La Stampa, 11 dicembre 2023
Intervista ad Anna Galiena
Quant’è difficile raccontare al cinema una vita che avvizzisce con la lentezza della Sla, la sclerosi laterale amiotrofica. Il regista Simone Petralia ha voluto provarci, in Giorni felici. Prodotto da Inthelfilm con Rai Cinema, distribuito da Europictures, esce oggi nelle sale. Il suo baricentro è il personaggio di Margherita (Anna Galiena), attrice di successo pronta a firmare un nuovo contratto per una produzione internazionale. Accanto a lei il figlio Enea (Marco Rossetti), musicista classico che non sa che fare della propria vita. Dietro le spalle l’ex-marito Antonio (Franco Nero), grande amore naufragato anni prima. Quando la donna inizia a manifestare i sintomi progressivi della malattia, l’uomo ricompare per prendersi cura di lei.
Un tema delicato e molto difficile da portare sul grande schermo. Come ha affrontato la sfida?
«Questo non è un film sulla Sla. Prima di qualsiasi altra cosa, è la storia di un grande amore. Uno di quelli che hai preso a calci, di cui ti sei voluta scordare a forza, ma che essendo un amore vero non finisce, si ricicla e ritorna».
Cos’ha messo di suo in Margherita?
«Nella prima parte, quand’è ancora in salute e sulla cresta dell’onda, un po’ della mia carica, del fuoco che ho dentro. Dopo, l’ho accompagnata nel suo percorso di involuzione, segnato da fasi diverse: la presunzione, la negazione, la rabbia. E alla fine l’accettazione, di sé e dell’altro».
Quanto è stato difficile recitare una donna che si spegne piano piano?
«Né più né meno che qualsiasi altro ruolo. Non è che i personaggi delle commedie siano molto più semplici, anche lì devi attingere dentro di te. E poi si può interpretare sempre la donna di charme, oppure l’intellettuale? Se la sceneggiatura ti piace, se il regista ti dà fiducia, accetti e ti butti. Per carità, non tutte le ciambelle vengono col buco, ma intanto ci hai provato».
Un esempio di ciambella senza buco?
«Giorni felici a Clichy. Ti chiama un maestro come Chabrol, tu sei al settimo cielo e poi il film viene pessimo. Ogni tanto ne girava uno solo per motivi economici, e fu quello il caso. Lo usava come parametro di bruttezza. A chi criticava un suo film, rispondeva: “Perché non hai visto Giorni felici a Clichy».
Con Patrice Leconte andò meglio, «Il marito della parrucchiera» fece prendere il volo alla sua carriera.
«Aveva girato mezza Europa per cercare la sua protagonista, era venuto anche in Italia per provinare le attrici migliori. Visto che non facevo parte della categoria, mi rassegnai. Però lui si mise in testa che sarei stata perfetta io. Rimasi scioccata. Quando mi mandò il copione volevo rifiutare, non mi sentivo all’altezza. Poi mi buttai, anche quella volta».
Altri registi rimasti nel suo cuore?
«Peter Greenaway, per cui ho recitato nei tre Le valige di Tulse Luper. Lo scozzese John Duigan, che mi volle come protagonista di The Leading Man, accanto a Jon Bon Jovi. Ma anche Mauro Bolognini in Mosca Addio, dove mi trovai a recitare al fianco di Liv Ullmann. La scena era bellissima e per fortuna venne come la voleva lui. I suoi complimenti furono un’incredibile iniezione di fiducia».
Com’è andata con Tinto Brass?
«Sul set di Senso ‘45 iniziammo a litigare il secondo giorno e andammo avanti fino alla fine delle riprese. Da allora di quel film non voglio parlare, per non fargli pubblicità».
E «Prosciutto prosciutto», il suo ruolo più chiacchierato?
«Con Bigas Luna fu una vera e propria storia d’amore. Quando mi raccontò il personaggio, quello della donna abbandonata dal marito, costretta a prostituirsi per dare da mangiare ai figli, rimasi incantata. Lui era un artista vero, lo ricordo con emozione».
Com’è l’amore over 60?
«A questa età fai meno sesso, forse. Però se è amore vero dura, a 90 anni come a 20. Di rapporti fasulli, basati su gelosia e possesso, purtroppo ne vediamo tanti, anche in cronaca. Quelli non sono amori, sono rapporti sadomasochistici che sarebbe meglio non avere».
A cosa sta lavorando?
«A Le troiane di Euripide, a Parigi. Abbiamo appena finito le prime prove alla Comédie-Française, andremo in scena nel 2024». —