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 2023  dicembre 11 Lunedì calendario

Centomila minori l’anno ricoverati con gli adulti. Non ci sono più le pediatrie

roma
Oltre centomila minori ogni anno in Italia vengono ricoverati in reparti per adulti. Avviene soprattutto per cure specialistiche e chirurgiche: i piccoli pazienti ricevono assistenza in base alla patologia, ma spesso a prescindere dall’età.
Perché è un problema? «Vuol dire trattare la malattia, non il bambino come soggetto portatore di necessità specifiche», spiega Francesca Testoni, direttrice di Ageop, l’associazione che rappresenta e assiste i genitori dei piccoli pazienti oncologici del Policlinico Sant’Orsola di Bologna. Secondo quanto stabilisce la Carta di Abio (Associazione per il bambino in Ospedale), «i bambini e gli adolescenti hanno diritto ad essere ricoverati in reparti pediatrici – e mai in reparti per adulti – possibilmente aggregati per fasce d’età omogenee affinché si possano tenere in debita considerazione le differenti esigenze».
I dati del ministero della Salute elaborati dalla stessa associazione evidenziano quanto spesso questa buona pratica venga disattesa: negli ospedali generali circa un bambino su quattro nella fascia 0-18 anni è in degenza in reparti per adulti. Nel 2021, in numeri assoluti, la percentuale si traduce in oltre 112 mila minori tra 0 e 18 anni. Le ragioni sono varie. Difficoltà organizzative, sempre più centri sono monospecialistici, gli ospedali raramente collaborano e più spesso competono. «Dovrebbero essere gli specialisti a recarsi nei reparti in cui sono ricoverati i bambini, luoghi adeguati sia nella struttura che nel personale alla cura dell’età evolutiva», dice il dottore Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società italiana di pediatria (Sip) e direttore dell’Area Pediatria e Neonatologia Asl Toscana Centro. «Perché un minore sia ben assistito – aggiunge – non basta avere dei bravi operatori tecnici, ci vuole anche un metodo di presa in carico, personale che sappia prestare attenzione al dolore, alla famiglia, alla paura che questi bambini possono avere».
Il problema è intensificato dalle carenze strutturali del sistema. A inizio novembre, con una lettera pubblicata su Lancet, la Società di Anestesia e rianimazione neonatale e pediatria italiana ha denunciato la grave mancanza di posti letto di Terapia intensiva pediatrica. In Italia sono solo 273 per una popolazione di 9,8 milioni di bambini e adolescenti under 18: un letto disponibile ogni 36mila pazienti circa. Gli standard europei raccomanderebbero un rapporto di un posto ogni 20mila/30mila bambini. Non sorprende quindi che nel triennio 2019-2021, su un totale di 6.254 minori ricoverati nelle terapie intensive, quasi la metà, 2.754, il 44%, siano finiti nelle terapie intensive per adulti.
Fra le specialità, il ricovero di minori nei reparti ordinari avviene in ortopedia e traumatologia nel 34% dei casi. Seguono la chirurgia generale e l’otorinolaringoiatria (16%). In una nota della Federazione delle Società scientifiche e delle associazioni dell’Area Pediatrica Elisa Fazzi, presidente della Società italiana neuropsichiatria infanzia e adolescenza, riassume i numeri del fenomeno nel suo settore: «Il 30% dei ricoveri per disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva avviene in reparti psichiatrici per adulti e il 10% dei ricoveri psichiatrici avviene in stato di necessità in reparti psichiatrici per adulti, nonostante tale collocazione sia gravemente inappropriata».
In occasione della presentazione del Libro Bianco dell’assistenza pediatrica in Italia della Fiarped, le associazioni hanno stilato alcune proposte per riformare l’assistenza dei bambini ed evitare che vengano curati dagli specialisti per adulti: garantire il riconoscimento dell’età pediatrica da 0 a 18 anni (in alcune regioni si ferma a 14, in altre a 16); riconoscere le sub-specialità pediatriche; rafforzare i servizi di neuropsichiatria infantile sul territorio e a livello ospedaliero; e incrementare i posti letto in Terapia intensiva pediatrica.