà tempo, sedici anni lo dividono da James. Adesso coach e reporter si meravigliano per la longevità, fisica e mentale, di LeBron. Quando Donald Trump e Joe Biden si sfideranno, l’anno venturo, lui avrà 40 anni e guiderà la carica sotto canestro. Che gli assi, con migliori diete, allenamenti, cure mediche, siano ormai capaci di resistere a lungo in attività lo dimostra il calcio: Felipe Melo, ex Fiorentina e Juve, ha vinto a 40 anni e mezzo la Libertadores, la Champions sudamericana, guidando il Fluminense contro il Boca al primo successo storico. E, nel golf, il redivivo Tiger Woods, 48 anni fra pochi giorni, nato sotto il presidente Ford, promette di rivincere in questa stagione.
George Gervin, campione oggi settantenne, spiega: «Tanti assi hanno un loro colpo prediletto, ma la forza di LeBron è l’intensità, lavorare duro sempre». O, come conclude Bam Adebayo, star dei Miami Heat, ispirandosi all’Intelligenza Artificiale: «James gioca come se fosse un computer, calcola i passaggi pensando in stile programma Excel, sembra che detti sulla tastiera lo schema, gli basta un attimo e l’algoritmo porta il suo pallone a far punti».