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 2023  dicembre 11 Lunedì calendario

Intervista ad Anna Ferzetti


«Mi fa strano avere una figlia di 18 anni, alta quanto me. È che mi sento ancora giovane. Ho 40 anni, pensavo chissà cosa, e invece mai stata così solare, positiva». Capelli biondi legati in una piccola coda, jeans e golfone, spiritosa, moderna, Anna Ferzetti a vent’anni era già stata giornalaia, cameriera in un bar, guida per turisti tedeschi a Roma, maestra di canoa, aiuto farmacista. Poi, fatta le ossa, per gli altri venti ha percorso tutto il duro e indispensabile lavoro per costruirsi il mestiere di attrice, dalle prime piccole parti in Un giorno perfetto di Ozpetek, La tigre e la nevedi Benigni, fino alla black comedy Best friends forever, la serieCall my agent, il thrillerUn’estate fa,oIl delitto di Avetrana di cui si attende la messa in onda. «Mi piacciono le storie che non mi fanno restare nella mia comfort zone», dice Anna che ha l’intelligenza di non essersi impigrita nel ruolo di “figlia di” e “moglie di”. E nel suo caso parliamo di due “grandi”, perché il padre era Gabriele Ferzetti, mezzo secolo di storia del teatro e del cinema da Petri a Visconti e il compagno («ci sposeremo presto») è Pierfrancesco Favino e basta il nome. «Figlia d’arte e compagna di un attore: la verità è che ne sono orgogliosa, sono due persone meravigliose – dice – E quanto al mestiere, se fai il medico come tuo padre o tuo marito, mica operano loro al tuo posto. A decidere se sei bravo è quello che sai fare. Io, poi, nel lavoro sono un diesel».
Che intende?
«Ci sono attori che hanno carriere veloci, io no. Un po’ è che sono partita tardi. Mi spiace non aver avuto una solida formazione. Però sono curiosa: nuovi incontri, nuove situazioni lavorative anche se non ho un ruolo principale. Nelle scorse settimane ero a Milano solo per una partecipazione, nulla più, nel filmFacciamo tutti centro di Paola Randi, perché è una regista che stimo. Sono contenta, poi, di riprendere a febbraio, dopo le repliche dello scorso anno, Perfetti sconosciuti a teatro, dal film di Paolo Genovese che ha diretto anche lo spettacolo e dove ho condiviso il ruolo con Lorenza Indovina per una parte della tournée. Questa storia del cellulare che nasconde bugie e segreti coinvolge da matti il pubblico che quasi sta al gioco con noi attori».
E lei? Mai avuta la tentazione di controllare il telefono di Favino?
«No, anche se abbiamo ognuno le password dell’altro. Però posso dire che quando recitavo lo spettacolo mi portavo a casa un umore… non so, un fastidio tanto che ci dicevamo: “‘non iniziamo con dinamiche strane”».
Abbiamo letto che Favino sta lavorando in Ungheria per il film sulla Callas con Angelina Jolie.
Preoccupata?
«Nella vita può capitare tutto, ma se penso a noi due dico che siamo una coppia centrata, solida. Io mi sono innamorata di Pierfrancesco perché è bello, mi fa ridere, è generoso, è un uomo di altri tempi.
Ed è uno degli attori più bravi che abbiamo in Italia. A casa vedo qualegrandissima preparazione c’è dietro le sue interpretazioni. Non dà niente per scontato. Quest’anno sono vent’anni insieme».
Chimica? Fortuna? Volontà?
«Sì, ma ci vuole il resto. Anche noi abbiamo avuto i momenti di crisi quando sono nate le nostre figlie.
Ci siamo dovuti riorganizzare. Ma tutto questo io lo definisco un bellissimo lavoro: avere un progetto comune e tenerlo vivo.
Anche nella passione. Quando ero a Milano, lui aveva qualche giorno libero dal set in Ungheria, mi ha fatto la sorpresa, ci siamo fatti due giorni da coppia felice. Quanto alla routine, in casa, come responsabilità siamo al 50 e 50».
Si è dovuta imporre per questo?
«Ho la fortuna che lui ha un senso forte di famiglia. Pierfrancesco viene da una bella famiglia tradizionale, numerosa. L’opposto della mia. Noi mangiavamo a orari diversi, perché mio padre, recitando la sera, si svegliava alle 2.
Eppure anche noi avevano comunque un senso di famiglia.
Forse per me più desiderato».
Suo padre e Favino si erano conosciuti?
«Sì e si piacevano tanto. Ho regalato a Pierfrancesco uno dei due grandi bauli che sono il ricordo più bello di papà, quelli che usava per le tournée. Lui mi ha avuto a 57 anni: ho vissuto con la paura di perderlo ogni giorno».
Ha fatto l’attrice per lui?
«È l’aria che ho sempre respirato. E mi dispiace che se ne sia andato nel 2015, in un periodo mio ancora un po’ così. Mi sarebbe piaciuto fargli vedere un po’ di cose che ho fatto dopo. Ma non sono una che si abbatte, anche quando mi prende un nodo... Io mi dico basta parlare: se uno ha idee, faccia».
Che le frulla in testa?
«Sto scrivendo un paio di progetti per il cinema, vediamo cosa verrà fuori. L’80 per cento dei copioni ha al centro uomini, ma il successo di Paola Cortellesi dà fiducia a tutte noi. Il mio sogno è coinvolgere un bel gruppo di attrici di talento e ce ne sono tante, a cominciare dalla mia amica Vanessa Scalera, e far vedere che quando le donne si mettono assieme, sono una forza della natura».