il Fatto Quotidiano, 11 dicembre 2023
Come si uccidono i calciatori
“Non si uccidono così anche i cavalli?”, diceva il titolo del famoso film di Sydney Pollack. Sì: e anche i calciatori, potremmo dire oggi. Che a differenza dei disperati che nell’America degli anni Trenta si iscrivevano alle maratone di ballo in voga a quei tempi, veri e propri giochi al massacro, inseguendo il sogno di vincere il premio in denaro appannaggio dei più resistenti, ma a volte lasciandoci anche la pelle (avete presente Hunger Games? Ecco, più o meno ci siamo), i calciatori – dicevo – il denaro lo hanno già, e anche tanto; ma ugualmente devono sottostare alle esigenze della Grande Macchina Organizzatrice che avendo come unico intento quello di pompare i suoi guadagni, schiaccia ogni anno di più il piede sull’acceleratore aumentando tutto: le competizioni, il numero delle partite, i ritmi del gioco trasformando i lavoratori del pallone in carne (ben pagata, certo) da macello.
Dopo aver alzato a 20 il numero delle squadre partecipanti ai campionati nazionali come in Inghilterra, Spagna e Italia, portando il numero delle partite a 38 (secondo uno studio sulle malattie connesse all’ipermedicalizzazione dei calciatori per abuso di antinfiammatori e altre spericolate pratiche di uso comune, il numero massimo di partite che un calciatore dovrebbe affrontare in un anno è proprio di 38), i calendari nazionali e internazionali sono stati gonfiati a dismisura portando la situazione, dal punto di vista sanitario, all’allarme massimo. Nel 2018, realizzando un’insana idea di Michel Platini, l’ex presidente Uefa cacciato per corruzione, l’Ente europeo ha varato la Nations League: un’insulso torneo per nazionali, di cadenza biennale, che va a tappare i buchi degli anni dispari lasciati scoperti da Mondiale ed Europeo e che in realtà obbliga le nazionali a giocare almeno 6 partite in più che vanno ad aggiungersi alle 8, minimo, da giocare sia per le qualificazioni europee sia per quelle mondiali. Non contenta, sempre l’Uefa ha deciso due anni fa, sembrandole poche due sole coppe per squadre di club (Champions e Europa League) di far nascere la Conference chiamando altri 32 club, oltre ai 64 già impegnati nelle coppe più importanti, a sfidarsi giocando da un minimo di 6 a un massimo di 15 partite (senza contare l’elefantiaca fase di qualificazione). Ancora, dopo lo spavento della Superlega che prometteva guadagni mai visti ai club partecipanti, l’Uefa ha pensato bene di alzare dall’anno prossimo il numero delle partecipanti alla Champions da 32 a 36 e il minimo di partite da giocare da 6 a 8 (e il massimo da 13 a 15): in tutto si giocheranno 203 partite rispetto alle attuali 137.
Domanda: poteva la Fifa stare a guardare tutto il ben di Dio dell’Uefa senza fare niente? Naturalmente no. Ecco allora che dal 2025 verrà disputato – ogni 4 anni, come per il Mondiale per nazionali – un Mondiale per club mai visto: con 32 squadre divise in 8 gironi, prima edizione a giugno-luglio 2025 negli Usa (ci sarebbe anche la fase finale della Nations League). Tutti contenti naturalmente. La Fifa e l’Uefa che fanno incassi da capogiro, i club che rimpinguano i loro guadagni e i calciatori anche; che però sono gli unici a rimetterci. E poichè parliamo di salute, sarebbe il caso che qualcuno intervenisse. Se il limite massimo di partite è quello di 38 a stagione, farne giocarne 70 a migliaia di calciatori è da criminali. Anche perché oggi si gioca a ritmi più alti rispetto al passato e non ci si allena più, essendo raddoppiate le partite. Per l’appunto: non si uccidono così anche i calciatori?