la Repubblica, 11 dicembre 2023
“Annibale non era nero” La Tunisia contro Netflix per il ruolo nel film a Denzel Washington
TUNISI – Troppo vecchio, ma soprattutto troppo nero. Sono le critiche di tanti tunisini a Netflix, che produrrà un film sulla storia di Annibale, il generale cartaginese che trascinò i suoi elefanti attraverso le Alpi e sconfisse i romani nella mitica battaglia di Canne, e che ha già annunciato l’attore protagonista: l’afroamericano Denzel Washington. Sono appunti in parte giustificati, ma che flirtano con considerazioni razziste in un paese, dove un discorso pronunciato dal presidente Kais Saied lo scorso febbraio contro i migranti subsahariani scatenò un’ondata d’intolleranza, non ancora esaurita.
Il film sarà diretto da Antoine Fuqua (ora impegnato con un biopic su Michael Jackson), il prossimo anno. Sull’età, va ammesso che Washington ha 68 anni, mentre Annibale, che morì fra il 183 e il 181 a. C, ne aveva appena 29 al momento della spedizione in Italia, durante la seconda guerra punica. La Presse, il principale quotidiano in lingua francese, ha indicato in un editoriale che affidare a Washington il ruolo del condottiero è un errore, perché in realtà era «un bianco semita», in quanto cartaginese (e, quindi, di origini fenicie). Il giornale è andato oltre: «Netflix, portavoce della cultura woke e dell’afrocentrismo, non esita a falsificare i dati storici dei paesi dell’Africa del Nord».
Ma è soprattutto sui social che la polemica, diventata un vero dibattito nazionale, imperversa. Ci sono anche i tunisini che esprimono l’orgoglio di essere africani e giustificano la scelta di Washington. Ma poi c’è chi punta il dito contro l’ignoranza delle piattaforme americane e contro un blackwashing un po’ basico. Online gira pure una petizione, ormai firmata da più di 1.300 persone, che esorta Netflix «ad annullare il suo pseudodocumentario» e chiede al ministero della Cultura di «agire contro questo tentativo di rubarci la nostra storia». Secondo la petizione, Netflix sostiene «il movimento razzista afrocentrista» e impone che Annibale fosse nero per «propagare la sua ideologia».
La diatriba è sbarcata perfino in Parlamento. Giovedì, mentre era in discussione il budget del ministero degli Affari culturali, nel quadro della finanziaria del 2024, il deputato Yassine Mami ha interpellato in aulala ministra Hayet Ketat-Guermazi sul futuro progetto di Netflix: «Esiste un rischio di falsificazione della storia: bisogna prendere posizione e difendere l’identità tunisina». «Si tratta di fiction – ha risposto Ketat- Guermazi —. È loro diritto fare quello che vogliono: Annibale è un personaggio storico, anche se siamo tutti fieri che fosse tunisino. Ma che cosa possiamo farci?». Anzi, lei vede in questa grossa produzione americana l’opportunità per dare visibilità al paese che, in grosse difficoltà economiche, è riuscito a rilanciare la scorsa estate il turismo. «Spero che decidano di girare almeno una sequenza da noi – ha aggiunto la ministra – e che questo sia pubblicizzato. Vogliamo che la Tunisia torni a essere una piattaforma produttiva, dove si girano film stranieri». Nel passato vi sono stati realizzati vari successi, come “I predatori dell’arca perduta” di Steven Spielberg, “Il paziente inglese” di Anthony Minghella e diversi episodi della saga “Star Wars” di George Lucas. Ma negli ultimi anni il Marocco ha sostituito la Tunisia come destinazione di queste produzioni cinematografiche, alla ricerca di ambientazioni esotiche e nel deserto.
A lungo modello di tolleranza, da tempo la Tunisia accoglieva migranti subsahariani, anche per diversi anni, qui a vivere e a lavorare, prima di tentare il passaggio a Lampedusasui barconi. Ma lo scorso febbraio Saied si è scagliato contro di loro, accusandoli «di fare della Tunisia solo un paese dell’Africa e non un membro del mondo arabo e islamico». Quel discorso aveva scatenato un’ondata di violenza contro i migranti, che si è ripetuta da allora a più riprese. Le forze dell’ordine hanno abbandonato a forza i migranti alle frontiere con la Libia e l’Algeria, in pieno deserto, nel contesto di una lotta contro il traffico di essere umani, che è la condizione voluta da Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen: nei mesi scorsi hanno negoziato con Saied un memorandum Ue-Tunisia, con un generoso pacchetto di aiuti.